Marco Castello, che porta un falò mediterraneo nel nostro Castello

Foto Eugenio Ciccone
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Un ragazzo piccolo piccolo, che quasi scompare dietro la chitarra acustica marrone che imbraccia sempre in alto, quasi sullo sterno. Una camicia a maniche corte, verde e blu, dei pantaloncini. Oltre a lui, quasi una decina di persone vicinissime a lui, in un palco normale, che però appare così piccino tra le mura del Castello Estense. La sensazione dell’acqua di mare sulle caviglie, i pantaloni arrotolati fino a metà polpaccio, i piedi nudi che si allargano sulla sabbia. Marco Castello che suona a Ferrara Sotto Le Stelle nel cortile del nostro antico maniero: il nord chiama il sud e si unisce in una festa tutta da ballare.

Un evento sold out che ti trasporta altrove. O magari no. Ti lascia vagare con la mente, pur facendoti rimanere esattamente dov’eri quando hai preso posto all’inizio del concerto. Ci sono ragazze che sono arrivate alle cinque del pomeriggio per vedere Maccucciu, come chiamano l’eroe nazionale dei giovani tra i 20 e i 30 anni del sud Italia, soprattutto dei fuorisede che studiano a Ferrara e questa sera sembrano una città nella città.

Siracusano, classe 1993, Castello non è un nome nuovo per chi segue la scena del nuovo cantautorato italiano ed è infatti l’unica data insieme agli Offlaga Disco Pax che è andata sold out in questa edizione del nostro festival. Cantautore e polistrumentista, produttore e arrangiatore in tanti pezzi di successo, ha esplorato e rimodernato il cantautorato italiano degli anni ’70, facendosi ispirare da jazz, funky, RnB. È contraddistinto da un linguaggio ironico, e dai testi che fanno risaltare il contrasto fra bellezze e squallori della nostra società.

Una piazzetta gremita di ragazzi e ragazze, dicevamo, di coppie che ballano, di gruppi di amici che gli urlano in faccia cose in dialetto che noi non capiamo. Adidas Samba, Gazelle, Handball Spezial. Bandane, pantaloni di lino, orecchini a cerchio. Un vero e proprio scorcio di spiaggia urbana.

E, al centro del falò, lui, Marco Castello. Un’ora e mezza di musica, che ha fatto ballare, senza eccezioni, circa 900 persone. Dai balli lenti a quelli dove ti metti a saltellare, urlando in faccia a chi ti accompagna le parole del testo della canzone. È come se il Castello si fosse trasferito almeno un migliaio di chilometri a Sud, in riva al mare. Ad accompagnare, la ventina di brani che ha portato l’artista. Dalla vecchia disco music alla musica dance, dallo stile delle balere negli anni ’70 fino al reggae, ma con un pizzico di attitudine punk: questo è Marco Castello.

Il concerto ti arriva a ondate. Canzone dopo canzone, testo dopo testo, ritmo dopo ritmo. Brani dove ballare, dove muoversi, dove accendere la torcia dell’iPhone: c’è tutto. Delirio sui classici di Macciuccu, come Cicciona, Pipì, Copricolori, Beddu e altri. Tanto calore per il cantautore siracusano, che omaggia infine alcuni fra i suoi artisti preferiti, come Lucio Dalla, Donna Summer, Lucio Battisti, Gilberto Gil. Sono pezzi di ieri ma sembrano ancora perfettamente attuali e il confine tra cover e pezzi propri diventa sottilissimo e perfettamente arrangiato dalla band di indubbia qualità e con un groove pazzesco.

Si sente la brezza sul viso, il sale sui capelli, il riflesso del sole sugli occhiali. Si sentono le onde, ma anche le zanzare. Perché siamo a Ferrara, in una nottata afosa di metà giugno, nel bel mezzo del Castello Estense a fare un falò, un po’ in anticipo su Ferragosto.

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