Esattamente un mese fa, il 1° aprile, ai piedi del nostro caro concittadino Savonarola è comparsa una grande e insolita figura: una lisca di pesce. Insieme a lei c’era un gruppo di attivisti di Extinction Rebellion. Data l’eccezionalità dell’evento anche Savonarola in persona ha voluto cogliere la ghiotta occasione di esprimere certe cose che si teneva dentro da alcuni secoli. La giornata era quella della ‘ribellione’ nazionale e internazionale, che questa primavera punta l’attenzione su un tema particolarmente grave quanto ignorato, e cioè la finanza fossile.
Con questo termine si intende l’insieme di tutte le strategie economiche, specialmente nella forma di investimenti da parte di istituti bancari, assicurazioni e grandi investitori (come compagine e hedge funds) in attività di estrazione, trasporto e produzione di energia derivante da fonti fossili.
La lisca come “fossile”
Perché Extinction Rebellion ha scelto proprio una lisca di pesce come simbolo di questa giornata? Perché, ovviamente, questa forma richiama alla mente l’idea del “fossile”, cioè quei combustibili che non vogliamo abbandonare e anzi continuiamo a sovvenzionare e bruciare e che sono la principale causa del cambiamento climatico. Non ci siamo ancora modernizzati poi così tanto dal tempo di Savonarola, che infatti si è rivolto ai suoi concittadini osservando: ”Da quando vi ho lasciato l’ultima volta, vedo che non vi siete ancora stancati di bruciare” (lui di combustione ne sa qualcosa). A interpretarlo era la voce istrionica di Andrea Amaducci.
Carbone, petrolio, gas sono di fatto ormai “idoli dall’attrazione irresistibile” di cui non possiamo più fare a meno, cioè ci ricadiamo sempre, anche ora che molti governi stanno dichiarando di voler fare il contrario, nonostante il fatto che da oltre cinquant’anni la scienza abbia evidenziato il fatto che il loro uso non sia sostenibile. Ce l’ha ricordato anche la Giornata della Terra lo scorso 22 aprile, data che ricorda quel giorno del 1970 quando 20 milioni di statunitensi (pari al 10% della popolazione USA di allora!) scesero per le strade per dimostrare la loro preoccupazione verso le tematiche ambientali.
Non è un pesce d’Aprile!
Il problema è che, mentre oggi si parla tanto di investimenti in “transizione ecologica” e di una presunta svolta verso politiche di sostenibilità, il dato sconcertante è che il tema degli investimenti finanziari sembra essere completamente fuori dal radar, addirittura sconosciuto ai più. A differenza delle fabbriche e dei camion, infatti, la finanza è qualcosa che “non si vede”. La finanza fossile rappresenta infatti la terza causa di emissioni di CO2 in Italia, seconda solo al comparto industriale e dei trasporti. In una giornata dedicata tradizionalmente agli scherzi, il messaggio portato dall’immagine della lisca era invece di forte contrapposizione: non è purtroppo un pesce d’Aprile! Non solo la finanza fossile esiste e i suoi effetti sulle emissioni di CO2 sono reali e catastrofici, ma è anche in espansione. Per quanto possa suonare strano, in stridente contrasto con la narrativa che proviene dalla politica che parla di “transizione ecologica”, la realtà è che gli investimenti finanziari in fonti fossili stanno continuando ad aumentare.
Nel 2019 le più importanti banche ed investitori del nostro Paese, semplicemente con i loro investimenti hanno immesso in atmosfera almeno 90 milioni di tonnellate di anidride carbonica, un quantitativo pari alle emissioni annuali di un paese come l’Austria 1.
La verità è che stiamo andando nella direzione opposta
L’azione di Extinction Rebellion del 1° aprile è stata aperta da due attivisti vestiti da banchieri e businessman che, provenendo della sede di Unicredit che si affaccia sulla piazza si sono avvicinati al grande “fossile” per andare ad affiggervi simbolicamente delle banconote come offerta votiva.
