Prima di tutto, vi proponiamo un patto. Un istante in cui prendere fiato, liberare la testa da quelle che possono essere le idee per cui un fatto è derivato dalla propria opinione o, peggio, dall’appartenenza politica. Questi sono i fatti, per come li abbiamo studiati, analizzati e per come alcune persone ce li hanno raccontati.
Di solito su queste pagine ci piace parlare di eventi, mostre, persone, luoghi e ricorrenze: di bellezza, in fondo, per allontanarci da una narrazione fatta di contrasti. Ci piace raccontare il meglio, lasciando ad altre voci la disputa tra ideologie e scontri morali.
Ma.
Ma nelle ultime settimane abbiamo iniziato a percepire che in questo strano 2020 qualcosa non tornava alla normalità e nelle ultime settimane il caso è esploso definitivamente: il Covid ha messo in difficoltà le biblioteche anche a Ferrara. La pandemia non è stata che l’acceleratore, invece della causa.
Circa un anno fa, nel novembre del 2019 girò in rete un primo appello: non sembravano esserci risposte all’imminente pensionamento di diverse persone all’interno delle biblioteche cittadine, con il rischio di una diminuzione delle attività possibili.
Un anno e una pandemia dopo la situazione (al 16 ottobre) è la seguente:
- la biblioteca Luppi di Porotto apre un giorno a settimana
- la biblioteca Rodari un pomeriggio e una mattina
- la biblioteca Tebaldi un pomeriggio
- soltanto la biblioteca Ariostea e di recente la Bassani sono tornate ad un calendario più o meno regolare.
La cittadinanza inizia a muoversi: una manifestazione per la Rodari il 3 Ottobre, una per la Luppi il 19 ottobre e un gruppo Facebook sorto da pochi giorni, intitolato “Salviamo le biblioteche Ferraresi”.
Quali sono i problemi, detto fuori dai denti?
Siamo andati in diverse biblioteche, scegliendo sin da subito di non voler mettere in difficoltà i dipendenti, e ricevendo risposte sostanzialmente allineate su quelli che sono i problemi in essere e quelli in arrivo:
- Nonostante i ripetuti confronti tra amministrazione, sindacati e personale esistono visioni diverse delle necessità organiche (elegantemente: le persone non ci sono, ma in qualche modo risultano in organico, magari in prepensionamento o con congedi che ne impediscono il rapporto con il pubblico) e non vi è al momento un progetto di assunzione di nuove persone a compensare le necessità, con ulteriori imminenti pensionamenti, di cui uno già a novembre, che potrebbero aggravare ulteriormente la situazione.
- L’obbligo, da protocollo nazionale, di avere sale di decontaminazione per i libri dati in prestito e rientrati, impedisce alle strutture più piccole di aprire con regolarità (come nei casi di San Giorgio e Porotto) perché non vi è lo spazio fisico dove mantenere i libri in quarantena. Non c’è al momento altra soluzione (in alcuni casi, non tutti) che l’utilizzo degli spazi in Biblioteca Ariostea o diversi giorni di chiusura tra una sanificazione e l’altra. Anche se, come vedremo poi, questo limite pare non avere impedito aperture regolari ad altre città limitrofe.
- Esisterebbe, per quanto si capisce, la possibilità di usare fondi già stanziati per provvedere alle assunzioni, ma è stato al momento scelto di non utilizzarli o usarli diversamente (questa notizia viene riferita da diverse fonti interne, ma senza conferme o documenti che lo provino, ndA)
Qual è il problema, eticamente?
Tutto questo potrebbe farci rientrare in una logica economica o di priorità, facilmente catalogabile in “tutto sommato ci sono altri problemi”. Per quanto considerare non prioritario l’accesso alle informazioni e ai luoghi del sapere sia ovviamente poco lungimirante in un paese fortemente arretrato a livello culturale e da decenni.
