

Non a tutti piace l’estate, ma è innegabile che le settimane attorno Ferragosto siano una sorta di bolla sospesa nel vuoto del regolare flusso del tempo. Tutto si ferma anche per chi stacca con fatica dalla routine professionale, perché, dall’altra parte, nessuno risponde al telefono o alle email. In questi giorni, c’è chi parte di corsa allo scoccare dell’ora X dell’ultimo giorno di lavoro, preparando le valigie la sera prima; chi invece deve superare lo spleen dei primi giorni di ferie, perché anche queste vacanze finiranno e i meno ottimisti lo sanno fin da subito (e non possono fare a meno di pensarci). C’è anche chi si lascia prendere dalla disperazione della corsa alla partenza, tra pulizie, valigie, famiglia da sistemare, e il gas l’avrò chiuso? O chi non ha nemmeno accarezzato l’idea di modificare l’ormai testato itinerario letto-divano-giardino evitando lo stress organizzativo del viaggio con la tipica mossa da boss del limbo del futuro di Neo (Millennial joke).
L’esodo interessa anche la nostra redazione che vanta almeno un esemplare per ogni categoria citata. Eppure c’è un’abitudine che ci accomuna: la scelta ponderata e precisa della lettura – o letture – delle vacanze. La domanda “Tu cosa ti porti da leggere?” ha iniziato a circolare tra chat e ufficio; nel giro di pochi giorni qualcuno aveva già riempito un Excel.
Perché non condividere i nostri consigli con voi? Sappiamo di avere tanto in comune dato che ci fate l’onore di leggere i nostri articoli. Vi immaginiamo in cerca di una lettura estiva con la stessa nostra passione. Dunque, ecco i modesti pareri della nostra redazione, con l’augurio di passare giorni di “felicità ad oltranza”, come li chiamava Ugo Cornia in un piccolo ma importante libriccino, e di liberarvi anche solo per un po’ di tutte le incombenze della quotidianità, perché ogni minuto di pausa possa acquistare il migliore dei significati.
Chi dice e chi tace, di Chiara Valerio (Sellerio, 2024)
Ho un discreto pregiudizio per la funzionalità delle edizioni Sellerio (che sono bellissime, ma la copertina blu si rovina e scolora solo guardandola), e dell’autrice conoscevo solo il discorso funebre per un’amica che avevo visto in un video su Instagram – il più bel discorso funebre da molto tempo a questa parte, comunque. Chi dice e chi tace non è il mio genere, l’autrice non mi sta particolarmente simpatica, la storia non è epica o wow, e persino la scrittura mi è risultata difficile perché è disordinata e faccio fatica quando ai dialoghi non fanno corrispondere le virgolette. Ma è un libro che mi è piaciuto tantissimo: una storia normale, una città di provincia, un corpo trovato morto in una vasca da bagno. L’ho consigliato a chiunque perché lascia il segno, non saprei dire che tipo di segno, perché credo possa essere diverso per ogni lettore e lettrice. E questo mi pare un grande merito.
Silvia Franzoni
La vita normale, di Yasmina Reza (Adelphi, 2025)
I libri che ho amato di più nella vita sono andati fuori distribuzione.
Una premessa scoraggiante per Yasmina Reza che, fortunatamente, ha una carriera bella solida alle spalle. Questo è il suo ultimo lavoro e mi è stato consigliato tempo fa da una scrittrice vera. Meno di 200 pagine per brevi, a volte brevissimi, racconti scolpiti a mano dall’arte unica di Yasmina Reza. Più volte mi sono fermata a pensare “questa frase, con queste parole così semplici e impeccabili, allacciate alla perfezione, vorrei davvero averla scritta io”. I quadri de La vita normale sono frammenti di vite così diverse: da quella invidiabile della scrittrice, a quelle di un campione di imputati seduti al banco, in attesa della loro sorte. Reza è stata capace di creare piccoli e potenti cortocircuiti nel mio cervello, raccontando – sempre con le parole giuste – tutti i dettagli ed entrambe le facce di una medaglia spesso giudicata da un sistema davvero troppo rigido. O forse scrive solo così bene che mi ha stregata.
Clelia Antolini
Problemi, di Jonathan Zenti (Blackie Edizioni, 2022)
D’estate, che la vacanza sia al mare, in montagna o in una città deserta, proverai a portarti dietro un libro. E nella maggior parte dei casi non avrai certo voglia di affrontare il classico mattone-polacco-minimalista-di scrittore-morto-suicida- giovanissimo (cit.), se non per una foto da mettere su Instagram. Visto che in vacanza ci andrai (anche) per ignorare temporaneamente i problemi che ti aspettano in agguato a casa o nella casella mail del lavoro, Problemi di Jonathan Zenti mi pare la scelta giusta. In dodici capitoli brevi l’autore esplora l’assurdità del presente mescolando ironia, riflessioni personali e spunti su una moltitudine di argomenti. Patriarcato, cancel culture, Gay Pride e femminismo, diritto al narcisismo, terapia e privilegio, gli influencer. Non troverai soluzioni facili, ma domande che ti restano addosso e ti spingono a guardare la realtà con occhi nuovi. È un libro che si legge in poco tempo, ma che ti accompagnerà anche dopo aver chiuso l’ultima pagina.
