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Il messaggio di Ambra al Comunale: Oliva Denaro è un “no” che diventa libertà

Il messaggio di Ambra al Comunale: Oliva Denaro è un “no” che diventa libertà

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Al Teatro Comunale di Ferrara è andato in scena Oliva Denaro, che vede protagonista Ambra Angiolini. La regia e la drammaturgia sono curate da Giorgio Gallone e la produzione è AGIDI e Goldenart. Settanta minuti di spettacolo ispirato al romanzo di Viola Ardone, che racconta la storia di Oliva, ragazza siciliana nata negli anni ’60. Il racconto è a sua volta basato sulla storia di Franca Viola, la prima donna ad aver rifiutato il “matrimonio riparatore” in un’epoca in cui la legge stabiliva l’estinzione del reato di violenza carnale qualora l’autore avesse sposato la vittima. Gli anni ’60 furono un periodo storico molto complesso e cruciale, soprattutto per quanto riguardava le donne, che non potevano essere e sentirsi libere.

Ieri sera in sala, quando cala il sipario del magico Teatro Comunale, regna il silenzio. Non è solo il silenzio di chi è in attesa di una performance attoriale. È un silenzio di rispetto. Il rispetto e la devozione che si deve a storie come queste, che andrebbero raccontate e ascoltate ogni giorno. Oliva Denaro è una storia necessaria, radicata in un’Italia che vogliamo credere lontana da noi, ma che invece, continua a tormentarci le orecchie con ferocia. Non è una storia vecchia quella di Oliva, è la storia di numerose donne che ogni giorno, in qualsiasi ora, attraversano le medesime situazioni.

Foto Laila Pozzo

La voce di Oliva non è passata, è ancora troppo attuale. L’opera letteraria viene portata a Teatro con potenza emotiva, e come protagonista viene scelto il flusso di coscienza di Oliva, non la cronaca. Ambra Angiolini stupisce ed emoziona con un monologo intenso, difficile, tumultuoso, che la vede muoversi nel palco con il corpo, come unico elemento di narrazione insieme alla sua voce. Il corpo accompagna la voce in una sinergia che la rende una presenza con una carica magnetica altissima.

L’attrice raggiunge un’espressività sorprendente e riesce in maniera naturale a trasmettere al suo pubblico tutta la negatività, le regole, i pregiudizi e gli stereotipi di quegli anni. Ma soprattutto, apre il suo cuore di ragazza. Lo spettatore è accompagnato da Ambra in un viaggio all’interno di se stessa. Dalle prime consapevolezze, dal sentirsi femmina, dall’innamoramento, dallo strazio alla voglia di dire “NO” ed essere libera, dentro e fuori.

Foto Laila Pozzo

Dopo una dolorosa violenza sessuale, Oliva si guarda dentro, lei e basta, senza guardare in faccia nessuno. Consapevole e determinata denuncia a tutti ciò sembrava essere normale e giusto, ma che non lo era. Lo stato di passività che era imposto alle donne viene scardinato da una ragazza con una forza d’animo inesauribile e con un coraggio da leonessa.

Negli anni ’60 la società italiana, soprattutto al Sud, era dominata da una cultura patriarcale arcaica e l’onore della famiglia, un concetto quasi sacro, era spesso legato alla sessualità femminile. Se una donna perdeva la verginità fuori dal matrimonio, anche in caso di violenza, veniva considerata disonorata, con conseguenze sulla sua reputazione e quella dei suoi familiari. L’uomo invece, in caso di violenza, era solo considerato innamorato e desideroso della donna.

C’è un numero che è legato a Oliva profondamente. Il 544. Articolo del Codice penale, legge sul matrimonio riparatore. La norma stabiliva che uno stupratore poteva evitare il carcere se sposava la sua vittima, in quanto il matrimonio andava a riparare il danno arrecato all’onore della donna e della sua famiglia. La violenza sessuale, dunque, era considerata come un crimine contro la morale pubblica. Franca Viola (Oliva) fu la prima donna a denunciare la violenza sessuale, e con l’aiuto della sua famiglia, inizialmente difficile, si rifiutò di sposare il suo stupratore.

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Courtesy Teatro Comunale di Ferrara

La sceneggiatura è essenziale, i costumi anche (il tutto realizzato da Guido Fiorato). Pochi fronzoli in questo spettacolo. Il palco è riempito solamente da un piccolo orto con a fianco un arancio, intorno al quale Ambra Angiolini, con un semplice vestito azzurro e una lunga coda, si muove, accompagnata da un altro elemento fondamentale: la musica, curata da Paolo Silvestri. Anche la musica è essenziale e le canzoni sono quelle di Mina.

Perché proprio lei? Forse perché, come la storia narrata, è tanto antica quanto moderna. Forse perché, sempre come la storia, la sua voce accarezza l’anima per poi straziarla in un istante. Mina ha sempre esplorato il tema dell’identità, dei legami e della memoria tra passato e presente. Ambra Angiolini, anche al termine dello spettacolo, non finisce di farci emozionare. Tra i lunghi applausi, si prende qualche minuto per trasmettere un grandissimo messaggio. E quale posto migliore per farlo se non a Teatro?

Il Teatro è un luogo ancora sacro, non raggiunto dai filtri, dall’intelligenza artificiale… è ancora quel luogo che riesce a mantenere i sentimenti autentici e che riesce, in maniera naturale, a svegliare, educare, cambiare e illuminare le nostre menti.

Ambra, come fosse seduta anche lei in platea, vicino a noi, ci dice che la storia di Franca Viola, prima dello spettacolo, non la conosceva. E ci invita a riflettere che forse, queste storie devono diventare una vera e propria materia scolastica, devono entrare nei libri e nelle teste come le guerre mondiali, come le rivoluzioni. Dobbiamo ripeterle fino allo sfinimento, ma dobbiamo farlo tutti insieme. Un “no” può cambiare le cose, tanti “no” possono cambiare il mondo.

Courtesy Teatro Comunale di Ferrara

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