

Il Cavo Napoleonico o Scolmatore del Reno è un canale artificiale multifunzione della pianura emiliana che collega i fiumi Reno e Po. Credo lo conoscano in tanti ma non lo scopo per cui è stato costruito. Tutto nacque da un’idea di Napoleone per risolvere un antico problema: le rotte del fiume Reno, progetto da realizzare con la massima urgenza.
Il primo ipotetico rimedio, risultato poi insoddisfacente, venne eseguito per ordine del Cardinale Lambertini, il futuro Papa Benedetto XIV, ma facciamo un passo indietro. Il Po passava originariamente per Ferrara, dividendosi nei pressi di San Giorgio in due rami: il Volano e il Primaro. Nel 1152 e nel 1192 ci furono due disastrose rotte che cambiarono la fisionomia delle nostre zone: si verificarono a Ficarolo, tanto che il Po aprì a settentrione un nuovo corso, lasciando secco il Po di Ferrara. Il Reno che sboccava nel Po di Ferrara, si trovò senza quello sfogo di cui aveva bisogno e di quando in quando, allagava le terre circostanti con gravissimi danni per la pianura bolognese.
Per questa ragione fra Bologna e Ferrara sorsero dispute secolari. Nella seconda metà del 1700 il Cardinale Lambertini fece collegare il percorso finale del Reno con la parte finale del Po di Primaro (Cavo Benedettino), alleggerendo così le ondate di piena che si verificavano a monte. L’attuale ultimo tratto del fiume Reno fino alla foce è infatti proprio l’antico letto del Po di Primaro. Ma tutto questo non era sufficiente perché le rotte erano più rare, ma si ripetevano comunque.
Qualcuno pensò allora di eseguire un collegamento con il Panaro, che risultava essere il tratto più breve tra la curva verso est del fiume e l’affluente del Po, ma le piene del Reno e del Panaro erano spesso concomitanti e pertanto il progetto fu accantonato perché potenzialmente inutile.
Finalmente intorno al 1810 il lavoro per un collegamento tra Reno e Po ebbe inizio (con l’impiego di migliaia di uomini), ma purtroppo nel 1814 con la caduta di Napoleone i lavori vennero sospesi e nessuno si occupò di riprenderli in futuro. Il fiume continuò a inondare le campagne nei momenti di estreme crisi di piena.
Nel 1949 e nel 1951 il Reno fece altri disastri a Gallo e a Poggio Renatico: furono proprio questi gli eventi che diedero la fatidica spinta per riprendere in mano la questione. Il Genio Civile di Bologna mobilitò l’Ufficio Speciale per il Reno perché affrontasse definitivamente il problema. Nel 1954 cominciarono i lavori a Sant’Agostino, che durarono fino al 1964 e nel 1966 venne aperta a Salvatonica la comunicazione con il Po.
Secondo il concetto iniziale, quello doveva essere il nuovo percorso del Reno e ne divenne invece lo scolmatore, qualora il livello di piena raggiungesse quote pericolose. In tempo di magra del Reno, l’acqua del Po può essere canalizzata in senso inverso ed essere utilizzata per irrigazione attraverso il Canale Emiliano Romagnolo (CER) che defluisce appunto dal Reno molto più a valle. Il Cavo inoltre è una grande “cassa di compensazione” per le rispettive piene del Po e del Reno.
Per la cronaca: nel 1956 un lotto di scavo canale e formazione degli argini del Cavo Napoleonico venne appaltato dall’impresa da cui io dipendevo e ne ho seguito personalmente la realizzazione. Queste notizie storiche le ho acquisite, come si suol dire, sul campo di battaglia. Ora e tempo di manutenzione seria e costante: gli argini sono vecchi e necessitano di un concreto controllo e riassetto perché il Cavo ha una importanza vitale e strategica. Già nel 2014 la Nuova Ferrara aveva segnalato la necessità di intervenire al più presto, prima che diventasse un pericolo per le persone e l’economia.
Ulteriori informazioni possono essere recuperate nel libro di Sergio La Sorda, edito nel 2015: “La Botte Napoleonica: storia geografia e idraulica”.
Florio Piva nasce a Ferrara il 12 Ottobre del 1931 e dopo un’infanzia serena è costretto a crescere sotto le bombe in un clima di fine del mondo. Mentre l’Italia rinasce, prende il diploma di Geometra al V. Monti nel 1952. Dopo il servizio militare (Ufficiale specializzato in posa e rimozione campi minati), esercita la professione per alcuni anni, poi inseguendo il lavoro, si trasferisce a Mantova. Dopo dieci anni, per lo stesso motivo, si stabilisce a Brescia dove tuttora risiede. Attualmente è in pensione. Voleva tornare a Ferrara, perché la ama a dismisura, ma non c’è riuscito. Appassionato di auto, con un riguardo a quelle d’epoca, fa qualche quadro, che piacciono a lui e ad alcuni amici compiacenti. Da qualche anno è rimasto solo. Scava nella la sua memoria piena di immagini affascinanti e, prima che svaniscano, le scrive.