Secondo la Rainforest Action Network circa l’80% delle emissioni imputabili al settore della finanza fossile in Italia è riconducibile a due noti istituti di credito, Unicredit e Intesa San Paolo. La prima in particolare si colloca al 35° posto nella lista delle 60 banche mondiali che dal 2016 al 2020 hanno investito l’incredibile somma di 3.800 miliardi di dollari nel settore dei combustibili fossili2. Questo intervallo di tempo è particolarmente significativo in quanto corrisponde agli anni successivi all’accordo di Parigi del 2015, cioè l’anno dopo il quale gli sforzi delle nazioni aderenti alla COP21 avrebbero dovuti essere rivolti a ridurre gli investimenti in fonti fossili, al fine di contenere l’aumento delle temperatura media globale sotto il valore di +1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali3.
Invece gli investimenti della finanza fossile sono aumentati linearmente dal 2015 fino ad oggi. Le promesse di politiche verdi e transizione ecologica di questi giorni suonano quindi come una beffa, come dire “abbiamo scherzato”. La realtà è purtroppo l’aumento degli investimenti fossili e sfortunatamente questo non è affatto “un pesce d’aprile”.
I risparmi di noi correntisti vengono legati al destino delle fonti fossili
“Voi pensate: va bene, però se le nostre banche investono in combustibili fossili, almeno diventeranno un po’ più ricche e avremo tutti un po’ più di soldi. Siete in errore!”. Per fortuna che Girolamo, da bravo predicatore, durante l’azione di XR ha sfatato l’ultima “eresia” che spesso viene ripetuta a proposito di questo tema: non è vero che gli investimenti della finanza fossile sono sicuri, bensì al contrario sono ad altissimo rischio! Ciò è correlato al fatto che ogni investimento è di fatto anche una scommessa sull’espansione di un certo settore economico, e in questo modo le finanze degli istituti bancari – cioè i soldi dei correntisti – vengono legati al destino di qualcosa di insostenibile.
Puntare finanziariamente su aziende che operano nel settore fossile in un’epoca in cui è ormai nota la necessità di disinvestire e di riconvertire le economie reindirizzare le risorse verso fonti energetiche sostenibili (energie rinnovabili), ha l’effetto di produrre una “bolla del carbonio”, la quale molto presto – come già accaduto per molti altri settori di investimento finanziario – potrebbe scoppiare, come avvenne per la famigerata “bolla immobiliare” che portò alla crisi economica del 2008. Insomma, di questo passo si rischia che del pesce rimanga solo una magrissima lisca! 4,5
Non c’è più tempo!
Allora che fare? Unirsi alla ribellione, che è iniziata ad aprile, ma proseguirà per tutto l’anno con altre azioni a Ferrara, in Italia, in Europa, nel Mondo. Si tratta di chiedere a gran voce alle banche e a tutti i soggetti che alimentano la finanza fossile di bloccare i loro investimenti in questo settore. Parallelamente, pretendere trasparenza dalla propria banca relativamente agli investimenti che essa stessa sta portando avanti, e scegliere quindi consapevolmente per che scopi mettere a disposizione i propri risparmi. Infine, e soprattutto, chiedere che i gli stati limitino per legge gli investimenti finanziari in fonti fossili, vietando ai soggetti privati (come le banche) di investire in questi settori. 6
Non c’è più tempo, unisciti a noi.
Con rabbia e amore.
XR Ferrara
Fonti
- Greenpeace, Re: Common, “Finanza Fossile: la gigantesca impronta climatica di banche e investitori italiani”, pubblicazione 27/04/2020 https://www.recommon.org/finanza-fossile/
- Rainforest Action Network (RAN), BankTrack, Indigenous Environmental Network (IEN), Oil Change International (OCI), Reclaim Finance, Sierra Club, “Banking on climate Chaos. Fossil fuel finance report 2021”, pubblicazione 24/03/2021 https://www.ran.org/bankingonclimatechaos2021/
- COP21 – Parigi (2015) https://ec.europa.eu/clima/policies/international/negotiations/paris_it
- Lifegate, “La bolla del carbonio può fare danni peggiori della crisi finanziaria globale” https://www.lifegate.it/bolla-del-carbonio
- Podcast “#14 – Disinvestire dal fossile? Lo stiamo facendo bene” https://www.spreaker.com/user/giomori/14-divestment_1
- Campagna di disinvestimento https://extinctionrebellion.it/ribellione-2021/campagna-di-disinvestimento/