Se non schiocchi le dita apprezzi solo a metà: ecco a voi il Poetry Slam
I 30 anni, i ritorni e un problema serio: il (primo) libro di Edoardo Righini è una commedia cinica
Ancora tu, Esterno Verde, ma non dovevamo vederci più?

I 30 anni, i ritorni e un problema serio: il (primo) libro di Edoardo Righini è una commedia cinica

E se il ritorno alla provincia fosse la risposta giusta all’inadeguatezza di un modello di società votata alla performance?
Iscriviti al nostro canale Whatsapp

Edoardo Righini nasce a Ferrara, frequenta il liceo Ariosto e poi si trasferisce a Milano. Parallelamente agli studi e al percorso lavorativo, comincia a raccontare sui social la realtà quotidiana con video sempre ironici: oggi è un content creator che conta quasi 300.000 follower su Instagram. Ha pubblicato un podcast dal titolo Trentennamenti per riflettere sul drammatico passaggio dei trent’anni , è stato presentatore lo scorso anno dell’edizione cittadina del TEDx e si è lanciato in una nuova avventura: pubblicare un libro con Mondadori.

Penso di avere un problema serio è sugli scaffali delle librerie di tutta Italia da qualche mese, ma sabato 13 settembre sarà presentato a Nuova Terraviva (dopo un pranzo collettivo): per prepararci, abbiamo chiamato Righini. Lo abbiamo trovato a Milano.

In alcune interviste sembri un po’ nasconderti dal fatto che hai scritto un libro”. Ricordo che ti sei definito “uno scrivente, più che uno scrittore”. Partiamo proprio da questo: come è stato entrare nel mondo della scrittura?
In realtà è stato un esercizio molto difficile, sicuramente una delle cose più complesse da fare in assoluto. Scrivere è un lavoro che chiede grande costanza e dedizione, per una persona tendenzialmente pigra e procrastinatrice come me è stato complesso: diciamo che un libro è un amante molto esigente. E questo era il mio grande timore: sono un buon lettore, ho fatto il Classico, ho sempre amato la letteratura e ho sempre avuto un po’ di timore reverenziale nei confronti dei libri. Quando mi è stato proposto di scriverne uno ho avuto parecchi dubbi, non ero sicuro di essere all’altezza. Poi mi sono ricordato di qualcosa che si dice spesso: se non ci si mette mai alla guida di una bicicletta non si può sapere se si è in grado di pedalare. E quindi: buttiamoci, mi sono detto.
A pensarci oggi, non mi sento di dire che il libro sia venuto come volevo, non credo di essere stato capace fino in fondo di dire quello che volevo: però ad un certo punto questa cosa la devi accettare. Quello che ho scoperto è che un libro vive di vita propria, i percorsi e le cose che emergono lungo la scrittura è come se le decidesse il libro stesso: io alla fine sono stato solo uno strumento.

Nel libro c’è un tema dominante, che sembra essere il senso di inadeguatezza rispetto al tempo che passa e al diventare adulti.
Se dovessi spiegare quale è il focus del libro, più che l’inadeguatezza, penso che direi che tutto nasce da una riflessione ancora più piccola. È un libro sui ritorni: la mia generazione, quella degli anni ’80 o ’90, vedeva le partenze come una cosa positiva, le persone andavano via per andare a lavorare a Londra, Parigi, Milano, uscire dalla provincia era un riscatto. Mi sono reso conto, dopo tanti anni a Milano, che molti hanno deciso di fare l’inverso, di tornare, ed è una tentazione che tocca un po’ tutti a un certo punto. Ecco il tema che mi sono sentito di sollevare è questo: ma il ritorno è sempre negativo? È sempre e solo segno di fallimento? Il ritorno alla provincia è una risposta giusta a quella inadeguatezza che una città come Milano, ad esempio, ci infonde? E quando dico Milano intendo quel modello di società che abbiamo in testa, una società molto performante, molto rapida, volta solo alla performance. Il taglio che ho dato al mio libro è quello che uso anche nel mio racconto quotidiano sui social: un racconto molto cinico, sarcastico e qualche volta anche un po’ crudele. Ho preferito dare un taglio fantozziano al racconto, provare a fare un libro che sia anche riflessivo ma tramite l’arma dell’ironia e dell’umorismo.

