Nota: per la realizzazione di questo articolo un piccolo gruppo di redattori di Filo si si è prestato, in modo totalmente volontario, a molteplici assaggi di cioccolato, in tutte le sue forme! 🍫
Quest’anno Marco ha ottenuto per il secondo anno consecutivo i tre coni del Gambero Rosso e il suo Teatro del Gelato è stato inserito nella guida delle migliori gelaterie d’Italia, unica nella nostra provincia. Lui è Marco Gruppioni, e oltre alla gelateria che si trova in piazza a Sant’Agostino, in provincia di Ferrara, da ormai quattro anni produce con una passione incredibile il cioccolato Rukét.
È uno dei 2 o 3 cioccolatieri italiani a produrre tavolette con il metodo bean-to-bar, una lavorazione totalmente artigianale fatta con prodotti di altissima qualità. Per fare il suo cioccolato Marco impiega 4 mesi, da quando arrivano le fave nel suo laboratorio fino all’incartamento delle tavolette. Produce circa 10.000 tavolette all’anno e il suo credo è “fare cioccolato naturale”, un prodotto il più sano possibile con meno ingredienti possibili, e infatti gli ingredienti che troviamo nel suo cioccolato sono soltanto due: fave di cacao e zucchero di canna. Provate a confrontarla con la lista ingredienti di una qualunque tavoletta che comprate in giro!
Lo andiamo a trovare in una mattina di fine gennaio nel suo laboratorio lungo la statale che entra a Sant’Agostino. Il laboratorio di Marco è un luogo dalle pareti color crema con pochi macchinari, tutti lucidi e puliti, con un forte e dolce odore di cioccolato che ti avvolge, insieme alla luce, quando entri dalla porta.
Come è iniziata la tua avventura nel mondo del cioccolato?
Dalle necessità della gelateria, per la produzione del gelato al cioccolato dovevo utilizzare cioccolato industriale, in cui sono presenti molti altri ingredienti oltre alle fave e allo zucchero di canna. Ho così deciso di provare a farmi il cioccolato da solo. La prima macchina per produrre il cioccolato l’ho acquistata su internet dall’India, loro la utilizzano per il riso, le spezie e i cereali. La utilizzo tutt’ora per fare prove e azzardi, perché mi consente di sperimentare su piccole dosi con facilità.
Da dove si inizia a raccontare il cioccolato? Ovviamente dalla materia prima: le fave di cacao.
Infatti, il nostro viaggio inizia nel caveau delle fave, dove la temperatura è costante a venti gradi e dove Marco conserva le fave provenienti dai principali paesi produttori di cioccolato. Un mappamondo attaccato al muro ci aiuta a ritrovarci nei paesi della fascia equatoriale della Terra, tra il Tropico del Cancro e il Tropico del Capricorno: Honduras, Nicaragua, Haiti, Ecuador, Tanzania, Indonesia, Vietnam, Repubblica Dominicana, Isole Salomone, sono i territori da dove provengono le fave di cacao che si trasformano nelle tavolette Rukét.
I produttori di fave da cui Marco si rifornisce sono tutti piccoli produttori, con un forte legame con la propria terra, che rispettano l’ambiente e i cicli naturali di produzione della materia prima. Dopo l’acquisto dell’ultima campionatura di fave provenienti dall’Indonesia, ha scritto a Dejan, il suo riferimento inglese nella piantagione, spiegandogli la tipologia di cioccolato che era riuscito a estrarre dalla loro materia prima. Lui gli ha raccontato che gli agricoltori si sono messi a ballare per la felicità.
Le fave di cacao, racchiuse nel cabosso, nascono su arbusti che possono arrivare fino a 10 metri di altezza, con foglie rade, in condizioni climatiche di particolare umidità e piovosità. I frutti nascono sporadici sulle piante, che hanno necessità di essere protette dal sole diretto, e quindi si diffondono nelle foreste sotto la protezione degli alberi più alti e rigogliosi, dove crescono e maturano lentamente; gli agricoltori le raccolgono manualmente una a una. All’interno del cabosso si trovano tra le 30 e le 40 le fave di cacao.
Poi i cabossi vengono portati ai centri di raccolta, dove vengono rotti o battuti con il machete, fino a estrarre una membrana gelatinosa e biancastra piena di zuccheri che durante la fase di fermentazione permette di estrarre tutti i profumi e gli aromi caratteristici di quella specifica fava. I semi e le loro membrane sono adagiati all’interno di casse per la fermentazione. Al termine del processo vengono puliti dalla membrana e le fave vengono stese su grandi piani di cemento o tavoli rialzati dove avviene l’essicazione. E un passaggio fondamentale, perché il prodotto deve essere ben essiccato quando viene insacchettato e poi spedito. In circa 2 settimane dalla raccolta le fave di cacao sono pronte per la spedizione e arrivano in Europa principalmente nelle warehouse di Amsterdam o Edimburgo, per poi essere spedite in tutti i paesi.