Alessandro Orlandin
Cigni selvatici. Tre figlie della Cina, di Jung Chang (TEA, 2010)
Avevo nove anni quando, in un piovoso pomeriggio di inverno, vidi mio fratello maggiore leggere Cigni selvatici. Il titolo mi incuriosì subito. Provai a iniziarlo, ma capii presto che non era ancora il mio momento. Anni dopo l’ho ripreso dallo scaffale dove era rimasto silenzioso per un po’ e dire che mi ha travolta sarebbe riduttivo. In questo libro ancora oggi bandito in Cina, l’autrice racconta tre generazioni di donne – quelle della sua famiglia – e un paese in costante trasformazione. Un secolo di storia cinese, dall’epoca dei “Signori della Guerra” fino alla “Rivoluzione Culturale”. Ma è un libro che parla anche di corpi – modificati, controllati, sacrificati – come quello della nonna con i piedi fasciati o quello della madre segnato da scelte imposte dal regime. In un momento storico come questo, in cui si torna a discutere di libertà individuale, diritti, ideologie e memoria, è un libro che andrebbe letto (o riletto).
Cecilia Roversi
Digressione, di Gian Marco Griffi (Einaudi – Stile Libero, 2025)
È un romanzo enorme – più di mille pagine – che sembra voler raccontare tutto, letteralmente tutto: quello che c’è, quello che c’era, quello che non c’è ancora, e quello che non potrà mai esserci. La storia parte da Asti, una provincia come tante che qui diventa centro di un universo stralunato dove Mussolini finisce esiliato a Pantelleria ad allevare asini, c’è gente fissata con il golf, lobby di dentisti criminali, sette religiose. Il protagonista, tormentato da un senso di colpa per un fatto accaduto in adolescenza, si aggrappa a un libro misterioso, un oggetto mitico, su cui chiunque l’abbia posseduto ha lasciato appunti, disegni, note, come un diario collettivo pieno di contaminazioni. È un tour iper-accumulativo di linguaggi, riferimenti letterari strani (da Borges a Pynchon), ucronie e digressioni. Digressione è un romanzo titanico, che vomita un universo intero su Asti e sul personaggio principale, un libro che ti chiede di perderti per poi ritrovarti cambiato. Se ti va un’avventura letteraria fuori dagli schemi, questo è roba per te.
Paolo Bevilacqua
La stanza di sopra, di Rosella Postorino (Neri Pozza, 2007)
Ho un’istintiva simpatia per chi viene dimenticato e ignorato. Per chi sta fuori, e per me La stanza di sopra sta fuori. È il romanzo d’esordio della scrittrice (che dieci anni dopo pubblica Le assaggiatrici), è un libro un pò piccolo, duecento pagine, una vicenda intima, un continuo scavo in una giovane anima. Eppure è splendido e scoprirlo un po’ per caso è stato come assaggiare un cibo mai provato e trovarlo così buono da essere familiare: è la dolorosa storia di Ester, ragazzina che vive come sospesa durante il passaggio da bambina a ragazza (forse donna), sotto il corpo immobile di suo padre in coma da anni al piano di sopra, e intorno a cui fluttua un’altra vita sospesa, quella della madre. Ester vuole iniziare a respirare, a sbocciare e allo stesso tempo vuole solo spegnersi, cullarsi nel silenzio. È una lampadina intermittente, che sprigiona luce e cerca buio, affamata di parole e di errori, affamata di vita. Ci vuole fegato a scrivere (e a leggere) un esordio così, e sarebbe un peccato considerarlo un libro minore. E quindi.
Alessio Falavena
Mr. Mercedes, di Stephen King (Sperling & Kupfer Editore, 2014)
Scegliere Stephen King è una garanzia: scrittura essenziale e ben costruita, lontano dalla tediosa ipotassi che fa venire il latte alle ginocchia. Stefano Re è la prova vivente che anche nel pop c’è qualità. I suoi libri sono spesso un ottimo punto di partenza per riflessioni profonde dell’animo umano e della società: non a caso è stato il primo, e unico uomo assieme a David Bowie, ad essere protagonista di una puntata del podcast Morgana di Michela Murgia. Ma veniamo a noi, Mr. Mercedes è il primo capitolo di una trilogia dedicata al detective Hodges, ormai in pensione, che si ritrova a indagare su un vecchio caso usando solo il suo ingegno. Con questo libro King si misura per la prima volta con il genere poliziesco, e ci riesce alla grande. Un thriller teso, con un tocco raccapricciante in stile King. Unico avvertimento: se decidete di leggerlo vi serviranno subito anche gli altri due.
