Il giorno in cui un parco ha preso il nome della zia Elva

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Disclaimer: la mano che scrive questo articolo lo fa nella piena consapevolezza di essere coinvolta in prima persona, emotivamente e fisicamente nella vicenda, ma altresì sperando che condividere questa esperienza personale possa aiutare a rivedere un’abitudine ormai radicata, quella di servirsi dei nomi delle strade in maniera troppo pragmatica, senza un grammo di curiosità.

Questa mattina, c’era un indispensabile venticello a spostare rumorosamente le foglie degli alberi attorno al Municipio di Vigarano, e mio nonno Filippo aveva in testa un pensiero ben diverso dal mio. ‘Sai, Clelia – ha detto fermandomi delicatamente con una mano sul braccio – qui una volta c’era un fosso, e qui una fila di alberi, di pini marittimi, fino infondo’. Spalle al Municipio, il suo sguardo puntava verso la piazza, lungo via Roma. ‘Io e il signore che tra poco conoscerai eravamo ragazzi – continua – e stavamo entrando in Comune quando abbiamo visto un aereo, uno Spitfire inglese, venire dalla stazione verso di noi, in curva, mitragliando. Ci siamo subito buttati nel fosso per ripararci. Mi sembra ancora di sentire il rumore dei proiettili che bucano i tronchi degli alberi. Meno male che veniva dalla stazione; fosse arrivato da là, lungo il fosso, non saremmo stati qui. Siamo due sopravvissuti! Mi ricordo ancora: era il 27 luglio del 1944, quasi come oggi’. 

Oggi è il 21 di un luglio ben diverso, in cui la guerra ci tocca da così lontano che ci impegniamo a non sottovalutarla solo per dovere morale; e non ci riusciamo sempre bene. Oggi, nonno Filippo è a Vigarano Mainarda perché lui e Tarcisio Tilomelli, sopravvissuto a quella scarica di mitraglia con lui, hanno ottenuto un riconoscimento per la zia Elva, Elva Antolini, nata nel 1888 e stancatasi nel 1986. 

Mesi fa, Filippo Antolini si è presentato in Comune a Vigarano Mainarda con una cartellona di cartone bianco contenente: una foto di Elva, in una sala del medesimo edificio – prima della ristrutturazione -, assieme ad un Sindaco che le consegna una medaglia dorata per i suoi cinquant’anni di servizio presso l’amministrazione locale, e due diplomi a lei intestati da Prefetto di Ferrara e autorità sanitarie cittadine, che premiano il lavoro svolto dalla Elva nella lotta alla tubercolosi. Quello che manca, tra quei fogli, sono i racconti dei suoi bambini, i bambini che allora popolavano le strade di Vigarano, ormai sufficientemente cresciuti, e conoscevano la Elva come quella signora buona che aiutava le loro famiglia e si prendeva a cuore le loro battaglie. La Elva lavorava in Comune, sapeva leggere, sapeva scrivere – lussi davvero non da tutti all’epoca – e conosceva le regole per ottenere piccoli ma fondamentali aiuti in tempi di guerra, epidemia, e povertà. Non le sono bastati cinquant’anni passati a compilare documenti per la sua comunità, prendersi carico delle pratiche, delle spese, e degli spostamenti verso il sanatorio, dei bambini affetti da tubercolosi, o delle richieste di sussidio necessarie a chi aveva perso tutto, o non aveva mai avuto niente. Dopo quelle cinque decadi, Elva chiese al Sindaco di poter continuare a svolgere il suo lavoro in Municipio come volontaria, per la sua gente.

Nonno Filippo e Tarcisio tra Mauro Zanella, Vice Sindaco – a sinistra -, e Davide Bergamini, Sindaco del Comune di Vigarano Mainarda.

