Se vendiamo, andiamo in pensione domani, dice un edicolante. Lo scorso anno, durante il primo lockdown erano davvero poche le attività aperte: farmacie, supermercati, tabacchi e le edicole. Una attività ritenuta essenziale, necessaria in particolare per il bisogno di informarsi e capire cosa stava succedendo. Ma la realtà da anni è un’altra e sotto gli occhi di tutti: le edicole stanno chiudendo, una dopo l’altra, una lenta agonia di quei piccoli, spesso esterni gabbiotti aperti tutto l’anno e che contribuiscono a dare forma alle nostre città, ai quartieri che frequentiamo.
“Magari si vendono un pò gli sportivi, il lunedì, anche alle persone più giovani, perchè c’è la partita. Oppure ci sono le persone che hanno più di cinquanta, sessant’anni. Quelle rimangono: alcuni miei clienti hanno anche provato ad abbonarsi in digitale ai quotidiani ma poi sono tornati indietro. Non fa per loro, non è un linguaggio che gli appartiene, hanno bisogno di un giornale in mano.“
Nelle ultime settimane abbiamo fatto un giro tra diverse edicole del centro di Ferrara, per parlare con chi le tiene aperte, per capire quanta aria ci sia ancora per questo tipo di attività. “Beh, le edicole sono un po’ tutte destinate a estinguersi”- ci dice una signora, che lavora in una di quelle più grandi, in una grossa arteria centrale della città che porta al centro. Lo dice, come tutti, in tono laconico, senza rabbia: un dato di fatto votato a maggioranza assoluta.
“Il fatto è che non vale la pena fare questo sacrificio: il numero di ore lavorative è elevatissimo, il guadagno risicato. L’unica strada per vivere è diversificare: libri, fumetti, gadget, proposte di ogni tipo. Ancora meglio chi affianca l’edicola ad altre categorie, un tabacchi, un bar. L’edicola pura ha poco futuro”.
Tende la mano verso la piazza ed elenca altre edicole guardando avanti, un lungo elenco di attività in vendita, spesso da anni, a prezzi sempre più bassi, in uno scenario che rende ovviamente difficile pensare ad un investimento a lungo termine.
Chi investe in un settore destinato a diminuire, anno dopo anno?
“Ci si sveglia tutte le mattine alle 4, alle 5, quasi tutti i giorni dell’anno. Chi è disposto ad un sacrificio così grande per un ritorno così piccolo? Non certo i giovani. Magari qualche signore o signora di cinquanta o sessanta anni, che si ritrova senza lavoro e prova ad arrivare alla pensione”. Ed in effetti pare vero: in tutte le edicole in cui ci siamo fermati le persone a lavorarci raramente avevano meno di 50 anni. Spesso oltre i sessanta. La sensazione è di una resistenza, una conta che volge al termine, ogni piccolo chiosco chiuso è un leggero ossigeno perchè libera qualche vendita per quelli che rimangono, che pure vedono diminuire il loro pubblico e allora arrancano, sopravvivono, con le parole “vendita” e “pensione” davanti.
Cosa è scomparso e quali sono i salvagenti.
“Internet ha cambiato tutto: ad esempio tutta la pornografia che c’è su Internet oggi non esiste più come riviste e video venduti in edicola. Ed era una quota abbastanza rilevante del mio guadagno: è difficile sapere se siano cambiati i tempi, le abitudini o le persone, fatto sta che quegli incassi si sono persi” racconta un edicolante sull’uscio d’ingresso del suo chiosco.
Che probabilmente si mangerebbe le mani a sentire un altro collega, quel signore che viaggia per i settanta anni (“se trova qualcuno che mi compra l’edicola, me lo faccia sapere” dice ridendo, ma è risata che ha un retrogusto amaro) e che invece un pò se la gode “tanti hanno rinunciato al mercato del materiale per adulti, qualcuno come me ha resistito e beh: un po’ ne vendo”.
Non è la sola potenziale ancora di salvezza: la fotografia dagli edicolanti è di un popolo frequentato da estremi, anziani e bambini o giovanissimi. Le figurine Panini, ad esempio, che in un mondo digitale mantengono quasi intatto il loro fascino, così come i fumetti, vera e propria scialuppa di salvataggio di un’altra edicola piuttosto grande e rifornita, in una zona vicina a diverse scuole e che (anche) su questo riesce a sostenersi. O ancora, a seconda delle zone (e del passaggio dei più piccoli) la vendita di quella miriade di piccoli giochi o gadget a basso costo di cui i canali tematici per bambini sono pieni (se siete genitori, sapete di cosa parliamo). Magari anche per piccoli fenomeni passeggeri. “Qualche anno fa ci fu un vero boom di quei cosi, (i fidget spinner) per esempio. O gli slime, sono cose che si vendono.”
L’anno della pandemia: solo la curva temporanea di una retta.
“Un piccolo cambiamento, durante quel primo lockdown, fu il grande aumento di vendita dell’enigmistica. D’altra parte, per uscire, c’erano due strade: portare fuori il cane o andare in edicola e vista la grande quantità di tempo libero, l’enigmistica è stata una bella risposta, con nuovi clienti. Un fenomeno che esiste ancora, ma siamo tornati a livelli normali pre pandemia come vendite.” – ci racconta un edicolante.
Non si sono create nuove abitudini, insomma, contrariamente ad un mercato del libro che invece è rinato in maniera insospettabile, due opposti percorsi che forse raccontano di una disaffezione degli italiani verso la carta stampata, una polarizzazione verso la televisione e i social che intrecciano linguaggi e temi portanti, mentre i grandi giornali non riescono più ad esercitare il ruolo riconosciuto di informazione, in particolare di lettura critica della realtà. O più nobilmente, di guardiani della politica. Per il resto, a quanto ci raccontano le varie persone intervistate entra in gioco anche la storia culturale del paese. “Gli italiani leggono poco, per tradizione: non siamo un popolo di lettori, forse non lo saremo mai. E Internet ha cambiato tutto anche in termini di abitudini.
“Persino io, che vivo in mezzo ai giornali, se devo leggere una notizia velocemente, apro il telefono. Si fa prima, è più immediato.” confessa un edicolante.
Forse, ci viene da pensare è tempo di pensare ad un giorno delle edicole: come il Record Store Day, dove ci celebrano i negozi di dischi, altra piccola istituzione che resiste al passare del tempo trovando insperati fenomeni come il ritorno del vinile, forse un giorno all’anno dove riabituarci a leggere un quotidiano, un settimanale o una qualunque fonte di approfondimento ci potrebbe fare bene.
Perchè ci imporrebbe qualcosa che raramente ci concediamo: il dedicare tempo esclusivo alla sola, lenta, obsoleta attività di informarsi e capire qualcosa di più del mondo.