L’agricoltura a Ferrara è stata, è e sarà uno dei motori trainanti dell’economia nonostante spesso cada nel dimenticatoio. Moltissime aziende agricole insistono sul nostro territorio, alcune grandi, altre enormi e alcune molto piccole. Proprio queste ultime spesso riescono a mantenere vive le tradizioni con una lavoro difficilissimo e molto impegnativo che quasi mai riesce a dare soddisfazioni economiche. Forse però chi si impegna in queste piccole\grandi imprese non dà valore al denaro ma lo dà alla terra con cui vive e di cui si prende cura sfruttando le nuove tecnologie ma anche, e forse soprattutto, riprendendo quegli insegnamenti che nonni e nonne hanno tramandato.
Viviamo in un tempo nel quale si guarda sempre oltre l’orizzonte dimenticandosi del passato, si corre affannosamente verso quella linea che mai si potrà raggiungere nel tentativo di scappare da errori commessi. Forse fermarsi voltando lo sguardo alle spalle potrebbe invece darci la forza e la capacità di creare le possibilità per un altro mondo.
La storia, lo sappiamo, non si ripete e non possiamo pensare di trovare nel passato le risposte per il nostro futuro. Possiamo però sfruttarla per una visione più critica di ciò che stiamo vivendo, possiamo farne tesoro per avere una più completa visione di futuro. Ecco, questo è uno dei meriti che senza dubbio possiamo dare a “Cronache Agricole: l’agricoltura a Ferrara nell’800” scritto da Maurizio Andreotti e edito da 2G, piccola casa editrice ferrarese, con il patrocinio culturale del MAF, Centro di Documentazione del Mondo Agricolo Ferrarese, e una bellissima illustrazione in copertina creata da Alessio Bolognesi.
Ma chi è l’autore del libro? E da dove nasce la passione agricola oltre a quella per la storia agricola? A Maurizio Andreotti la risposta…
Ho sempre pensato che la tutela dell’ambiente e l’impegno per un approccio sostenibile, dovessero essere prioritari per la mia generazione, che ha avuto la fortuna di vivere un boom economico e industriale, ma anche la responsabilità di consegnare alle generazioni future un ecosistema non compromesso. Il mio percorso di vita e di studio è sempre stato orientato in questa direzione.
Mi sono laureato in Scienze agrarie, ritenendo fondamentale concentrarsi sul rapporto tra l’uomo e la terra, sull’impatto su quest’ultima. Ho lavorato per molti anni per il Progetto regionale di Produzione integrata, promosso dalla Regione Emilia – Romagna per ridurre la pressione dei prodotti chimici in agricoltura, in particolare per la difesa fitosanitaria. Da qui l’interesse per come si operava quando i prodotti chimici di sintesi non erano ancora impiegati. L’attività professionale è poi continuata nel Settore Agricoltura della Provincia di Ferrara, ora sono in pensione. Questo mi ha concesso il tempo necessario per fare ricerca nelle biblioteche del territorio, in particolare quella Ariostea di Ferrara, il cui personale ringrazio per la disponibilità. Molto proficua è anche la frequentazione dei mercatini dell’usato, dove ho trovato testi antichi utili e illuminanti. Poi mi sono dedicato alla scrittura per provare a restituire tutte le informazioni che ho raccolto.
“Cronache Agricole, l’agricoltura a Ferrara nell’800” viene dopo un primo libro sull’agricoltura a Ferrara nel ‘700. C’è un filo storico che lega i due libri? Ci sono affinità tra l’agricoltura del ‘700 e quella dell’800 a Ferrara?
Per tutta la prima parte dell’Ottocento le tecniche agricole erano le medesime di quelle praticate nei secoli precedenti, quando la forza lavoro era data dal connubio tra uomo e animale, la trebbiatura del grano era in sostanza simile a quella documentata dalla formella del mese di luglio esposta nel Museo della Cattedrale di Ferrara, datata nel Duecento, dove era il calpestio dei cavalli condotti sull’aia a sgranare le spighe di grano.
Poi l’applicazione dell’energia del vapore permise l’introduzione di aratri più pesanti, questi, associati alle prime forme di meccanizzazione di molte operazioni, diedero una spinta significativa all’aumento delle produzioni. Anche nell’Ottocento, così come nel Settecento, i patti agrari fra proprietà terriera e la componente colonica erano basati soprattutto sul contratto di boaria. Le colture principali erano il grano e la canapa da tessere, quella di Ferrara molto ricercata per le vele utilizzate per la navigazione.
