

Se vivi a Ferrara – o anche solo se ci passi ogni tanto – nel 2025 ti sarà capitato almeno una volta di vedere scritto “30esimo UNESCO”: locandine, banner, articoli sui quotidiani, discorsi istituzionali, persino nelle chiacchiere al bar (“Oh, hai visto che fanno una roba per l’UNESCO?”). Eppure, se ti fermi un secondo, è probabile che ti accorga di non aver mai approfondito davvero cosa significhi essere città UNESCO. Il compleanno di oggi – 30 anni esatti dal 9 dicembre 1995, anno del riconoscimento – è un pretesto perfetto per raccontarlo, e promettiamo di farlo senza annoiarti.

Iniziamo dalle basi: cos’è l’UNESCO e come si finisce dentro la “Lista del Patrimonio Mondiale”? L’UNESCO è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, la Comunicazione e l’Informazione che (tra le tante cose) tutela i luoghi considerati di valore universale, quelli che raccontano qualcosa di unico sulla storia, sulla cultura o sulla natura del mondo. Entrare nella lista del Patrimonio Mondiale non è un gesto simbolico: è un processo lungo, fatto di studi, documenti, verifiche, sopralluoghi. Una città deve dimostrare di avere un’eredità che non appartiene solo ai suoi abitanti, ma all’umanità intera. E soprattutto deve impegnarsi a conservarla nel tempo. Quando Ferrara è stata inserita nella lista come “Città del Rinascimento” non ha ottenuto soltanto un’etichetta prestigiosa, ma si è impegnata con una sorta di promessa: custodire, insieme alla sua comunità, ciò che la rende speciale.

Ferrara entrò nella lista del patrimonio dell’umanità nel 1995 non perché fosse semplicemente bella o avesse una storia importante: in Italia sarebbe stata una gara affollata. Il riconoscimento arrivò per un motivo più preciso. Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, con l’Addizione Erculea, il duca Ercole I d’Este e l’architetto Biagio Rossetti non ampliarono semplicemente la città: la ripensarono da zero. Immaginarono un luogo ordinato, arioso, geometrico, incredibilmente moderno per l’epoca. Una visione che avrebbe ispirato molte altre città europee nei secoli successivi. Quando l’UNESCO conferì questo riconoscimento, sottolineò proprio questo: Ferrara come “città ideale del Rinascimento”, un modello sorprendentemente leggibile e ancora oggi intatto, dove urbanistica, architettura e paesaggio formano un equilibrio raro. Poche città europee possono mostrare con la stessa chiarezza un progetto urbano di oltre cinquecento anni fa che continua a funzionare così bene, quasi senza aver bisogno di spiegazioni.

Tra le novità più importanti di questo trentennale c’è il nuovo “Piano di gestione del sito UNESCO“. È il documento che orienterà le scelte dei prossimi anni: non solo un testo tecnico, ma una bussola che mette per iscritto come Ferrara vuole custodire il proprio patrimonio. Perché un riconoscimento non si mantiene da solo: richiede cura urbanistica, attenzione al paesaggio, manutenzione, ma anche educazione civica e partecipazione di chi vive la città ogni giorno. Il piano ricorda una verità semplice: essere patrimonio dell’umanità non significa essere “protetti per sempre”, ma essere responsabili. E la responsabilità è condivisa: una promessa che la città fa al mondo e prima ancora a sé stessa.
Per celebrare questo riconoscimento e l’impegno che ne sta alla base, è stato messo in moto un ricchissimo calendario di eventi, che proprio nel mese di dicembre vedrà il suo clou. Martedì 9 dicembre è in calendario un appuntamento imperdibile: Luca Ward (tra le altre la voce di Russell Crowe ne Il Gladiatore) leggerà i versi dell’Orlando Furioso dal balcone della sala dell’Arengo di Palazzo Ducale, affacciandosi su una piazza addobbata di luci. Uno spettacolo che riaccende i fasti della corte ducale, presenti ancora oggi nelle pieghe della città che viviamo quotidianamente. E giovedì 11 dicembre il concerto “Angelo Branduardi. La musica alla corte degli Estensi“, riporterà al Teatro Comunale gli echi della corte rinascimentale, trasformando un’esecuzione artistica in un tuffo dentro la storia.
Tra gli appuntamenti più scenografici del mese spicca il videomapping Triumphus Lucis, che trasforma la navata della Chiesa di San Paolo in un viaggio luminoso: immagini, colori e architetture si intrecciano creando un’atmosfera quasi sospesa. Nel Giardino di Palazzo Schifanoia prende invece vita un’altra esperienza visiva: Le Muse Astrologiche, la mostra con le sculture di Maurizio Bonora, in dialogo silenzioso con uno dei luoghi più simbolici dell’arte estense.

Ma perché questi eventi? Perché il patrimonio è anche un’esperienza fisica fatta di strade da percorrere, immagini, suoni e persone che si riappropriano dei luoghi. Il punto, in fondo, è questo: la città spesso tende a diventare invisibile a chi la vive tutti i giorni. Quando pedali all’ombra del Castello o bevi un calice in piazza Ariostea, tutto ti sembra ordinario. Ma questi trent’anni diventano l’occasione per rimettere a fuoco ciò che abbiamo davanti agli occhi. Per accorgersi che ogni pezzo della città, dal Palazzo dei Diamanti alla campagna delle frazioni, racconta una storia plurale che parte dagli Estensi e arriva fino a noi.
Il vero regalo di questo trentennale? Riguardare Ferrara come se fosse la prima volta. Perché essere parte di UNESCO non è una targhetta apposta in municipio: è un modo di vivere la città, con cura e senso di appartenenza. Proprio da qui si riparte: è il momento di chiederci che Ferrara vogliamo nei prossimi trent’anni e quali scelte fare insieme per continuare a meritarcela. Oggi non guardiamo solo indietro: guardiamo avanti, con lo stesso coraggio di chi, cinque secoli fa, ha immaginato una città moderna quando nessuno ancora lo faceva.