Cosa succede quando i sacchi di fave arrivano a Sant’Agostino?
Prima fase: la selezione. Le fave arrivano crude e una cernita manuale è effettuata direttamente da Marco e da suo nipote Mattia, che lo aiuta nelle attività di laboratorio. Setacciate e selezionate le migliori, vengono escluse quelle rotte o schiacciate.
Seconda fase: la tostatura. Marco tosta lentamente e a temperature molto basse, con massime che raggiungono i 140/145° C fino a scendere a 90° C con durate diverse. In questo modo la fava ha la possibilità di esprimere ed estrarre tutti i profumi secondari in modo lento ed esaltando sentori di fiori, spezie, erbe. Ogni tipologia di fava richiede una tostatura differente, spesso trovare la giusta tostatura significa sperimentare, azzardare, provare e riprovare fino a ottenere le condizioni perfette per esaltare il prodotto.
Terza fase: spaccatura e separazione (o vagliatura). Per spaccare le fave di cacao Marco utilizza un macchinario inglese che sminuzza il seme, e ottiene una graniglia molto profumata. Per separare i pezzetti di fava dalla buccia viene utilizzato uno strano macchinario, molto artigianale, una sorta di aspirapolvere, che aspira la buccia più leggera e lascia cadere per forza di gravità i granelli.
Assaggio. Per capire bene la differenza tra fave crude e cotte e sentire il loro gusto, le abbiamo assaggiate. Le fave che ci ha proposto Marco provengono dalle Isole Salomone, le abbiamo mangiate prima crude e poi cotte. Nelle fave crude abbiamo ritrovato profumi e sapori primari di verde e vegetali che evidenziano il sapore del frutto; nelle fave cotte abbiamo invece scovato i profumi secondari. Per mangiarle si possono sbucciare, come delle mandorle. La buccia, molto aromatica, può essere utilizzata per tisane, il Birrificio Non Retorico le ha persino utilizzate per produrre una birra (una Chocolate Stout ottenuta dalle bucce delle fave Mayan Red dell’Honduras). Le fave di cacao possono già essere mangiate, fanno molto bene e sono un’ottima fonte energetica; si possono usare in tanti modi: la mattina nello yogurt, nell’insalata per una nota croccante e dolce, nella realizzazione di dolci sempre per la parte croccante e per dare un sapore di cioccolato.
Quarta fase: raffinazione e concaggio. Le popolazioni antiche usavano una sorta di mortaio per realizzare il cioccolato, oggi viene utilizzato lo stesso procedimento con macchine a pietra, che assomigliano a un frantoio per le olive. La granella viene messa in queste macchine, i cilindri al loro interno emulsionano i due ingredienti che compongono i granelli (55% burro di cacao e 45% cacao) e dopo circa un giorno di pestatura diventa una massa a cui viene aggiunto zucchero di canna. Il composto continua a girare per altre 36 ore e non vengono aggiunti altri ingredienti, neanche il burro di cacao perché appiattisce le particolarità delle singole fave.
Quinta fase: riposo e temperaggio. Il cioccolato è stivato in grossi blocchi sottovuoto, messo a maturare in un luogo a temperatura costante di 20° a riparo dalla luce, per non meno di 2 mesi, per permettere la dispersione dell’acidità di troppo. In questo periodo avviene anche l’osmosi tra le molecole del cacao e dello zucchero di canna creando così una fluidità migliore.
Dopo il periodo di riposo, il cioccolato deve essere temperato, ovvero portato a una temperatura che ne garantisca croccantezza e lucentezza; le macchine per temperare hanno enormi rubinetti da cui sgorga continuamente cioccolato. Il temperaggio è l’ultimo passaggio prima di ottenere le tavolette; il cioccolato liquido è colato negli stampi, creati in Belgio, in policarbonato che riproducono il bugnato del Palazzo dei Diamanti, un piccolo omaggio alla territorialità che contraddistingue l’artigianalità di questa cioccolata.
A questo punto è venuto il momento di chiedere da dove deriva il nome Rukét.
Rukét nasce dalla confezione realizzata per le primissime tavolette prodotte, che la mamma di Marco cuciva con il rocchetto del filo, in dialetto “al rukét”; e il tratteggio rosso che ritroviamo anche oggi sulle confezioni vuole ricordare l’origine e il filo rosso con cui venivano confezionate le prime tavolette.