La domanda precedente è sorta perché in molti passi di “Cronache Agricole, l’agricoltura a Ferrara nell’800” vedo affinità con i racconti che mi facevano i nonni che però hanno vissuto tutta la loro vita nel ‘900. Ecco quindi che mi piacerebbe sapere se e come ci sia anche un legame tra ‘800 e ‘900?
Esatto, il legame c’è. Ed è prezioso il passaggio di memoria tra generazioni, che è un po’ quello che cerco di fare anche io nei miei libri. Nell’agricoltura del Novecento progressivamente i trattori hanno sostituito il tiro bovino e i concimi chimici l’utilizzo del letame, per cui la stalla, per chi la teneva, era finalizzata solo alla produzione di latte e di carne. Il lavoro delle macchine ha ridotto la necessità di avere famiglie numerose per la gestione aziendale e la boaria è stata progressivamente sostituita dalla mezzadria o dal lavoro salariato, nel frattempo sono aumentate le aziende diretto-coltivatrici. Nell’economia domestica contadina del Novecento sono rimaste numerose pratiche ereditate dal passato, come l’allevamento di animali da cortile e del maiale, la tenuta dell’orto e della vite per la produzione del vino. Sono scomparse la filatura domestica e l’allevamento dei bachi da seta.
Una considerazione a margine è che per una parte del Novecento la maggioranza dei ferraresi ha avuto un rapporto stretto con la campagna, come coltivatrice diretta o come proprietaria terriera. Poi c’è stato un progressivo abbandono e allontanamento. Mi fa però piacere sentire che diversi ragazze e ragazzi stanno facendo la scelta di diventare agricoltori, non solo per un beneficio economico, ma proprio come scelta di vita, per riavvicinarsi ai ritmi della natura. Questo può aprire nuovi scenari verso la sostenibilità ed anche di un nuovo approccio colturale alla terra.
Ci sono passaggi nel libro in cui si descrive un’agricoltura ferrarese che fa fatica a compiere i passi verso la modernizzazione. Un passaggio che forse notiamo anche ai giorni nostri? Non so se sono io ma mi pare di vedere grande continuità nel percorso storico agricolo ferrarese, almeno nel modo di agire conservatore.
Già. Probabilmente perché per tutto l’Ottocento, e per gran parte del Novecento, è rimasta valida la posizione espressa da Berti Pichat, l’onorevole bolognese citato in “Cronache Agricole”, che – in riferimento all’introduzione delle seminatrici meccaniche rispetto alla semina a spaglio del grano – disse: “i pratici stanno ancora a guardare…”.
Anche a Ferrara nel 1871, quasi due secoli dopo l’invenzione di Jethro Tull (forse più noto per aver dato il nome ad un famoso gruppo rock), la semina meccanica rappresentava solo un quarto del totale. Ora le politiche dell’UE hanno cambiato di molto la prospettiva e sono numerose le opportunità da non perdere.
La Gazzetta Ferrarese è stata la fonte principale per questo lavoro e l’agricoltura anche oggi riveste un ruolo fondamentale nell’economia della nostra provincia. Forse però è un po’ dimenticata dai giornali di oggi. In un ipotetico ‘200 del terzo millennio, sarebbe possibile ricostruire l’agricoltura a ferrare con l’utilizzo dei giornali? A quale fonte consiglierebbe di fare affidamento allo scrittore del futuro?
La Gazzetta Ferrarese rimane un esempio unico di come un quotidiano abbia potuto fare non solo informazione ma anche divulgazione agricola sul territorio. Ora, e penso anche per il futuro, per inquadrare il settore primario occorre fare riferimento agli autori che hanno cercato di mantenere l’agricoltura in un ambito naturale e non solo industriale. Per me: Rachel Carson (Primavera silenziosa), Carlo Petrini, Vandana Shiva.
Da riconoscere comunque il fatto che ci siamo tenaci collaboratori della stampa locale che periodicamente offrono ai lettori approfondimenti sulle tematiche agricole. Penso che le testate territoriali siano un importante presidio per questioni di carattere colturale, di cui la stampa nazionale si occupa prevalentemente quanto ci sono criticità o quando fa tendenza.
Il lavoro di ricerca immagino sia durato molto, com’è maturata la scelta della Gazzetta Ferrarese come fonte principale?