Quindi possiamo dire che hai voluto immergerti in quel frammento di narrazione che è un po’ la critica comica degli italiani agli italiani: quella dove ridiamo di noi stessi, dei nostri difetti, anche se in realtà stiamo un po’ parlando male di noi.
Non voglio sembrare un megalomane, perché penso a riferimenti altissimi, però, per dirti: ho una passione per la commedia all’italiana, è la sintesi perfetta per raccontare l’esistente con un sorriso ma sapendo benissimo che è un sorridere che non nasce dalla stupidità, dalla sciocchezza, ma dalla consapevolezza, dall’amarezza che fotografi. Ne ridi per sopravviverne: ecco penso al film Amici Miei , a quelle opere che rivelano un po’ l’assurdità del contesto in cui viviamo.

Prima di salutarti: sabato sarai a Terraviva per presentare questo libro. Tu ti sei costruito un percorso importante sui social e sei abituato a metterti in gioco in prima persona. Ma com’è parlare di un’opera propria e incontrare le persone dal vivo?
Dentro allo schermo siamo tutti piccoli e piatti, ma quando sei nel mondo reale acquisti una nuova dimensione: è molto diverso, ed è qualcosa di non banale. Incontrare altre persone è un bell’esercizio: in qualche modo si crea un rapporto che non è quello unidirezionale dei social, che si sintetizza in un like, un cuoricino, o poche parole di commento. Tutto diventa più vero e acquista un significato maggiore: è una figata stare con gente che esiste. E sono grato di avere avuto la possibilità di scrivere questo libro perché mi sta permettendo di incontrare veramente le persone, vedere che non siamo solo numeri. È anche una esperienza che mi ha portato a conoscere realtà diverse: sono stato a Milano, sarò a Vicenza, Bologna, Torino, Forlì, Reggio Emilia e devo dire che non è banale andare a presentare un libro e parlare davanti a cinquanta persone, nemmeno davanti a quattro. Mi sono capitate entrambe le esperienze, ma quando sei lì ti dimentichi del conteggio, dei numeri, fossero anche quattro persone è comunque un momento di comunità vera, di condivisione. E come diceva Vecchioni: al di là del torto e della ragione, contano le persone. E conta che ci siano queste persone che hanno avuto il desiderio di venire a sentirti, di incontrarti, addirittura di avere letto il tuo libro ed è una cosa di cui bisogna avere una riconoscenza infinita e ho imparato, anzi, sto imparando che non è per niente scontato che accada.

La sensazione è che tu sia estremamente orgoglioso di questo libro e di questo percorso.
Ti dico due riflessioni su questo: in generale mi piacerebbe sempre di più non essere solamente una figurina social, vorrei entrare nel mondo reale, quello mi interessa veramente. I social sono un mezzo per arrivare al mio fine e me lo devo ricordare tutti i giorni: non sono il punto di arrivo ma un punto di passaggio, quello che resta è quello che succede fuori dalle piattaforme, non dentro. L’altra riflessione è che questo aspetto di confronto mi sta insegnando l’umiltà: alla fine di strada ce n’è veramente tanta da percorrere, per ottenere i risultati che hai in testa ci vuole veramente impegno e alla fine nella vita di tutti i giorni contano i numeri, ma poi i numeri non sono tutto. Non ti danno una posizione privilegiata, la realtà ti fa stare sempre con i piedi per terra e questo è un bell’esercizio di controllo.

Inserzione pubblicitaria

“C’è una cosa che mi ha emozionato. Era fine estate, stavo risalendo a Milano e mi hanno detto che il mio libro era in vetrina sul Listone. Ho ritardato la partenza per andare a vederlo, effettivamente il libro c’era e la cosa che mi ha colpito è stata la presenza, poco sotto, di un libro di Giorgio Bassani. Ho pensato alla mia professoressa del liceo e ho pensato, in fondo, che Bassani mi poteva anche perdonare. “


Edoardo Righini presenterà Penso di avere un problema serio sabato 13 settembre alle ore 15 all’associazione Nuova Terraviva.
Modera Eugenio Ciccone

La prenotazione all’evento è gratuita

INFO: Il libro sulla pagina autore di MondadoriPagina Instagram di Edoardo RighiniPagina Facebook

Iscriviti al nostro canale Whatsapp
Lascia un commento Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articolo precedente

Se non schiocchi le dita apprezzi solo a metà: ecco a voi il Poetry Slam

Articolo successivo

Ancora tu, Esterno Verde, ma non dovevamo vederci più?

Inserzione pubblicitaria