Grinta: decisione, aggressività nell’affrontare un impegno, una gara, un avversario. Massimo Rastelli non è Guardiola. Non è nemmeno Sarri. Forse neanche Marino (quello di Spal-Salernitana, per intenderci). Massimo Rastelli però è avanguardia, è la nuova frontiera del Cholismo, per dirla poeticamente. Oppure possiamo definirlo il Gattuso della serie B, o il Mihajlovic di periferia, stavolta in tono più giornalistico.
Intendiamoci, una partita è una partita, nessuno esclude che tra un mese ci ritroveremo qui a pregare che il campionato finisca in fretta e con esso l’esperienza dell’allenatore campano. Insomma, una rondine non fa primavera, ma una partita basta per dare le prime impressioni su un atteggiamento che da tanto, troppo tempo mancava alla Spal, così come era bastata una partita (con la Salernitana appunto) per illudersi che la Spal di Marino potesse essere un’armata insormontabile al servizio del bel gioco, uno statuario Schwarzenegger che incanta tutti con movenze da Roberto Bolle.
Non è andata così, peccato.
Ma tornando alla partita di sabato, Rastelli ci ha messo poco per presentarsi ai suoi nuovi tifosi, e non potendo, per forza di cose, sul campo a “quattr’occhi”, lo ha fatto con l’unico “vantaggio” di questo calcio ai tempi del covid: da casa si sente tutto, e quindi si sente Rastelli urlare a Sernicola ‘Mordi! È tua! È tua!’ durante un’anonimo contrasto sulla linea laterale dall’altra parte del campo. È solo un esempio, solo una frazione di gara, ma dice molto sulla personalità del mister.
Non vedremo di certo una Spal all’insegna del Tiki-Taka, o per restare più vicini al nostro orticello, non vedremo una Spal giocare il bel calcio (bisogna ammetterlo guardando gli ultimi campionati) dello stesso Cittadella, agli ordini di un sempre meno simpatico Venturato (sorvoliamo…).
Ma il campo è sempre pronto a smentirci, chissà.
L’impressione è quella di una Spal cattiva, finalmente fallosa con del criterio, grintosa, che spazza la sfera vagante, che attacca le seconde palle con la bava alla bocca.
È una Spal con un carattere da serie B, in poche parole, che si identifica inevitabilmente negli occhi battaglieri di Luca Mora.
Rastelli in panchina pare l’allenatore che tutti hanno avuto almeno una volta alle giovanili, nei giovanissimi o allievi di provincia, quello che in allenamento ti fa fare 1 ora di ‘gradoni’ a suon di urla, e che in partita ti martella per 90 minuti con insulti di ogni genere, ma poi alla fine ti abbraccia e ti dice ‘Ma che cazzo di partita hai fatto?!’, naturalmente in senso positivo.
È chiaro, saranno il campo e soprattutto i risultati a dirci se veramente il nuovo mister avrà meritato tutto questo sproloquio, ma intanto, dopo due mesi, lasciateci godere lo sguardo rabbioso e vispo di uno che dà pacche a tutti, uno per uno, ed esce caricando ed esultando sotto la tribuna. È il massimo che ha. Per ora.
In conclusione, non si è mai chiesto una Spal ammazza campionato (stile Benevento 19-20), e nessuno ha mai preteso la A a tutti i costi, ciò che qualsiasi tifoso realmente biancazzurro ha sempre voluto vedere è una maglia sudata, il rispetto per i colori… i coglioni, per farla breve.
A tal proposito, nella canzone moralmente vincitrice dell’ultimo Sanremo, l’immortale Loredana Bertè canta ‘Un animale non mangia, un animale sbrana’. Un vecchissimo coro di qualsiasi curva d’Italia recita invece ‘Noi vogliamo 11 leoni’ .
Mettiamo insieme le due frasi.
Forse finalmente li abbiamo.