Anche oggi le tavolette vengono incartate e confezionate a mano, una dopo l’altra e infine timbrate; la mamma di Marco continua a essere la protagonista di questo ultimo passaggio d’autore. Le confezioni utilizzate oggi hanno una tasca che contiene la tavoletta e su ogni confezione è riportato il paese e il nome della piantagione.
Finalmente la degustazione!
Per godere appieno del cioccolato e scoprire tutte le sue note Marco ci consiglia di masticare appena il pezzetto, e di scioglierlo tanto in bocca, in modo da scoprire i diversi sentori che si sprigionano. Tutti i cioccolati Rukét contengono cacao tra il 70% e l’80% perché in questo range lo zucchero di canna esalta al massimo i sapori della fava.
Ecco una piccola guida all’assaggio:
Nicaragua 72%: Il cioccolato più facile tra quelli in produzione, molto rotondo, non ha particolari caratteristiche punte o picchi di sapore. Adatto a tutti.
Haiti 75%: uno dei primi che Marco ha prodotto, con note di sottobosco e legno, sentori di castagna.
Tanzania 72%: (piantagione Kokoa Kamili), uno dei più raffinati, dove abbiamo ritrovato note di tabacco; forse uno dei nostri preferiti tra tutti quelli provati.
Honduras 72%: al momento quello più pop e frizzante, con sentori di frutti rossi, ciliegia e cherry; un’acidità che lo contraddistingue profondamente; una consistenza completamente diversa dagli altri.
Isole Salomone 78%: è l’ultimo nato, con una nota affumicata, al suo interno ritroviamo la croccantezza data dalle ribs, le bucce delle fave che rimangono intere mescolate nel cioccolato.
Haiti 65% con Chartreuse 7%: con fave Haiti ha ottenuto un cioccolato aromatizzato al liquore Chartreuse, il famoso liquore prodotto con una ricetta segreta che comprende oltre tra 130 erbe, spezie, fiori e radici, dai monaci della Certosa di Voiron in Francia. È uno dei cioccolati più difficili prodotti da Marco, perché mettere un liquore all’interno di una tavoletta di cioccolato è un processo laborioso e presenta diversi problemi. Quello ottenuto è un cioccolato unico, molto più che aromatizzato, basti pensare che in 15kg di cioccolato c’è un litro di liquore Chartreuse. Consigliatissimo.
Ecuador 70% con Sangiovese: creato con le vinacce dell’azienda agricola Casa Emma in Toscana che vengono trasformate in polvere e aggiunte alla massa di fava di cacao e zucchero. Originale.
Repubblica dominicana 55%: unica cioccolata al latte perché la fava della Repubblica Dominicana è quella che sa maggiormente di cacao e cioccolato, gli ingredienti in questo caso sono 55% cioccolato, zucchero di canna, latte magro in polvere senza lattosio e burro di cacao che diventa l’emulsionante; il sapore di latte si sente solo inizialmente.
Bianco: la particolarità di questo cioccolato bianco è la sua non dolcezza, è ottenuto da un burro non deodorato che mantiene quindi tutte le sue peculiarità; anche il colore non è un bianco candido. Si sente la salvia, l’erba medica e il fieno.
Bianco e caffè: il classico caffelatte all’italiana, dopo aver ottenuto il bianco viene aggiunto il caffè; un caffè dell’Etiopia, sottile e delicato. Questo cioccolato viene ottenuto dopo oltre 100 ore di lavorazione.
Mi è venuta fame, dove lo trovo?
La storia di Marco è un inno all’origine e alla qualità delle materie prime, all’artigianalità delle lavorazioni e alla territorialità. Il suo cioccolato non sta sugli scaffali dei supermercati ma è distribuito con una attenta selezione. Lo potete assaggiare a Sant’Agostino al Teatro del Gelato, il rivenditore più fornito su tutte le varietà a disposizione, ma è anche distribuito in Italia, Germania e a New York.
A Ferrara è possibile trovarlo da: Macelleria Enrico Tortonesi, Manifattura Alimentare, Enoteca Botrytis, Ristorante Castadiva. Infine si compra online sul suo sito web: http://ruketchocolate.com
Se siete ancora un po’ curiosi e golosi, vi lasciamo con il video di Shahzeb Mohammad. Buon assaggio!
3 commenti
Bellissimo articolo.. Ma dove è s. Agostino???? Almeno la provincia potreste indicarla!
Buongiorno, è un paese in provincia di Ferrara, lo diamo per scontato perché il nostro magazine si occupa soltanto di Ferrara e provincia! Lo specifichiamo meglio nell’articolo, a scanso di equivoci.
Buongiorno
trattiamo prodotti esclusivamente naturali
saremo interessati al cioccolato.
Grazie