“… L’Italia, un Paese straordinario, la cui peculiarità sta non solo nel patrimonio storico-artistico-monumentale, quanto piuttosto nel valore di insieme, del contesto in cui si inserisce quel patrimonio. Il mio viaggio in Italia è stato lento, un divagare alla ricerca dell’intatto… Non esiste nel mondo conosciuto un paese cui la diversità geomorfologica si sia fatta diversità culturale, sociale e umana come in Italia. Dal paesaggio alla cultura, dal cibo al vino, dalla storia all’arte, l’Italia ha davvero più sfaccettature splendenti di un diamante. Spesso “l’intatto” è come l’invisibile che sta dietro ciò che incontri e osservi, che riappare solo se rallenti la marcia o eserciti la memoria. In questo senso la ricerca dei luoghi intatti è un’avventura, lenta. Un mondo intatto, esiste anche in Italia, ma è ricoperto da una stratificazione spessa e pesante. Quello che ho tentato di fare è di aprire alcune finestre sul patrimonio delle nostre radici più profonde e antiche.”
(L’Italia Intatta, Mario Tozzi)
Incontro Andrea da “La Gina”, che è poi l’ex “La Fenice”, il noto ristorante a Contrapò. La zona la conosco, è la mia, quella che percorro tutti i giorni per raggiungere l’ufficio. Ed è anche la zona su cui Andrea e Luigi si sono concentrati per sviluppare la loro idea di “turismo lento”. Andrea è il Presidente della neo-costituita antenna ferrarese dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi; Luigi, detto Gigi, è il proprietario e chef della “Associazione Culturale A.I.C.S. La Gina”.
Andrea è un fiume in piena. “Il turismo non deve finire solo a Ferrara!”, mi dice. “Senza nulla togliere alla nostra meravigliosa città che incanta da secoli viandanti di tutto il mondo abbiamo l’onere e l’onore di cercare di valorizzare un territorio che va oltre le mura cittadine e che ci offre molto in termini di cultura agreste, prodotti culinari e ambiente naturale”. L’obiettivo è quello di rivitalizzare i piccoli paesi lungo l’arteria del Po di Volano che collega la città al mare. Utilizzare il fiume come via, come collegamento, oltre che come esperienza. È una rinascita del percorso culturale del territorio, una via lenta, ma “nostra”, da percorrere a piedi, in bicicletta, in barca. Un albergo di 80 km, orizzontale, che si svilupperà tra Contrapò, Viconovo, Albarea, Villanova, Denore, Migliaro, Valcesura, Jolanda di Savoia, Ostellato, Lagosanto, Volano, ma che coinvolgerà anche i paesi di Serravalle, Ariano e Goro.
L’antenna Albergo Diffuso ferrarese, denominata “L’Anello dei Santi” ha preso il via nel 2018 ma si sta concretizzando quest’anno. In particolare sarà proprio il mese di marzo a dare il via, grazie alle tre serate ad invito, il 14, 21 e 28 marzo, organizzate dalle realtà che Andrea e Gigi rappresentano e da alcuni produttori locali e alle quali saranno presenti numerosi rappresentanti italiani e stranieri dei settori dell’enologia, della viticoltura, dell’agronomia, della cucina, dell’ospitalità, tour operator e sommelier. L’intento è quello di trovare momenti di condivisione per dare il via al progetto, attraverso innanzitutto presentazioni enogastronomiche a cura di produttori locali, dell’Associazione Nazionale Sommelier e dell’Università di Ferrara. Parliamo dei prodotti del nostro territorio, prodotti che esistono ma che sono ormai perduti in termini di produzione: l’aglio di Voghiera, il riso di Jolanda di Savoia, il vino Fortana, il grano Gentil Rosso, le farine di farro e Senatore Cappelli, e in questa occasione sapientemente recuperati e rielaborati dallo chef Gigi.
L’Associazione ha già dato vita anche a tre Start Up. per la produzione e commercializzazione di alcuni prodotti: “Gioie Estensi” per l’ortofrutta, “Sapori e Ospitalità” per i vini, “Delizie Estensi” per il riso e le farine. Ma l’obiettivo è ben più originale e illuminato e non si limita al recupero, seppur nobile, dei prodotti del territorio, ma vuole rivitalizzare le realtà locali, entrare nel vivo della comunità, recuperare la bellezza dello “stare insieme”. Proporre uno stile di ospitalità originale, un proprio approccio ospitale, la propria cultura dell’accoglienza, senza prendere in prestito procedure e modalità gestionali standard, in grado di rispecchiare il più possibile le caratteristiche del luogo.
Penso in particolare a chi vive in città e ha voglia di sperimentare esperienze di viaggio più vere, legate al territorio anche nei tempi e nei ritmi del servizio, oltre che nei prodotti offerti, dall’atmosfera originale.
Andrea mi dice che ha già preso in gestione, come punti ricettivi, alcuni bar dei paesi che si trovano su questa arteria. Poi il recupero di una vecchia corriera che fungerà da navetta e una barca. E tantissime altre idee: dai “barcaroli” mono-remi al cinema 3d sul fiume, dal cantastorie alle attività sportive e di recupero del disagio psichico e fisico.
A marzo parte anche la piattaforma che raccoglierà le strutture di accoglienza e tutti i servizi connessi, navetta, chiatta. Saranno organizzati “pacchetti turistici lenti”, tutto compreso, in cui oltre all’ospitalità alberghiera sarà data la possibilità di vivere “un’esperienza autentica”: raccogliere i prodotti, visitare il territorio in barca, mangiare i prodotti del luogo, vivere esperienze uniche presso le comunità locali lungo i Po.
Perché l’albergo diffuso è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale perché non è necessario costruire niente dato che ci si limita a recuperare quello che esiste già. Ed è un piccolo volano di sviluppo perché genera filiere e reti tra piccoli produttori locali, con il volontariato, con le pro loco con le realtà culturali già presenti. Può inoltre avere la funzione di “animatore” culturale ed economico del centro storico del paese stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell’offerta, e fungere da “presidio sociale” offrendo così più che un soggiorno, uno stile di vita.
“Se si vuole vendere l’autenticità, questa è la strada” mi dice Andrea. In vacanza la ricerca di autenticità, di rapporto con il tessuto urbano, di esperienze vere e originali, di scoperte, è oggi la molla più forte dei viaggiatori. Ma il lavoro è ancora lungo, perché le prime che devono credere in questo progetto sono proprio le comunità locali. Un Albergo Diffuso non vende camere in senso stretto, ma luoghi da vivere come residenti, sia pure temporanei, e spesso in Italia sono proprio i residenti i primi a non comprendere il valore turistico, ambientale o culturale dei beni del proprio territorio. Se nasce un Albergo Diffuso, improvvisamente ci si accorge di quanto il territorio sia importante!