

“Sulla pagina sembrava… niente. Un inizio semplice, quasi comico… Appena un palpito, con fagotti, corni di bassetto, come lo schiudersi di un vecchio cofano. Dopo di che, a un tratto, ecco emergere un oboe, una sola nota sospesa lì, immobile… finché un clarinetto ne prende il posto, addolcendola con una frase di una tale delizia… Quella non era la composizione di una scimmia ammaestrata. No, era una musica che non avevo mai udito, espressione di tali desideri, di tali irrefrenabili desideri… Mi sembrava di ascoltare la voce di Dio”.
Dal film “Amadeus”, 1984
A parlare, in questa scena, è Antonio Salieri, raccontato (anche se la vicenda pare molto romanzata) come grande avversario rispetto al contemporaneo genio di Mozart, indubbiamente rimasto nella storia come uno dei più grandi compositori di sempre della musica classica.
A celebrarlo, a trecento anni dalla morte, è Giulio Arnofi, ferrarese di nascita, che quest’anno ha portato in tour il primo cd con la propria firma, con le musiche di Salieri, segnando un ulteriore passo in una carriera giovane ma già ricca di soddisfazioni.
Tanto che proprio nel giorno in cui lo intervistiamo si trova a Brescia, a poche ore di distanza da una conferenza stampa di cui è stato protagonista, con un nuova, importante nomina.
Partiamo proprio da qui, se ti va: sei stato appena nominato direttore artistico dell’orchestra Bazzini Consort. Partiamo per una volta dal presente prima di raccontare il tuo percorso?
Si: Bazzini Consort è una orchestra di Brescia nata nel 2017, una realtà giovane che si muove in tantissime direzioni e che si occupa anche di progetti per le scuole e per le famiglie, sempre rimanendo nell’ambito della musica.
È un progetto che collabora anche con attori e registi, possiamo dire che creiamo in sostanza spettacoli musicali. Io conoscevo ormai da una decina di anni il fondatore di questa orchestra, e qualche mese fa mi ha chiesto una mano per alcuni progetti e bandi. Mi sono sentito di rispondere alla chiamata, di ritagliare un po’ di tempo per dare questo supporto.
Da qui è nata una collaborazione di diverse settimane finché un giorno mi è stato chiesto se ero disponibile a diventare direttore artistico e curare quindi i progetti e la programmazione. Anche se ero impegnato a Firenze fino a pochissimo tempo fa con un’altra orchestra ho pensato di accettare. Un pò perché amo le nuove sfide e allo stesso tempo perchè ritengo la Bazzini una realtà molto interessante e stimolante.
Questa tra l’altro è la dimostrazione perfetta di come spesso, specialmente in ambito culturale, bisogna provare ad accettare tutte le proposte e da queste possano nascere sempre nuove collaborazioni e attività.
Si, io sono una persona a cui piace aiutare quando possibile: cerco soprattutto di mantenermi attivo e collaborare con gli altri operatori del settore culturale. Sono io il primo a dire “questa cosa mi piace, vediamo se riusciamo a farla crescere”, questo è il mio spirito in generale, sia come direttore artistico sia come direttore d’orchestra, fino al musicista, è la mia natura.
Ecco: tiriamo un filo lunghissimo da questo presente per parlare della tua formazione e della tua storia. Partiamo da qui: lo scorso anno abbiamo pubblicato una intervista documentario sullo storico batterista Ellade Bandini, in cui raccontava che la sua passione e affinità con la musica erano state chiare sin da bambino, da quando osservando i nani del primo cartone di Biancaneve suonare con delle bacchette in casa, si trovava a emularli e seguirne il ritmo. Per te com’è nato l’incontro della musica e cosa ti ha portato a diventare direttore d’orchestra?
