

Quello di Pier Paolo Pasolini (PPP) per la città di Ferrara è un amore molto forte, ma forse poco noto. Ed è innanzitutto un legame familiare: Enrichetta – una zia materna, sorella della madre Susanna Colussi – sposò infatti il ferrarese Antonio Naldini, pilota di auto da corsa (e nei registri di leva indicato come chauffeur) nato a Ferrara il 26 maggio 1893. Sarà la guerra a portare Antonio in Friuli – più precisamente a Casarsa, in provincia di Pordenone, terra di Pasolini -, assieme a Carlo Alberto Pasolini, padre di Pier Paolo.
Una famiglia (un po’) ferrarese
Antonio Naldini aveva un fratellastro «fornaio e comunista», Giuseppe – che Carlo Alberto Pasolini, fascista, sembra volesse denunciare come «sovversivo» – e una sorellastra, Rosa, anche lei nata a Ferrara ed emigrata a Casarsa il 4 ottobre 1923, forse assieme ad Antonio. Giuseppe e Rosa erano figli di Massimo Naldini ed Ernesta Chiozzi, Antonio è figlio di Massimo Naldini e risulta come figlio di Ernesta Chiozzi solo nei registri di leva (non in quelli dell’Archivio Storico comunale di Ferrara): è nato 5 mesi dopo il loro matrimonio, è quindi o frutto di una relazione extraconiugale del padre (madre ignota), oppure la famiglia Naldini è una famiglia affidataria e Antonio era un bambino esposto. La famiglia Naldini (padre, madre e tre figli) dal 1901 abita in via Borgo dei Leoni, 132, come attesta l’Archivio Storico comunale di Ferrara.

Il ramo materno di Pasolini, i Colussi, invece dovette abbandonare la casa di Casarsa dopo Caporetto nell’ottobre 1917. Scrive Enzo Siciliano: “Al momento della ritirata di Caporetto, i Colussi sfollarono: si rifugiarono a Ferrara presso i Naldini, la famiglia del fidanzato di Enrichetta”. Al ritorno, le cose non andavano bene, ma anni dopo «Enrichetta aprì una cartoleria accanto al portoncino d’ingresso» di Casa Colussi. Proprio al primo piano di Casa Colussi, dopo la morte del vecchio Domenico nel ‘28, andarono ad abitare anche i coniugi Enrichetta e Antonio Naldini, e poi pure i loro figli Anna Maria, Franca e Domenico detto “Nico”, l’unico dei tre figli a non essere nato a Ferrara.
Nico Naldini – cugino e collaboratore di Pasolini, morto nel 2020 – in un’intervista al CorSera nel 2011 racconta così di Antonio: “Mio padre, che era un pilota di automobili da corsa, dopo il matrimonio, a 21 anni, ebbe il morbo di Parkinson. Venne ricoverato in cliniche di lusso con medici che promettevano la guarigione in cambio di quote mensili tremende: in realtà per calmarlo un po’ allora c’era solo l’estratto di belladonna. Mia mamma spese così anche i soldi che non aveva e l’infanzia mia e delle mie due sorelle fu di totale povertà”. Suo padre sarebbe morto nel ’50: “Non ho avuto rapporti con lui, se non nell’aiutarlo a vestirsi o a scendere le scale. Mia mamma l’ha difeso anche contro di noi: era dedita completamente a lui e si inventò diversi mestieri, per colmare i debiti”.

Ho avuto modo di parlare personalmente al telefono con Graziella Chiarcossi, figlia di Anna Maria Naldini e Umberto Chiarcossi, e cugina di Pier Paolo Pasolini, con cui visse a Roma dai primi anni ‘60, insieme alla prozia Susanna Colussi. Del nonno Antonio, Graziella mi racconta: «Il mio unico ricordo diretto è legato al giorno della sua morte a Casarsa della Delizia, nella vecchia casa di famiglia. Mio zio, Nico Naldini, non ha voluto che mia sorella e io entrassimo in camera perché eravamo bimbe». Siamo nel 1950, Graziella ha 7 anni. “Nei miei ricordi – prosegue -, nonno Antonio è solo una persona malata. E per lungo tempo dopo la sua morte ho fatto compagnia a nonna Enrichetta dormendo nel lettone insieme a lei”.
L’amico Giorgio Bassani
A legare Pasolini a Ferrara è anche Giorgio Bassani, come lui nato a Bologna e morto a Roma. Un’amicizia particolare, quella fra i due, accomunati non solo dall’amore per l’arte e la letteratura ma anche dalla condizione drammatica di discriminati: il primo come omosessuale, il secondo come ebreo.