Inizialmente in modo casuale, mi aveva incuriosito, in una lapide del cimitero di Marrara, il riferimento della morte di un agronomo dell’epoca scelleratamente spento da mano assassina…ho voluto consultare la cronaca e ho scoperto il giornale e il suo ruolo nell’agricoltura dell’epoca.
Se le chiedessi di indicare una data, un evento particolare che ha segnato un solco tra un prima e un dopo nell’agricoltura ferrarese dell’800 cosa indicherebbe?
Credo che uno spartiacque possa essere stata l’introduzione della bietola da zucchero, proprio sul finire di quel secolo, che ha interrotto non solo una rotazione agricola consolidata ma il modo di gestire i terreni. Prima la presenza della canapa, che assicurava con il grano il reddito più importante, aveva un ruolo fondamentale nell’azienda, per più motivi.
Per la consistenza della famiglia colonica che doveva essere adeguata per le numerose operazioni legate alla coltura. Per il sistema idraulico delle aziende, che doveva garantire lo scolo delle piogge (allora più abbondanti) ma soprattutto il riempimento del macero. E perché la coltura funzionava da “diserbo naturale”, quando la difesa dalle erbe infestanti era uno dei problemi più difficili, soprattutto quando si seminava a spaglio. Interrata in marzo, la canapa veniva zappata molte volte, per poi avere un abbondante rigoglio vegetativo, che soffocava tutte le altre erbe presenti.
Come si inserisce Ferrara nel contesto agricolo nazionale considerando che nel libro viene data particolare rilevanza proprio agli eventi avvenuti dopo l’Unità d’Italia?
Le bonifiche iniziate negli anni Settanta e terminate negli anni Novanta dell’Ottocento permisero il recupero di 70.000 ettari di terreno da coltivare e debellarono la malaria, endemica in quei territori; diventando un esempio non solo a livello nazionale ma pure mondiale.
Visto che l’800 è l’anno della seconda rivoluzione industriale e della meccanizzazione un po’ come i giorni nostri sono quelli della digitalizzazione. Mi piacerebbe sapere la sua opinione su tecnica e tradizione, due aspetti spesso in contrasto tra loro in agricoltura. Ancora oggi c’è chi fa riferimento ad antichi saperi e chi invece si affida completamente alla scienza e alla tecnologia. È possibile una via di mezzo?
Nell’agricoltura degli ultimi decenni si è spesso favorita la quantità sacrificando la qualità dei prodotti agricoli. Sono diventati prioritari la conservabilità e l’attitudine al trasporto, mentre sono stati meno ricercati gli aspetti salutistici e organolettici. Fortunatamente la sensibilità dei consumatori sta riequilibrando la prospettiva.
Oggi l’agricoltura è al centro di un forte dibattito sull’inquinamento che produce. Scienza e tradizione possono insieme migliorare la situazione? Rendere l’agricoltura meno inquinante? Senza dimenticare che forse uno dei principali problemi di inquinamento è nella richiesta che il mercato fa all’agricoltura. Una richiesta che spinge a maggiori produzioni sfruttando la terra oltre le sue capacità?
L’agricoltura è una scienza che deve essere praticata tenendo conto di fondamentali capisaldi: rotazioni, utilizzo di sostanza organica e presenza di elementi naturali, elementi conservativi non solo del terreno ma pure dell’ecosistema. Nell’ultima parte del Novecento, per ottenere economie di scala, si sono introdotte, in particolare negli allevamenti, dimensioni e pratiche più consone ad una attività industriale, aumentando così il fenomeno del riscaldamento globale: un’agricoltura razionale potrebbe essere una soluzione anche per questo problema.
Occorre trovare un equilibrio tra la necessità di produrre e quella di non esaurire la produttività della terra. L’agricoltura dovrebbe far vivere meglio chi la pratica e chi ne consuma i prodotti, oltre a preservare un ecosistema. Occorre uno sforzo, prima di tutto istituzionale, per creare un equilibrio virtuoso tra lo sfruttamento delle risorse naturali e l’economia. Solo così la sostenibilità agricola e ambientale non sarà un sacrificio, ma un guadagno per tutti.
Il 4 maggio alle 18:30 in diretta sulla pagina Facebook di Libraccio Ferrara, Maurizio Andreotti presenta “Cronache Agricole”. Dialoga con l’autore Stefano Calderoni, Presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara. Modera l’incontro Leonardo Fiorentini.