Storia di Rina Melli, prima giornalista ferrarese tra le donne braccianti d’inizio secolo

Rina Melli
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di Susanna Garuti
autrice diCome le donne diventeranno libere. Socialismo ed emancipazione nel giornale della ferrarese Rina Melli: Eva (1901-1903), 2018, Editrice Socialmente.

Non è vero che la propaganda socialista fra le donne sia impossibile; è semplicemente difficile. È apparsa impossibile perché non si è avuta la pazienza che scalza lentamente le difficoltà, che raddrizza le tenere piante storpiate, che desta i cervelli intorpiditi, che scalda le coscienze agghiacciate dalla schiavitù secolare […]. Occorreva una pubblicazione speciale, fatta con criteri pratici e con metodo sicuro. Questa pubblicazione è il nuovo giornale EVA: ci auguriamo risponda all’attenzione di chi lo compila.

Con queste parole apparse sul giornale socialista ferrarese La Scintilla il 15 giugno del 1901, Rina Melli presenta il suo progetto politico editoriale, un giornale di propaganda socialista pensato esclusivamente per le donne. Eva rappresenterà una primazia nel panorama dei periodici femminili tra l’800 e il ‘900, un giornale pensato per le braccianti delle campagne ferraresi a “quella folla dimentica di schiave, di malnutrite, di eterne gementi da Dio una felicità celeste”, le donne lavoratrici, la parte del proletariato più apertamente discriminato, sottomesso e malpagato. La donna lavora, produce ricchezze, fa come l’uomo, ma la sua subalternità nella famiglia e nella società la comprime in una dimensione prettamente domestica e privata, la invisibilizza negli spazi della cittadinanza e del riconoscimento sociale.

Rina Melli ne prende consapevolezza dall’intensa attività di propaganda a cui si dedica instancabilmente nei primi anni del Novecento dove tiene appassionati comizi tra i braccianti ferraresi e in molte altre zone della pianura padana e del Veneto, nelle regioni contermini dalla Toscana alla Liguria, e la vede partecipe nell’organizzazione di leghe, circoli e scioperi in un’ondata rivendicativa che nel 1901 nel territorio prese forma nel movimento sindacale contadino e nella nascita della Camera del Lavoro.

Rina Melli

Rina Melli unica donna nel gruppo dirigente del Partito Socialista ferrarese, intraprende la militanza giovanissima quando all’età di diciotto anni abbandona il tetto paterno per unirsi con matrimonio civile a Paolo Maranini già dirigente del partito e direttore de La Scintilla, trasferendosi nel popolare borgo di San Luca. Rina e Paolo si conoscono quando allo studente di farmacia di Copparo viene affidato il compito di impartire lezioni private alla primogenita di Cesare Melli e Linda Ancona, una famiglia appartenente alla ricca borghesia ebraica di Ferrara, ai quei tempi vero e proprio motore della città nella finanza, nel commercio, nell’industria e nelle professioni.

Il padre di Rina di attitudine laica contrariamente alla madre ebrea osservante tanto da mangiare solo kosher, gestisce una grossa ditta di cancelleria, vivono in una condizione agiata in diverse residenze del centro storico, sono ebrei usciti dal ghetto, occupano spazio nel tessuto economico sociale cittadino. I fratelli Melli ricevono una robusta educazione laica, Rina studia le lingue straniere che coltiverà negli anni divenendo traduttrice, Roberto scultore e pittore è tra i maggiori esponenti della Scuola Romana, Anna Maria con il marito pedagogista Ernesto Codignola fonda la scuola-città Pestalozzi, Elio è commerciante e proseguirà l’attività di famiglia.

La copertina di The Ferrareser dedicata a Rina Melli, illustrata da Laura Massaro

A suscitare clamore sarà Rina, la “Giovanna d’Arco del movimento agrario nella provincia di Ferrara” ne dirà Louis Jadot, collaboratore di una rivista francese di politica estera, “una minuscola ribelle innamorata dell’azione, un’agitatrice, un’organizzatrice pratica, intrepida e serena”, si legge su La Giustizia diretta da Camillo Prampolini. “Colei che guidava le folle degl’infelici in vari famosi scioperi e che scrive quel meraviglioso giornaletto Eva” rimbalzerà dalla Voce del Popolo dell’Associazione nazionale italiana di San Francisco, consacrandola definitivamente eroina del proletariato.