Quando erano studenti all’università di Bologna, i due condivisero l’insegnamento di Roberto Longhi, docente di Storia dell’Arte che lasciò un segno profondo su entrambi. Nonostante questo legame, avevano idee politiche diverse: Pasolini era vicino al PCI, Bassani era un liberal-socialista prima iscritto al Partito d’Azione poi al PSI (in realtà anche PPP da 20enne simpatizzò per il PSI di Saragat). Bassani si trasferì a Roma sei anni prima di Pasolini e fu proprio Bassani a introdurre Pasolini nel cinema, coinvolgendolo in alcune sceneggiature a cui collaborava, a partire da La donna del fiume (1954) di Mario Soldati. Ai primi di marzo del ‘54 i due partono in macchina da Roma “alla volta di Ferrara, per compiere sopralluoghi nelle paludi di Comacchio”. Il 14 marzo ’54 da Roma PPP scrive a Biagio Marin che è a Trieste: “Caro Marin, sono secoli che devo scriverti, ma: prima ho dovuto fare un viaggetto a Ferrara e Comacchio, e son tornato a Roma con un’angina e il connesso febbrone […]”.

Oltre a Bassani, PPP ebbe anche un’altra amicizia ferrarese: quella con la poetessa e traduttrice Giovanna Bemporad (Ferrara, 1923 – Roma, 2013), anch’essa studentessa al Liceo Galvani di Bologna e che con PPP trascorse il periodo della guerra vicino Casarsa. Nel 1955 Bassani e Pasolini lavorarono insieme alla sceneggiatura dal romanzo di Jean Hougron Il sole nel ventre (1952), ma poco si sa di questo progetto per Lattuada, che non vide mai la luce. Tra il 1956 e il 1958 i due lavorarono come sceneggiatori per La Cittadella Film: rimasero irrealizzati un adattamento da Rosso Malpelo di Verga, i soggetti Il grande carcere. La fuga di Filippo Turatti e Arrivare, dal racconto Il dio di Roserio di Giovanni Testori, e la sceneggiatura di Sabato sera o Fuoco di paglia, da un romanzo di M. Teresa Nessi. In seguito PPP collaborò all’adattamento di Florestano Vancini del racconto di Bassani Una notte del ’43 (1956) (La lunga notte del ’43, 1960). Diventato regista, Pasolini chiamerà Bassani per affidargli il doppiaggio di Orson Welles nel film La ricotta (1963), episodio di Ro.Go.Pa.G. e lo stesso anno gli assegnerà una delle due «voci che leggono» ne La rabbia (1963).
Paola Bassani, figlia di Giorgio, ha scritto riguardo a questo rapporto sodale: “Pier Paolo è entrato davvero nell’intimo della sua letteratura, scrivendone, del resto, pagine bellissime. Ha anche fornito a mio padre consigli tecnici decisivi. Basti un esempio: al tempo delle Cinque storie ferraresi, il papà (e lo attesta il carteggio con l’editore Einaudi) era incerto sulla disposizione dei cinque racconti ed è stato proprio Pasolini a convincerlo del fatto che l’ordinamento cronologico fosse quello migliore. Mio padre a sua volta è stato un editor occulto delle Ceneri di Gramsci. Si leggevano a vicenda, discutevano”.

Misteri dalle lettere
Dei legami fra Pasolini e Ferrara parlano anche le lettere: esistono tracce frammentarie che parlano di una relazione del poeta con la nostra città, indebolitasi sempre più dagli anni ’60. L’11 febbraio 1950 è da poco arrivato a Roma con la madre e scrive all’amica Silvana Mauri: “Mia madre, forse, si sistemerà presso una signora di Ferrara, molto simpatica: la sistemazione sarebbe ottima: ma se la cosa non dovesse andar bene, allora mi rivolgerei senz’altro a quella tua amica”. Non sappiamo chi sia questa signora di Ferrara perchè mancano altri riferimenti, ma vien comunque da pensare la madre non sia mai stata sua ospite. Il 10 luglio 1955 PPP da Bolzano invia questa lettera ai genitori: “Miei carissimi, sono stato due giorni a Ferrara. Adesso sono di nuovo a Bolzano, ma solo per questa sera: domani mattina partiamo per Ortisei dove ci fisseremo definitivamente a lavorare per 20 giorni”. A Ortisei, PPP avrebbe realizzato con Giorgio Bassani e col regista Luis Trenker la sceneggiatura del film Il prigioniero della montagna. Ma non spiega perché si è fermato due giorni a Ferrara: forse è stato ospite di Bassani? Non vi è traccia sul Carlino locale dell’epoca. Un altro mistero estense è nella lettera del novembre ‘56 che da Roma scrive a Nico Naldini, dove PPP cita un misterioso «vitellone ferrarese»…

