di Gianmaria Aliverta, regista teatrale
Con questo Ernani indosserò i panni del provocatore. Quello a cui assisterete al Teatro Comunale di Ferrara sarà uno spettacolo privo di riscritture drammaturgiche, di spostamenti temporali, uno spettacolo dove vengono rispettate non solo tutte le sue forme, ma anche tutte le sue didascalie.
Siamo lontani anni luce dalle alivertate, dal Rigoletto che veste gli abiti femminili e da Violetta su una sedia a rotelle: questo Verdi sarà all’insegna della tradizione.
E voi mi direte e dove sta la provocazione? La provocazione starà nel farvi venire a teatro senza sapere minimamente cosa aspettarvi, sfuggendo alle classificazioni. Perché il teatro deve stupire sempre, non si può uscire di casa pensando “ah, sì tanto sarà così!”. Perché il teatro è vivo e cambia a seconda di dove e con chi lo fai e da chi te lo commissiona!
Oggi sono provocatorio perché faccio uno cosa che generalmente non faccio, il conservatore.
Oggi sono provocatorio perché vedrete quello che non ho mai fatto.
Oggi sono provocatorio perché da domani tornerò a mettere i tacchi a Rigoletto, o forse no. Lo scoprirete solo venendo a teatro.
In questo Ernani vedrete tanti mantelli, tanto tulle, arie in proscenio e spade alzate al momento dell’acuto. Vedrete insomma rispettate tutte le forme più classiche del teatro d’opera.
Le scene che firmo con Benazzi diventano uno spazio drammaturgico dal sapore antico, ma che guardano alla contemporaneità grazie all’ausilio delle proiezioni. Proprio in queste è visibile la mia firma, anche se celata sotto un’inusuale veste di conservatore, poiché emerge in modo netto e deciso la volontà di guardare alle nuove tecnologie come elemento drammaturgico, senza distruggere o riscrivere il linguaggio canonico dell’opera. Non vedrete un film, non vedrete le facce dei protagonisti proiettati e ingigantiti. Le immagini prenderanno il posto dei teli dipinti, evocando di volta in volta le ambientazioni o gli stati d’animo.
Nel primo atto passeremo dalla foresta dei banditi a un solitario albero per la cavatina di Elvira. Lei sarà incorniciata come un’opera d’arte, un oggetto conteso da tre uomini senza che nessuno si preoccupi di chiederle quali siano i suoi desideri. Questa cornice in cui Elvira viene posta da De Silva, scompare nel momento in cui lo stesso la scopre in stanza con due uomini, a sottolineare la rottura di questo suo sogno d’amore unilaterale.

Passiamo poi alle sale nobili del palazzo di De Silva, dove le statue degli avi prendono il posto dei quadri descritti da Hugo. Le sue stanze sono un misto di nobiltà e luogo di culto con nubi pittoriche celestiali che prendono vita ad enfatizzare i vari sentimenti, fino ad arrivare all’aria aggiunta del tenore in cui si passerà ad una vera e propria conversione mistica. La tomba di Carlo Magno diventerà una sorta di fonte battesimale, con l’acqua che avrà un ruolo fondamentale, sia per benedire i pugnali della congiura che per purificare l’anima di Carlo V.
Il quarto atto si apre con l’amore dei due protagonisti nel giorno del loro matrimonio, i banditi di Ernani che Verdi fece resuscitare con l’aggiunta dell’aria commissionatagli da Rossini “odi il voto” sono testimoni di questo momento.
Rimasti finalmente soli i novelli sposi, mentre si apprestano a raggiungere il talamo nuziale, vengono raggiunti dal suono del corno: De Silva esige la sua vendetta, così il talamo nuziale diventerà la tomba di Ernani.
Insomma la mia firma si racchiude in una idea di teatro che s’ispira ai teli dipinti dell’Ottocento e ai periacti della tragedia greca.
La scena è sostanzialmente formata da due grandi carri in tulle che creano dietro di essi due ambienti per gli artisti del coro. Il coro diventa un personaggio quasi onnipresente, popolani che affiorano ora da boschi, ora da colonnati, ora dalle nubi, a commentare la vita e le vicissitudini dei quattro protagonisti.
Questo aspetto è stato lungamente pensato e merita due righe di spiegazione.
Quando mi è stata proposta quest’opera, la situazione pandemica sembrava man mano dare segni di miglioramento, ma io ho lavorato fin da subito senza mai abbassare l’asticella sulla sicurezza degli artisti coinvolti.
Ho pertanto pensato e realizzato uno spazio scenico che potesse consentire alle masse artistiche di esibirsi mantenendo le distanze di sicurezza. Spiace anche a me non aver potuto lavorare in un modo più canonico, tenendo il coro in azione costante in scena, ma penso sia un dovere sia morale che etico, specie nei confronti di una regione che ha avuto un alto numero di lutti legati al Covid-19.
Arriveranno i momenti in cui gli spettacoli si potranno fare come prima, in molti teatri già sta succedendo, ma so anche che, se abbiamo imparato qualcosa, in due settimane tutto può precipitare velocemente. E se durante l’allestimento di un’opera dovesse ammalarsi un’artista, la produzione rischierebbe di saltare.
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ERNANI sarà al Teatro Comunale di Ferrara, venerdì 4 febbraio alle 20 e domenica 6 febbraio alle 16. Info qui
Biglietti da 15 a 63 euro (intero). Sono previste riduzioni per senior (over 65), under 30, under 20 e abbonati alla stagione lirica 2019/2020 e gruppi. Durata dello spettacolo 2 ore e 45 minuti circa, compresi due intervalli. Per accedere è obbligatorio il Green Pass rafforzato.
Informazioni e vendite: 0532.202675 e biglietteria@teatrocomunaleferrara.it. Maggiori informazioni sul sito www.teatrocomunaleferrara.it.