Lucia Diez
Verrà l’alba, starai bene, di Gianluca Gotto (Mondadori, 2024)
Verrà l’alba, starai bene è un libro che consiglio perché arriva dritto al cuore, senza bisogno di grandi frasi. Parla di rinascita, di salute mentale, di fragilità, e di quella forza silenziosa che ci permette di andare avanti anche quando tutto sembra fermo. Il romanzo contiene anche alcuni insegnamenti che derivano dall’ayurveda, ed è entrato nella mia vita nel momento giusto, quando avevo bisogno di sentirmi compresa. Le parole dell’autore mi hanno fatto sentire meno sola, come se qualcuno mi stesse davvero ascoltando. La protagonista affronta il dolore con dignità, e il suo percorso diventa quasi terapeutico per chi legge. Lo stile è semplice ma intenso, capace di far riflettere senza appesantire. È un libro che lascia qualcosa, che resta dentro, e che ti ricorda che anche nei giorni difficili, prima o poi, tornerà l’alba e starai bene.
Debora Clerici
Weyward, di Emilia Hart (Fazi, 2023)
Una storia che ci porta in tre epoche diverse – nel 2019, 1942 e 1619 – vissuta da tre protagoniste. Kate ha un segreto e scappa verso una nuova vita e un cottage ereditato da una zia stramba vista solo una volta, Violet rinchiusa in casa da quando sua madre non c’è più e costretta alla vita da signorinanquando in realtà vorrebbe solo arrampicarsi sugli alberi e studiare libri di biologia, e infine la guaritrice Altha che è appena stata accusata di stregoneria e in procinto di affrontare un processo a causa di una strana morte avvenuta in paese. Tre donne legate fra loro dall’amore per la natura e da un dono speciale capace di creare cose belle ma anche di perdersi nell’oscurità. Weyward è un inno alla resilienza femminile con una narrazione che si dipana come un incantesimo. Un libro che affronta anche temi forti come la violenza patriarcale, ma sempre attraverso un pizzico di magia e leggerezza.
Marta Gatti
Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano, di Chandra Livia Candiani (Einaudi, 2021)
Esistono libri che sono prati: ci si sdraia, si ascolta. In Questo immenso non sapere Chandra Candiani scrive come si respira, piano. Parla di alberi, di lutti, di gentilezze dimenticate e stupori minimi: un vecchio olmo simile a un uomo stanco, un cane incontrato per strada, un pupazzo di giraffa che allunga il collo verso il mondo. La sua scrittura è un sentiero disordinato, pieno di appunti e tremori, come i pensieri che ci attraversano prima di dormire. È lì che Candiani coltiva la leggerezza: non quella frivola, ma quella che sa farsi amore vero, compassione attenta, cura silenziosa. Perfetto per l’estate, quando si ha più tempo per non sapere. Da leggere a piedi nudi, tra una nuotata e un pisolino, o anche su un balcone cittadino, mentre il sole si fa strada tra i palazzi. Per ricordarsi che la delicatezza è una forza antica. E che guardare davvero è un esercizio rivoluzionario.
Sara di Sabatino
Per sempre, di Susanna Tamaro (Giunti, 2011)
Esiste il per sempre? Dentro al cuore di chi ama, sì. Ma l’amore vero, a volte, non è presenza. In questo dialogo intimo che è il libro, un insegnamento apparentemente scontato viene elargito in maniera impeccabile: l’accettazione di ciò che non possiamo cambiare dona la pace interiore. Il dolore di Matteo causato dalla perdita della moglie Nora si trasforma in un’occasione di rinascita interiore. Fuggendo dalla monotonia della vita rumorosa della città, Matteo compie una scelta di vita drastica: vivere come un eremita in un piccolo spazio lontano da tutto, riscoprendo l’autenticità della natura. Tutto questo in compagnia unicamente di quello che più amava da piccolo: gli animali. Paradossalmente, questa fuga dalla realtà, lo aiuterà a riavvicinarsi ad essa anche grazie ad accadimenti alquanto inaspettati e sorprendenti. Per scoprirli, leggete questo libro, non scartatelo solo perché le storie dolorose fanno paura.
Ludovica Zambelli
Ps: il libro di Ugo Cornia che abbiamo citato all’inizio è Sulla felicità a oltranza (Sellerio, 1999), nel caso vogliate recuperarlo.
Clelia nasce a Ferrara il 5 gennaio 1988, in una famiglia di artisti che tenta di salvare la creatura dal tremendo e precario mondo dell’arte, per più di 20 anni. A maggio 2017, nell’Aula Magna del DAMS di Bologna, mamma Alessandra-musicista e papà Franco-restauratore accettano di aver cresciuto una cantante laureata in Storia Dell’Arte. Oggi è copywriter per l’agenzia Dinamica, scrive racconti brevi per amore delle parole, e collabora con le associazioni culturali ARCI Contrarock ed Officina MECA.