La Giunta di Vigarano ha studiato i documenti contenuti nella cartellona bianca, ha parlato con Filippo, con Tarcisio e con altri che la Elva se la ricordavano bene, e ha deciso di accogliere la richiesta del nonno; oggi siamo qui per questo, ad attendere Tarcisio fuori dal Municipio, in cui anche lui ha lavorato per anni, proprio in ufficio con la zia Elva; siamo qui perché hanno intitolato un parco a Elva Antolini, tra la scuola d’infanzia e il parco Rodari, probabilmente dove avrebbe voluto lei.

Mentre ci spostiamo dal Municipio al neonominato Parco Antolini, Filippo si guarda intorno e indica la strada a mio papà. Lo immagino sovrapporre i ricordi a quello che sta osservando, come vecchie foto che si inseriscono a fatica in una nuova cornice.

L’angolo dove hanno piantato la segnaletica è il più ventilato del paese, all’ombra di un albero rigoglioso. Si sta proprio bene qui, nel parco che ci ricorderà la storia della nostra famiglia. Il nonno sorride mentre Tarcisio racconta un paio di aneddoti, poi ringrazia Sindaco e Assessori con la voce emozionata. Attorno a loro quasi cinquanta bambini accompagnati dagli educatori dei centri estivi; sono qui per ascoltare la storia della zia Elva, e questa cosa non smette di sorprendermi.

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Nonno Filippo che racconta le sue storie a Davide Bergamini, Sindaco del Comune di Vigarano Mainarda.

‘Parco Elva Antolini. 1888 – 1986 per la benevolenza dimostrata nei confronti dei cittadini vigaranesi’. Cento anni prima di me nasceva una persona come un’altra, ma con il dono di una generosità modesta. Quante volte ho sentito i miei nonni dire ‘In tempo di guerra ognuno faceva quel poco che poteva fare’, e poi ho scoperto che quel poco fosse una lista di gesti immensi; oggi, per una piccola dimostrazione di altruismo, ci si aspetta un servizio su Studio Aperto.

Mi scopro distratta da questi pensieri mentre il velo cade dalla targa, e la cerimonia termina con le foto di rito. Ogni giorno imbocco strade e vicoli, uso i loro nomi per spiegare dove mi trovo, li scrivo, li cerco su Maps, li leggo negli indirizzi e troppo raramente mi fermo a chiedermi a chi appartengano. Chissà se qualcuno si dirà un giorno ‘Ci vediamo a Parco Antolini’, o lo cercherà su Maps; chissà se qualcuno si chiederà chi è, questa Elva. 

Ogni volta desidero davvero che una bella riflessione cambi il mio modo di agire, e poi l’abitudine all’approssimazione prende il sopravvento. Voi lo sapete chi era Enrica Calabresi? O Daniele Dal Fiume? O Villiano “Jano” Farina? Lo sapete che qualcuno ha spinto per far ottenere loro un riconoscimento, perché sapeva di poter dimostrare che lo meritassero? Oggi percepisco davvero il potere di questo gesto, con il garbo e la dedizione di chi ha avanzato la richiesta.

Nonno Filippo e Tarcisio assieme a Don Paolo.

Vorrei poter condividere con voi questa curiosità, perché le strade acquistino nuovi significati. Dovremmo dare volti e nomi alla nostra storia locale per comprenderne le epoche, i passi avanti, le difficoltà. Ciò che oggi è così scontato, al tempo della Elva non lo era: compilare e spedire un modulo, ad esempio, ma nemmeno viaggiare da un luogo all’altro. Ci auguro e mi auguro di non dare mai per scontato il valore di un aiuto, di un contributo, né di sottovalutare l’importanza di un nome. 

Penso che avrei voluto conoscerla, la zia Elva, ma che a suo modo abbia fatto qualcosa per me anche oggi. Attraverso gli occhi felici di mio nonno, quelli di Tarcisio, di mio papà e dei tanti presenti all’intitolazione del parco, ho visto il valore della memoria. Tengo stretto questo ricordo sperando che mi aiuti davvero a cambiare quella brutta abitudine di leggere un indirizzo con superficialità.

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