Flavia Mastrella e Antonio Rezza compongono da oltre trent’anni un consolidato e affermato duo artistico nell’ambito teatrale. Sono tante le definizioni che si possono attribuire a Mastrella: artista, scultrice, regista, scenografa oppure come sarebbe più appropriato e vicino alla realtà, ideatrice e creatrice di habitat. La questione diventa leggermente più ardua se si tenta di inquadrare Antonio Rezza, che sostiene di non potersi concepire né attore né performer, “non posso definirmi attore, non servo stati d’animo di altre persone e non servo il sentimento, non sono nemmeno un performer – in alcuni casi, si definiscono tali anche coloro che leggono davanti a un leggio; quindi sono Antonio Rezza nell’esercizio delle mie funzioni meno emulabili”.
Si sono conosciuti per un lavoro fotografico, mi informano ambedue durante la chiacchierata che facciamo a margine dello spettacolo Fratto_X, al Teatro Comunale, da oggi a domenica 8 maggio. Il duo artistico debutta a Ferrara insieme a Ivan Bellavista, con questo spettacolo del 2012, per chiudere la stagione di prosa 2021-2022. Ambedue conoscono bene la città estense, ma è la prima volta che sono stati invitati a rappresentare un loro spettacolo. “Non che non ci avessimo provato” ci tiene a precisare Rezza.
Partiamo dal principio: come vi siete conosciuti?
Rezza: Nel 1990 abbiamo realizzato un’esposizione fotografica sull’espressività del volto umano, che era mio, attraverso le deformazioni. La mostra si chiamava I Visi…goti, le foto erano di Angelo Frattini, mentre il progetto è stato ideato insieme a Massimo Camilli. Dopo la realizzazione di questi scatti, chiesi a Flavia di delineare delle cornici per queste installazioni somatiche. Questo avviene nella città che non nomino più, perché ci hanno tolto il posto dove lavoravamo. Però, è anche giusto dirlo, è la città di Nettuno che ci ha cacciati da quei luoghi, infatti adesso siamo in causa…
Mastrella: Ultimato quel progetto abbiamo continuato a lavorare insieme perché avevamo la stessa urgenza. Io non mi occupavo assolutamente di teatro, mi interessavo di arte figurativa e in generale, di comunicazione. L’incontro con Antonio avviene in un periodo in cui non trovavo possibilità di fare nulla, perché avevo un pensiero troppo diverso, non riuscivo a inserirmi, mentre con lui funzionava.
La loro sinergia lavorativa è un’ulteriore comprova dell’ineccepibile dialogo tra arte e teatro, della possibilità di unire due mondi indipendenti in progetti unici e memorabili. Flavia Mastrella che si definisce figlia del Fluxus si occupa principalmente degli spazi, crea gli habitat – “luoghi da vivere”, mentre Antonio Rezza vivendo gli spazi, scrive in seguito i testi. Insieme limano la forma finale e decidono il ritmo dell’intero spettacolo. Curiosa la percezione dello spazio scenico come un habitat e tale scelta lessicale è motivata da Mastrella come “una realtà non al servizio della drammaturgia, creo in base a una mia ricerca personale, che poi va ad arricchire tutto il contenuto dello spettacolo; ogni volta che facciamo un lavoro, subentra una specie di rinascita, nel senso che cerco sempre di azzerare il discorso formale del lavoro precedente e di affrontare nuove forme di ambiente per poi passarle ad Antonio ed è lì che si rinnova tutto, e come rinascere tutte le volte”.
Nel loro caso più che di compensare l’uno con l’altro e un’affermazione delle proprie individualità, che poi confluiscono in una squadra di fuoriclasse, come sostiene Rezza “lavoriamo insieme, però ognuno con la propria visione, non per forza bisogna allinearsi su tutto; su un pensiero morale sì, però sulle deformità delle visioni ognuno è libero di agire come desidera, quindi possiamo affermare che ci compensiamo attraverso il rispetto”.
Nel 2018 arriva il riconoscimento istituzionale e vincono il Leone d’oro alla carriera, alla Biennale di Venezia, momento di enorme soddisfazione e gioia per ambedue. Mastrella confidava che quello non fosse considerato come punto d’arrivo “ho ancora tanto da dire e quindi possiamo considerarlo come punto di partenza”. Per Rezza è un segnale importante, soprattutto considerato che è un premio istituzionale conferito a “due persone indipendenti che non hanno mai presso un soldo dallo stato per fare i loro spettacoli”.