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Il suo ardore alla propaganda socialista si traduce al primo congresso delle leghe di miglioramento nel maggio del 1901 a Ferrara, nell’adesione di 38 leghe femminili contro le 56 maschili, un importante risultato di crescita e riconoscimento nella battaglia per la causa comune. La ramificazione delle leghe comincia seriamente a preoccupare gli agrari e i cattolici-clericali, guidati dal conte Giovanni Grosoli tra i principali esponenti della potente Opera dei Congressi e proprietario del giornale La Domenica dell’Operaio, ossessionato dai periodici coevi tanto da denunciare un inesistente blocco politico, un “pericolo rosso e giudaico-massonico” di cui naturalmente Paolo Maranini e l’ebriuzza Rina Melli erano fautori.

A rimarcare l’immagine di Rina restituita dalle pagine de La Domenica dell’Operaio di donna piena di nervoso, bugiarda e sfacciata, ci pensa la Prefettura di Ferrara che iscrive nel Casellario Politico la Melli quale prima donna attivista a Ferrara e così riporta al cenno biografico:

Tra i suoi compagni di partito è tenuta in grande estimazione per pratica utilità propagandistica. Dalle persone d’ordine è giudicata una donna leggera esaltata e superficialissimamente isterica. Manifesta un carattere altezzoso e talvolta violento, ha più che discreta intelligenza […]. È infaticabile nella propaganda e il giornale “Eva” è quasi interamente scritto da lei […]. Verso la famiglia ha tenuto un contegno biasimevole procurando ai suoi genitori, persone dabbene, ogni sorta di dolori, fra cui quello di abbandonarli per unirsi col Maranini del quale solo da poco tempo è moglie. È frequentatrice assidua dei socialisti più fanatici di questa città.

Rina non trova ostacoli nel mero perimetro della discordanza politica, spesso le battute d’arresto maturano in casa propria asserendo che se non fosse stato per alcuni maestri come Prampolini che aiutarono a diffondere Eva “nonostante le balordaggini che ci molestavano”, il giornale non sarebbe neppure uscito per i compagni di Ferrara che “ci derisero e urlarono contro”.

Fino all’ultimo numero, uscito nell’agosto del 1903 quando la redazione era già a Genova, è Rina che scrive, edita, pubblica e sovvenziona interamente Eva:

Non può essere civile una società che ha nel suo seno chi è continuamente oppresso e chi continuamente opprime. Incivile quindi la società nostra che ha legittimato l’ingiustizia, accordando ad alcuni uomini il diritto di opprimere tanti loro fratelli, e all’uomo quello di opprimere la donna. I padroni levando le catene dal collo degli schiavi antichi, non levarono le catene dalla loro coscienza e – liberatili – seguitarono a far credere loro che i signori sono la grazia di Dio in terra e che i lavoratori devono, per la volontà di Dio e della natura, chinare umilmente il capo sotto la sferza dello sfruttamento che si compie su di loro. I lavoratori – avviliti e incapaci di pensare – lo credettero, come le donne, credettero di essere creature inferiori destinate ad ubbidire ciecamente ai desideri del padre, del marito e del fratello senza mai protestare, senza mai giudicare.

La militanza la porta sulle terre bonificate, tra le capanne di fango e paglia dove intere famiglie vivono in condizioni miserrime, braccianti a giornata coi visi bruciati dal sole e le piaghe della pellagra, la malattia della fame, protagonista tra gli scioperanti, ne scrive la cronaca perché non sono solo conquiste ma anche sconfitte. Abbraccia un socialismo umanitario, ne diventa apostolo in chiave evangelica, predica un ritorno agli ideali egualitari e di solidarietà cristiana anteposti al potere clericale. Il lavoro in Eva è centrale, considerato volano del riscatto sociale ed emancipatorio viene raccontato, al pari dell’intero impianto editoriale, adottando una cifra stilistica semplice e immediata. Gli articoli sono spesso sotto forma di dialogo, parabola, si pubblicano lettere e vi è l’uso del romanzo d’appendice. L’intento educativo della Melli esce tutto dai suoi editoriali “noi non vogliamo fare del femminismo ma del socialismo”: è la nuova fede che redime dalla schiavitù e dalla sottomissione perché “la questione della donna non si può separare dalla questione operaia”.

Nonostante la forte fidelizzazione al partito che la portò a spostarsi anche all’estero e alle numerose esperienze e collaborazioni con importanti testate, non da ultima La Difesa delle Lavoratrici fondata da Anna Kuliscioff, è con Eva che Rina Melli compie la sua vera rivoluzione.
Dai campi alle officine, Eva persevera nella sua lotta a favore delle donne per un salario equo, condizioni di lavoro migliorative in termini di orario, prevenzione e sicurezza, tutela della maternità, contro l’analfabetismo e per garantire un’istruzione laica e gratuita, per i diritti civili voto e divorzio, per la parità in famiglia.

E per la libertà: libere di lavorare, libere di pensare, libere di scegliere, libere di essere.
In fondo poco è cambiato.

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