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Non guardano, non parlano, ma innovano: la storia dei manichini Bonaveri fatti nientemeno che a Renazzo

Non guardano, non parlano, ma innovano: la storia dei manichini Bonaveri fatti nientemeno che a Renazzo

Storia di Bonaveri, che ha trasformato il manichino in un linguaggio parlato in tutto il mondo
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Ci sono realtà artigianali che, più di altre, raccontano cosa significhi trasformare un’intuizione in una forma, e successivamente una forma in un linguaggio. Bonaveri è una di queste: un’azienda che nasce negli anni Cinquanta da mani che modellavano la carta in figure allegoriche e che oggi dialoga con i più importanti brand internazionali del fashion system. E lo fa con i manichini. Un oggetto apparentemente banale per un qualunque negozio di abbigliamento o sartoria, ma che in realtà cela al suo interno una complessità quasi insospettabile.

Andrea e Guido Bonaveri hanno proseguito una tradizione di famiglia avviata dai coniugi Romano e Adele a Renazzo di Cento, ad una trentina di chilometri da Ferrara. Insieme al loro staff portano nel mondo una tradizione che è insieme artigianato, ricerca e visione e che ha è da poco stata riconosciuta col Premio Innovatori Responsabili 2025 della Regione Emilia-Romagna per il progetto “BNATURAL. Manichini sostenibili per una moda etica”.

Con Filo Magazine abbiamo avuto modo di assistere alla presentazione milanese di Bonaveri Décor, il nuovo marchio che amplia l’universo estetico dell’azienda verso il design d’interni. Dentro il pop-up store 10 corso Como, The 10 Collection appariva come un atlante materico di memorie, gesti scultorei e citazioni d’archivio: pezzi iconici reinventati in bioresina, miniature in marmo, forme astratte che sembrano dialogare con chi le osserva. Non solo opere d’arte al servizio della moda, ma elementi che abitano lo spazio con un’autentica presenza artistica, capaci di raccontare la continuità di una visione che evolve in continuazione. Un’estensione naturale del linguaggio Bonaveri, che continua a muoversi tra tradizione, estetica e sperimentazione.

Grazie all’aiuto di Andrea Bonaveri proviamo a entrare dietro le quinte di un percorso che ha saputo unire memoria e innovazione, scultura e tecnologia, territorio e dimensione globale. Un viaggio che parte da un paesino e arriva in tutto il mondo, per capire come si evolve un saper fare antico e come si costruisce un’estetica capace di attraversare decenni. Ma soprattutto sapere come nasce un manichino che non si limita a mostrare un abito, ma ne mette in risalto la storia e il valore.

Bonaveri è un brand che esprime al meglio il connubio fra arte e scienza. Come nasce questa idea e come è diventata parte integrante di un sistema della moda internazionale in continua evoluzione?
Bonaveri nasce dall’intuizione di nostro padre Romano, che nel secondo dopoguerra modellava figure allegoriche per i carri di Carnevale: da quell’esperienza nacque la sua vocazione nel plasmare corpi e dare vita a forme che raccontano storie. I primi manichini erano interamente realizzati a mano in cartapesta e gesso, con un approccio quasi scultoreo. Negli anni abbiamo saputo far evolvere questa eredità artigianale, fondando ufficialmente l’azienda nel 1953 e integrandola con tecnologie avanzate, nuovi materiali e ricerca estetica. Oggi Bonaveri produce circa 15 mila manichini all’anno ed è riconosciuta come punto di riferimento internazionale, con una presenza capillare nei principali mercati globali. Abbiamo diverse linee e ognuna di esse esprime un diverso linguaggio estetico. I nostri manichini sono scelti dai grandi brand internazionali perché uniscono design, sostenibilità, innovazione e una qualità che rimane autenticamente artigianale“.