Come nasce l’idea alla base dello spettacolo Fratto_X e cosa significa il titolo?
M: Insieme ad Antonio volevamo fare una trilogia sulla civiltà numerica: il primo spettacolo era 7-14-21-28 e poi il secondo proprio Fratto_X. Durante la preparazione di questa serie, la civiltà numerica si è concretizzata in un attimo, quindi ci siamo fermati a due. Anelante che doveva chiudere questa trilogia, alla fine viaggia su un’altra dimensione. Personalmente ho lavorato sull’influenzamento, sul plagio della fantasia, facendo per due anni un lavoro di ricerca sull’immagine fotografica. Ho fotografato le luci in movimento sulle strade e l’ultimo tratto della ricerca è stato l’habitat per Fratto_X che sono due fasce di stoffa che stimolano un raggio luminoso; è una stoffa che sembra pelle e quando non è illuminata sembra luce, che dà forma a questi corpi antropomorfi, se vogliamo mostruosi, che cercano di influenzare l’altro. È un lavoro che parla per appunto di plagio.
R: I titoli vengono in mente alla fine quindi in questo specifico caso non c’è un significato preciso però posso dire che è uno spettacolo molto matematico. All’interno di questa pseudo narrazione teatrale c’è un personaggio che sarebbe Rita da Cascia che teorizza sulle nostre esistenze, che viviamo tutti sotto a un fratto che ci uccide, e che l’orizzonte è il più grande fratto dell’umanità quindi, Fratto_X è l’incognita di quello che siamo. È uno spettacolo all’insegna dell’ironia, del paradosso, che ricorda vagamente il mondo di Bene o di Artaud, a cui ci sentiamo moto legati soprattutto a livello filosofico. Quando affermo che lo Stato non deve finanziare la cultura mi dicono “tu stai citando Bene oppure Canetti” ma io non sto citando loro perché è su ciò che si pensa che bisogna essere uguale, altrimenti non ci sarebbe la filosofia comune, ma su ciò che si fa, bisogna essere diversi. Abbiamo il dovere morale di essere esteticamente diversi da ciò che faceva Bene o Artaud o da quello che scrive Cioran o Canetti per esempio, però se il pensiero morale, al di fuori dell’arte, coincide, questo significa che c’è un’associazione di persone rette.
La regia è firmata da entrambi, con metodo diverso. Per Flavia Mastrella lo spettacolo è come una scultura “è tutto materia, do valore di materia anche alle parole, non faccio differenza tra la regia e l’habitat e già durante la creazione di quest’ultimo che inizia il concetto di regia. Il testo è scritto, anzi (mai) scritto, come si specifica nella scheda tecnica, da Antonio Rezza, “i miei testi li scrivo alla fine, non credo nel teatro scritto; non posso fidarmi di ciò che la mente mi propina mentre il corpo è seduto e non soffre il patimento della stanchezza o del fiato corto, non mi fido del corpo inerme; le parole sono figlie del corpo, del gesto, trascrivo tutto ciò che è nato durante il movimento, quindi scrivo attraverso il setaccio della memoria”. La parola lega il corpo alla forma e la scena diventa corpo a sua volta.
Una peculiarità di questo spettacolo rispetto agli altri da voi ideati e realizzati?
M: Probabilmente è uno dei lavori più maturi che abbiamo fatto.
R: Beh, il genio assoluto! Forse, è il nostro sperimento pop più riuscito, è involontariamente pop perché lega chiunque, è la dimostrazione che ciò che è bello è per tutti. Uno spettacolo unico, come tutti i nostri spettacoli.
Lo spettacolo parla di esistenza, identità, moltiplicazione, frammentazione, “per noi il frammento è importante, come diceva Cioran ‘nel frammento è più difficile mentire, perché non hai tempo'” aggiunge Rezza e presenta tutti i presupposti per una pièce imperdibile.
Per chi volesse concedersi un’esperienza indimenticabile, Fratto_X è in programma il 6 e il 7 maggio alle ore 20:30, mentre domenica 8 maggio, alle ore 16 al Teatro Comunale Claudio Abbado. Inoltre, per scoprire qualche ulteriore curiosità, sabato 7 maggio alle ore 12, la compagnia incontrerà il pubblico al Ridotto del Teatro.