Dal 2005 si celebra il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, dedicando un pensiero collettivo alle vittime dell’Olocausto. In quel giorno del 1945, le truppe sovietiche arrivavano ad Auschwitz per liberare i superstiti. La tragedia, l’orrore del genocidio nazista lascia sgomenta una generazione dopo l’altra: il tempo passa, ma fortunatamente nessuno dimentica.
In un contesto in cui – si sente spesso dire – la pandemia ha reso tutti più individualisti, diventa sempre più delicato ed importante parlare di memoria collettiva per ricordare che siamo in tanti su questa terra, e che nessuno dovrebbe essere lasciato indietro; ricordare tristemente gli orrori che l’umanità ha compiuto su sé stessa, ricordare che siamo fortunati ad essere nati in un’altra epoca, in un’altra nazione, in un’altra famiglia. È importante sapere, senza entrare in questioni politiche ma rimanendo semplicemente e soltanto sul piano umano e morale, che questo mondo è ed è stato vittima di tante tragedie innominate: genocidi crudeli e atrocità con altri volti, altre storie, altro dolore, che fanno parte della storia di un mondo senza scrupoli e, a volte, senza sufficienti informazione né ricordi.
Da un’idea di Moni Ovadia, direttore artistico del Teatro Comunale di Ferrara, è nata la prima edizione della Settimana delle Memorie, con un obiettivo chiaro: riportare alla memoria, appunto, i crimini dell’umanità e contro l’umanità che hanno segnato la storia recente, certamente con un’attenzione particolare nei confronti della Shoah. Uno sguardo più ampio su un dramma condiviso, che solo attraverso confronto e discussione può essere ricordato e riconosciuto per la sua atrocità. Dal 25 al 30 gennaio, dunque, il Teatro Comunale di Ferrara sarà la sede di conferenze, proiezioni, spettacoli e presentazioni di libri sul tema delle memorie – al plurale.
A fare da guida lungo questo percorso, lo storico Franco Cardini sarà moderatore della maggior parte delle tavole rotonde. “Si tratta di argomenti decisamente delicati e difficili da affrontare – racconta Cardini -, capiterà di dire cose che non piaceranno a tutti, ma io e Moni abbiamo una certa libertà di pensiero in comune: le etichette per noi lasciano il tempo che trovano. A parte l’amicizia che ci lega, siamo due persone che cercano di pensare con la propria testa, e non a quello che sarebbe giusto, opportuno, vantaggioso o furbo pensare”.
Sul palco, dunque, una memoria scomoda e, in certi casi, rimossa, senza retropensieri o schieramenti. Ci si limiterà – se così si può dire – a ricordare e informare in modo che un piccolo seme possa germogliare nella conoscenza e nell’impegno culturale delle persone, per una ‘cultura della memoria’. A questo proposito, molto chiare le parole di Moni Ovadia: “La Settimana delle memorie non si fonda su alcuna ideologia, non vuole essere un tribunale, non si erge a giudice; il suo scopo è quello di dare un contributo artistico e culturale per edificare una memoria universale e per promuovere la pace e l’incontro fra le genti”.
Nel palinsesto, ritroveranno voce quindi popoli cancellati dalla nostra storia impietosa, e proprio contro l’eliminazione, in questo caso della memoria, si scaglia Cardini: “Una cosa alla quale tengo molto: questa è un’operazione che sta esattamente agli antipodi della cosiddetta cancel culture. Noi non vogliamo proprio cancellare nulla! Tutta l’iniziativa è stata immaginata perché le informazioni, al contrario, escano e vengano diffuse; le più imbarazzanti, le più vergognose, e anche le più inaspettate – perché in generale quando si parla di genocidio si pensa immediatamente alla Shoah, ovviamente. Chiedendo di fare un passo ulteriore, molto probabilmente vengono in mente i crimini di Stalin, e allora a questo punto ci si chiede se in questa geografia così articolata si sappia dove collocare il popolo armeno, ad esempio. E la risposta molto spesso è no.”
Cardini prosegue: “Quando si nominano le nefandezze delle quali sono stati accusati i governi liberaldemocratici diventa addirittura più difficile costruire un discorso condiviso. Le cose che nell’Ottocento, i belgi, ad esempio, facevano in Africa, o il trattamento riservato dagli statunitensi ai native americans, come le collochiamo? Questo per dire che noi, in questa sede, analizzeremo casi, faremo noi, senza censurare o cancellare nulla. Cancellare è una posizione anti-storica e anti- culturale. D’altra parte, noi per anni abbiamo insisito sul dovere della memoria. Io mi sono trovato per mesi a meravigliarmi sentendo fare l’elogio della cancel culture dalle stesse persone che il giorno prima parlavano del dovere della memoria, ed è quantomeno assurdo. Bisogna estremizzare il dovere e il diritto alla memoria, non solo per i casi eclatanti ed esemplari – e noi appunto iniziamo dalla Shoah -, ma anche per quelli che rileggiamo proprio per lo sdegno verso la tragedia dell’Olocausto. Tanti orrori sono venuti a galla sulla base di una sensibilità acuita dalla rilevanza storica della Shoah. Dopodiché gli scenari storici vanno aggiustati cercando di far presente che quello purtroppo non è stato l’unico caso. Noi cercheremo di fare un discorso storico, facendo distinzioni e mettendo punti fermi, senza appiattire, senza far sparire le differenze”.
Durante gli incontri si prenderanno in considerazione anche i grandi interrogativi che ancora non hanno una risposta, per poi giungere alla valutazione della contemporaneità e delle derive che continuano ad esistere. “Il problema resta la violenza contro l’altro, fino alla sua sparizione – prosegue Cardini -, e ha infiniti atteggiamenti, infinite forme fenomenologiche. Purtroppo non è assolutamente scomparso con la sparizione dei grandi sistemi di colonialismo o dei grandi sistemi totalitari. Basti pensare al carcere di Guantanamo nel quale invecchiano e muoiono presunti colpevoli senza avere la possibilità di essere correttamente processati”.
Ma come fare per fare in modo che tutto ciò non accada mai più?
“Purtroppo è evidente che non basta più continuare a battere sulla questione delle responsabilità del passato, perché in questo senso il passato non tornerà. Il prossimo genocidio sarà molto diverso da quelli noti. Denunciare significa portare alla luce alcune situazioni tragiche per fare in modo che non si ripetano domani. Non è possibile, in nessun caso, pensare di proteggere l’umanità con la violenza: questo bisogna fare in modo che sia sempre tenuto presente; e poi va rivendicato il diritto di parlare liberamente di tutto, come faremo noi”.
Cardini farà dunque gli onori di casa assieme a Moni Ovadia: “Cercheremo di creare una situazione il più possibile complementare tra il pomeriggio e la sera, si andrà per successive approssimazioni. Negli interventi del pomeriggio, quelli coordinati da me, si cercherà di essere sufficientemente attenti da fornire una buona introduzione allo spettacolo serale; e i protagonisti della serata dovranno essere altrettanto sensibili da costituire un buon commento a quello che si è detto nel pomeriggio. Come sarà possibile tutto questo? Sarà la quadratura del cerchio. Io confido molto nel genio teatrale – e non solo – nella solidità culturale di Moni Ovadia, e in questo credo di giocare sul sicuro. Lui probabilmente si sbaglia sul mio conto, invece, e mi sopravvaluta!”.
INFO:
La settimana delle memorie sarà al Teatro Comunale di Ferrara dal 25 al 30 gennaio 2022. Qui il programma completo dell’iniziativa.