In un’altra lettera da Roma del 4 dicembre ‘58 ai redattori di Officina a Bologna, PPP scrive: “[…] A Milano non potrò esserci il tredici, perché devo lavorare alle mie quattrocento pagine. Però è quasi sicuro che verremo a passare il natale e il capodanno in Emilia (Parma, Ferrara, Ravenna e Bologna) con Moravia e la Morante: così ci vedremo mentre Officina è nel forno […]”. Il 19 dicembre 1958 a Roma, però, muore suo padre, e quindi forse PPP rimanderà queste vacanze per stare con la madre. Nel luglio 1959 PPP è a Siracusa e nel suo diario accenna al suo amore per la nostra città: “Avevo sempre pensato e detto che la città dove preferisco vivere è Roma, seguita da Ferrara e Livorno. Ma non avevo visto ancora, e conosciuto bene, Reggio, Catania, Siracusa”.
A Ferrara, di passaggio
Il 21 settembre ‘53 PPP visita Casa Ariosto a Ferrara, come risulta dal registro delle firme. Sul Giornale dell’Emilia dell’epoca, però, non ve n’è traccia. Tornerà a Ferrara il 26 febbraio 1962 per intervenire a Casa di Stella dell’Assassino (via Cammello) in un incontro organizzato dal Comitato Cittadino Manifestazioni Culturali. Sulla rivista Ferrara del 1985 (n. 6) si riportano le parole iniziali di PPP: «…soltanto pochi giorni fa ero lontanissimo da qui…alle sorgenti del Nilo…in una cittadina chiamata Juba nell’estremo sud del Sudan…tanto che se avessi pensato a Ferrara mi sarebbe sembrato un punto infinitesimale senza importanza…che l’esperienza momentanea mi rendeva estraneo e lontano…». Andò lì, oltre che in Congo e in Ghana per cercare «un posto adatto» per le riprese del film Il padre selvaggio, mai realizzato. Inoltre, Vittorio Sgarbi nel catalogo Arte e letteratura nel nome di Roberto Longhi. Bassani, Pasolini, Testori racconta di aver incontrato Pasolini nel 1970 a Casa Ariosto.

L’ultimo legame che possiamo tracciare tra Pasolini e Ferrara è forse proprio il pensiero ferrarese con cui ha scritto la sua ultima lettera in epistolario, prima dell’assassinio del 1975. In quella lettera, indirizzata alla cugina Graziella Chiarcossi, Pasolini cita il suo testo scritto per la mostra di Andy Warhol Ladies and Gentleman inaugurata il 26 ottobre 1975 a Palazzo Diamanti. Il testo, dattiloscritto da Pasolini poco prima della morte, è oggi conservato nell’archivio delle gallerie di Arte moderna e contemporanea di Ferrara.
Fonti bibliografiche
P. P. Pasolini, Lettere 1940-1954, 1986. P. P. Pasolini, Lettere 1955-1975, 1986. Angela Felice (a cura di), Storia di una casa. Pier Paolo Pasolini a Casarsa, 2015. Barth David Schwartz, Pasolini Requiem, 1992. Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, 1978. Nico Naldini, Mio cugino Pasolini, 2000. Davide Ferrari, Gianni Scalia (a cura di), Pasolini e Bologna, 1998. Alessandro Gnocchi, PPP. Le piccole patrie di Pasolini, 2022. Simonetta Savino, Alda Lucci (a cura di), Bassani, Pasolini, Trenker: una singolare collaborazione, 2010. Paola Bassani, Se avessi una piccola casa mia. Giorgio Bassani, il racconto di una figlia. Marco Antonio Bazzocchi, Antonio Chiesi (a cura di), Pasolini e Bologna. Gli anni della formazione e i ritorni, 2022.

Nato nel 1983, vivo a Ferrara e dal 2012 lavoro come giornalista. Dal 2015 scrivo per “La Voce di Ferrara-Comacchio”, da alcuni anni per “Avvenire” e in passato per “La Nuova Ferrara” e “Listone Mag”.
«L’unica cosa che conta è l’inquietudine divina delle anime inappagate».
(Emmanuel Mounier)