Il mio avvicinamento alla musica è avvenuto alle medie, in particolare alla scuola Boiardo, attraverso l’indirizzo musicale. Una scuola dove mi ero iscritto un po’ per curiosità: io non suonavo nessuno strumento, in famiglia non c’era nessun musicista, però avevo questa curiosità e avevo fatto l’esame di ammissione che, anche per fare capire a chi legge, era propedeutico. Se infatti suoni uno strumento l’esame è pratico, se invece, come me, non hai nessuna esperienza ti trovi sottoposto ad alcuni test su come tieni istintivamente il ritmo, ti fanno domande, cercano di capire se hai una predisposizione. Evidentemente avevano visto un’ attitudine in me. E da lì è partito tutto: ho studiato, sono entrato in conservatorio, il Frescobaldi di Ferrara, da lì poi sono andato a proseguire gli studi al conservatorio di Bologna e ho poi terminato gli studi all’ateneo di Milano. Questo è un pò il mio percorso formativo accademico: ho poi affiancato corsi, masterclass, workshop, tutti dedicati alla composizione e alla direzione d’orchestra.
Parallelamente negli ultimi 5 o 6 anni mi sono interessato all’aspetto manageriale organizzativo, con alcune realtà tra cui l’Orchestra Filharmonie di Firenze, l’orchestra giovanile di cui sono stato direttore artistico fino a questa nuova nomina, così come il Lerici Music Festival, un festival di musica classica in Liguria, di cui sono stato segretario artistico dal 2020. Ho collaborato con tante altre piccole associazioni ed eventi come manager culturale, mi sono interessato, oltre alla direzione di orchestra anche alla parte organizzativa. E in autonomia, ho iniziato a studiare e a raccogliere un pò di competenze da spendere in questo settore, sfruttando in particolare il periodo della pandemia per corsi online e studi sul management culturale che con questa nomina al Bazzini evidentemente ha dato buoni frutti.
Ecco questo quadro completo che mi dai della tua formazione mi fa pensare ad una cosa: si dice spesso che in Italia con la cultura, ci si viva poco. Ancora di più sicuramente nella classica, un settore ancora più elitario. La tua esperienza però racconta qualcosa di diverso.
Sicuramente il settore culturale è un settore con molte difficoltà: esiste una chiara difficoltà nel trovare fondi, quei contributi pubblici o privati necessari per realizzare eventi che non sono, ovviamente, come il concerto di Vasco Rossi che si vende da solo.
È anche vero che ci sono tantissime realtà che lavorano bene, delle risorse umane che lavorano bene, alcune possibilità ci sono. Rispetto magari a tempi passati, dove c’erano risorse maggiori ed era più facile avere contributi, oggi sicuramente questa possibilità si è ristretta, è diventato più complesso ma non impossibile.
Bisogna che ci inventiamo nuove soluzioni per attrarre fondi, magari non pubblici ma anche privati, bisogna inventare progetti che possano suscitare interessi maggiori: anche il settore culturale e in particolare della musica classica nel mio caso deve essere capace di inserirsi al meglio all’interno della realtà culturale del mondo di oggi. L’offerta non può essere la stessa di trent’anni fa, deve essere spiegata e fruita in modo diverso, ci deve essere un cambiamento. Essere capace di guidare o seguire questo cambiamento: lì dentro c’è la possibilità di lavorare nel mondo culturale. Bisogna per forza studiare, aggiornarsi, vedere cosa succede nel resto del mondo e questo ti dà la possibilità di viverci.
Diversamente non è un settore in cui il lavoro ti piomba addosso. Se sei un ingegnere elettronico o informatico oggi è sicuramente più semplice, che non fare il direttore d’orchestra.
Abbiamo parlato della tua nomina da direttore artistico, del tuo percorso di studio e della tua carriera da direttore d’orchestra, ma questi ultimi mesi ti hanno anche portato in tour con un disco (disponibile in streaming anche qui) a tuo nome, sulle note di Salieri. Ti va di parlarcene?
Questo progetto è un cd con brani di Antonio Salieri: un compositore che è vissuto tra il settecento e l’ottocento, diventato anche famoso con il film “Amadeus”, grazie anche alla leggenda che lo racconta come il rivale di Mozart.
Quest’anno ricorrevano i 300 anni dalla morte e abbiamo pensato di omaggiare questo artista un pò scomparso dal mondo della musica classica con questa registrazione, dove io sono direttore d’orchestra e dirigo l’Accademia d’archi Arrigoni , un complesso giovanile del Friuli insieme al solista Costantino Catena. Nelle musiche di Salieri ci sono due concerti per pianoforte e orchestra e una piccola sinfonia che dirigo, oltre ad alcuni brani per pianoforte solo. È il primo cd che ho realizzato insieme a questa casa discografica importante e internazionale, la Brilliant Classics: per me è stato un piacere realizzare questa operazione. Abbiamo fatto anche un tour italiano di 9 concerti, girando mezza Italia a gennaio, da Napoli a Messina a Pescara.