La realtà di Bonaveri affonda le sue radici in una delle tradizioni artigiane più importanti della nostra provincia, quella dei carristi del Carnevale di Cento. È possibile al giorno d’oggi trasmettere alle nuove generazioni le competenze per un artigianato che coniughi tradizione e innovazione? E a tal proposito avete attivato dei percorsi dedicati?
La manualità che veniva espressa con carta e gesso per i carri del Carnevale di Cento ancora oggi ispira ogni fase del nostro processo produttivo. Nel tempo abbiamo trasformato questa tradizione in una forma evoluta di espressione, integrando tecnologie innovative, materiali sostenibili e un approccio sempre più sperimentale. Le collaborazioni con il Politecnico di Milano e l’Università di Bologna ci hanno permesso di affiancare l’artigianato a una solida base di ricerca e sviluppo, ma anche di costruire un dialogo continuo con i giovani talenti. Siamo infatti spesso coinvolti in progetti con diverse università italiane di moda, dove partecipiamo con lezioni dedicate o mettendo a disposizione i nostri manichini per sfilate ed eventi accademici. Crediamo che questo scambio sia fondamentale: non solo per trasmettere un mestiere, ma per condividere una visione culturale e tecnica capace di rigenerarsi nel tempo, mantenendo viva la tradizione attraverso l’innovazione“.

Inoltre, tra le iniziative future, l’azienda ha in programma la creazione di un’accademia interna volta a formare nuove professionalità, in particolare nei campi della sartoria e della scultura.

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A proposito di dialogo fra tradizione e innovazione, una delle sfide degli ultimi anni è stata quella di sviluppare un prodotto più sostenibile e siete riusciti a introdurre sul mercato un modello d’avanguardia in tal senso. Come ha preso vita questo progetto?
L’innovazione è sempre stata una leva strategica per Bonaveri. Fin dalle origini abbiamo saputo trasformare la nostra tradizione artigianale in una forma evoluta di espressione, integrando estetica, funzionalità e soluzioni all’avanguardia. Il progetto del manichino sostenibile si inserisce proprio in questa visione: è nato con BPlast, la nostra bioplastica derivata dalla canna da zucchero, e con BPaint, vernici naturali a basso impatto ambientale. Parallelamente, abbiamo ridisegnato i nostri imballaggi in chiave eco-friendly, ricevendo per questo due premi speciali CONAI. Guardando al futuro, lavoriamo sull’integrazione di materiali come bioresina e fibra di lino, sull’evoluzione tecnologica per rispondere alla crescente domanda di personalizzazione. Vogliamo continuare a innovare con responsabilità, facendo del Made in Italy un modello di equilibrio trabellezza, etica e tecnologia“.

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Il tessuto economico ferrarese non è una delle realtà più semplici in cui fare impresa e, in particolare, riuscire a portarla a livelli internazionali. Qual è stato il vostro punto di forza?
Credo sia l’equilibrio tra coerenza e innovazione: abbiamo saputo crescere senza snaturarci, mantenendo un altissimo livello di qualità, costruendo relazioni solide e personalizzando i prodotti in base alle esigenze di ciascun cliente e mercato. Un manichino non è solo una struttura funzionale. Deve comunicare un linguaggio e un valore. La scultura è il cuore e al tempo stesso il punto di partenza del nostro lavoro: attraverso la modellazione, l’argilla, il gesso, si plasmano quei dettagli che rendono un manichino credibile. Questa collaborazione tra tecnica e arte è ciò che ci distingue e che ha contribuito al nostro successo globale. Abbiamo saputo unire la tradizione artigianale con l’innovazione tecnologica grazie a una profonda passione per questo lavoro, che si riflette nella qualità e nell’anima dei nostri prodotti. È questa identità forte, fatta di estetica, etica e capacità di innovare, che ci ha permesso di conquistare la fiducia dei grandi marchi della moda internazionale“.

Quanto è importante, per un’azienda internazionale come Bonaveri, mantenere le proprie radici sul territorio?
L’azienda è storicamente radicata in Emilia-Romagna, dove è cresciuta grazie a un contesto ricco di saperi artigianali, cultura del design e relazioni con il mondo accademico e industriale. Questo legame con il territorio ha rappresentato una base solida su cui costruire il nostro percorso di crescita internazionale, permettendoci di innovare senza mai perdere la nostra identità“.

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