Ma proprio negli ultimi giorni si è scatenata una polemica sulla richiesta da parte di alcuni consiglieri comunali di avere accesso all’elenco dei libri da acquistare tramite il contributo speciale MiBACT, fatto che ha portato ad una lettera indirizzata al sindaco Alan Fabbri da parte dell’Associazione Italiana Biblioteche:
Le chiediamo, Signor Sindaco, un intervento chiarificatore che ristabilisca il rispetto dei ruoli all’interno del Comune da Lei amministrato, e soprattutto il rispetto della neutralità della Biblioteca come servizio pubblico e come istituto della democrazia.
FRANCESCO LANGELLA, MILENA TANCREDI, ASS. ITALIANA BIBLIOTECHE – 13/10/2020
La lettera chiede in sostanza la conferma del rispetto dei ruoli.
Le nostre conversazioni segnalano invece ingerenze già avvenute in più casi da parte dell’Amministrazione (esistono conferme da più operatori, operanti nei servizi a diversi livelli), in particolare all’interno della Biblioteca Niccolini, quella rivolta ai più piccoli.
Sia in un caso di un importante evento pubblico, sia in più di una (almeno due o tre) occasioni durante l’ultimo anno, ci sarebbero stati controlli e rimostranze riguardo alla presenza o alla presentazione di libri che, sostanzialmente, mostrano una qualunque visione diversa dalla famiglia tradizionale. Per cui, che si trattasse di coppie allargate, omosessuali o altro, secondo qualcuno, quei libri non avrebbero dovuto essere a disposizione nel patrimonio a disposizione della cittadinanza, in questo caso alle famiglie e ai loro piccoli.
Senza scomodare parole come censura (o arretratezza culturale rispetto alle sensibilità del mondo moderno) abbiamo avuto conferma che mai vi era stato in passato un qualunque controllo sui libri o sulle attività presentate, nel rispetto di un ruolo, quello bibliotecario, che è completamente indipendente e garante di libertà e pluralismo. Slegato da ideologie personali e, ci sentiamo di dire, rappresentante di tutto ciò che è legale e civile in Italia, tra cui, appunto, l’esistenza di coppie diverse da quella considerata “tradizionale”, la cui definizione stessa appare ormai logora e antica.
Come ci è stato detto da qualcuno, sarebbe come “rimettere nuovamente le mutande ad una scultura di Michelangelo“.
Cosi, dunque: quale domani?
Nonostante le recenti rassicurazioni che sono state rilasciate la situazione delle aperture è chiaramente deficitaria e non sembra che le difficoltà imposte dai protocolli Covid abbiano impedito alle città vicine come Bologna Modena Parma e Reggio Emilia di avere orari di apertura ampia, spesso continuati per gran parte della giornata e libero accesso al prestito e alla restituzione, contrariamente a diverse biblioteche della nostra città che funzionano attualmente solo su prenotazione per via telefonica o via mail, con evidenti disagi.
Ma non ci pare il tema portante, per quanto enorme, se confrontato all’intervento diretto sulle scelte di archivio del personale delle biblioteche: a volte espresso sottotraccia, a volte invece, per quanto ci hanno raccontato e confermato, reale e sicuramente non adeguato all’idea alla base di ogni biblioteca: la conoscenza del sapere umano, senza filtri e soprattutto senza censure morali.
Dunque quale domani non ci è dato saperlo, ma speriamo di non doverne scrivere più, per un ritorno ad una rassicurante normalità, fatta di ampliamenti, incontri e scambio libero di idee, con lo spirito di scoprire, più che non di tentare di coprire.
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Nota a margine: nei giorni scorsi abbiamo chiesto un commento all’Assessore alla cultura Marco Gulinelli, lasciando il nostro recapito e informando la segreteria riguardo alle tematiche di questo articolo, per ospitare anche il suo contributo su questi temi, senza ricevere al momento della pubblicazione alcuna risposta. Sarà in caso nostra premura aggiornare l’articolo in un secondo momento.