Prima di salutarci: credo che il mondo della musica classica sia considerato come “di repertori” classici, pur essendoci in realtà molta produzione musicale (ad esempio anche di quella che viene considerata classica moderna, da Max Richter a Yann Tiersen a Philips Glass, Nilhs Frahm o Olafur Arnalds o molti altri ancora). Ecco, dal tuo punto di vista, che ascoltatore sei e come ti approcci alla musica non classica?
Ovviamente vivendo nel mondo della classica tendo a vivere con forza quel settore, in cui sono immerso tutto il giorno. Capita sicuramente di ascoltare altro, di seguire ad esempio come recentemente il festival di Sanremo, anche per capire e seguire come funziona la musica pop, per comprendere dove si sta spostando la musica di massa.
Dall’altro lato, il mondo della classica è un mondo in parte di nicchia e che in parte può comunque incuriosire, anche perché molti motivi di classica sono sconosciuti come nome ma vengono utilizzati e sono riconoscibilissimi grazie agli usi ad esempio nelle pubblicità o al cinema.
“Le quattro stagioni” di Vivaldi, “Il barbiere di Siviglia” di Rossini, “Le nozze di Figaro” di Mozart nominate così non dicono niente a nessuno, in realtà le melodie appena sentite sono ben conosciute da tutti: non siamo lontani, come classica, dal resto del mondo. Ha una fruizione diversa, un modo di interagire diverso, i concerti magari si fanno al chiuso, in condizioni diverse con strumenti magari delicati come possono essere i violini o gli strumenti a fiato. Però io faccio sempre questo paragone con la letteratura: quando uno legge i grandi classici, c’è chi li apprezza e chi no, c’è chi alterna classici e letteratura contemporanea, perché magari i classici li percepisce più pesanti. Ciç non toglie che il meglio sarebbe che tutti potessero con curiosità fruire di diversi tipi di musica, perché ognuno di queste musiche ti dà qualcosa. Io quando posso vado a sentire concerti della musica jazz, che è un pò l’opposto rispetto alla classica (visto che è basata sull’improvvisazione, ndr).
Quindi da questo punto di vista deve essere la curiosità a muovere il pubblico, ad interessarlo, non bisogna secondo me creare troppi contenitori. Dovremmo comportarci come facciamo con il cibo: cinese, messicano, italiano, congolese, è questo che arricchisce, magari ti annoia o non lo apprezzi, però secondo me anche quella volta all’anno, concedersi un concerto di musica classica è sempre un bene, ti dà emozioni diverse. E bisogna essere dei fruitori della musica perché la musica arricchisce l’anima.
Giulio Arnofi è stato assistente di Corrado Rovaris per Don Giovanni al Teatro Regio di Parma, di Sesto Quatrini per Die Zauberflöte al Teatro Regio di Torino, di Evelino Pidò per Il barbiere di Siviglia e Don Pasquale al Teatro alla Scala di Milano, di Gianluca Marcianò per La forza del destino al Teatro Principal di Maiorca.
Nell’ultimo periodo ha collaborato e collaborerà con: l’Orchestra Sinfonica di Milano, Orchestra Filarmonica Toscanini, Orchestra di Padova e del Veneto, North Czech Philharmonic, FVG Orchestra, gli archi dell’Orchestra della Toscana,
Orchestra da Camera di Pordenone, Accademia d’Archi Arrigoni, Orchestra Sinfonica di Lecce e del Salento e Orchestra Sinfonica della Città Metropolitana di Bari.
Classe 85, vive a Ferrara da vent’anni. Secondo il profilo ufficiale è Infermiere, nel contempo si occupa da anni di giornalismo con l’idea di cercare di raccontare il mondo da una angolazione sempre nuova, con spirito critico ma rivolto al meglio, al domani e al possibile. Ha scritto un romanzo, si chiama “Sfumature” e si occupa di musica con una newsletter settimanale, live report e altro.Qui su Filo, articolo dopo articolo tenta di costruire un mondo più informato, consapevole ed ottimista o, almeno, aderente alla realtà.