Abbiamo parlato di birra e musica con Andy Smith, storico dj dei Portishead

Bolle social, Taylor Swift e di cosa ascoltare mentre si sorseggia una birra al matcha
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Il festival Acido Acida è ormai un appuntamento fisso in città: dopo il sostanziale torpore di agosto, la manifestazione dedicata alla birra artigianale britannica – che dal 2014 si svolge a fine mese nel chiosco di Santa Maria della Consolazione  – segna la riapertura degli eventi cittadini; insieme al Buskers Festival, ovviamente.

Il festival però si costruisce durante un intero anno: dal 2014 il padre del progetto, il pub Il Molo, compie (molti) viaggi e ricerche nel Regno Unito per portare a Ferrara decine di piccoli produttori di birra. Quest’anno, ci dicono, sono 122 le possibilità di assaggio, dalle più classiche alle più particolari: e tra queste di certo non passa inosservata l’estetica fenomenale della birra che guarda al verde matcha, disponibile direttamente alla spina durante il festival.

Siamo andati alla prima serata della manifestazione, il 28 di agosto: c’era un meteo incerto (e infatti verso fine serata si è scatenata una non indifferente quantità di pioggia) e c’era anche Andy Smith, nume tutelare della musica inglese dagli anni novanta, in cui è stato dj e membro aggiunto dei leggendari Portishead.

Il nostro Andy è l’ospite d’onore del festival – che da sempre lega birra e musica, e infatti quest’anno dal vivo suonano anche i Gaznevada, gli Strike e la banda LoSka – e abbiamo pensato di intervistarlo prima del suo dj set, per capire qualcosa in più sulla sua carriera e sui suoi diversi ruoli. Se siete fan del trip-hop e della scena di Bristol immaginiamo di essere pleonastici e di ricordarvi l’ovvio, ma lo diciamo per tutti gli altri: Andy Smith è un enorme conoscitore della musica e stimato collaboratore in termini di sample, cioè di porzioni di registrazioni preesistenti usate per nuove composizioni, che sono molto importanti nella creazione dell’estetica della band. Collaboratore anche dei Prodigy, Smith si è costruito una lunga carriera da dj e selezionatore, e ha pubblicato diversi mixtape, tra questi The Document che nel 1998 ha registrato oltre 100.000 copie vendute.

Ciao Andy, prima di tutto grazie per dedicarci un pò di tempo. Questa sera sei a Acido Acida in veste di dj. Come scegli la tua proposta musicale? È cambiata nel corso del tempo?
Sì, sicuramente è cambiato molto. Passano gli anni e vedo persone sempre più giovani e forse è perché sono cresciuto io. Amo molto la musica e differenti generi musicali: mi trovo spesso a suonare molti dischi vecchi ma è anche vero che cerco di inserire nuova musica. Un fatto sicuramente nuovo è che al giorno d’oggi è difficile suonare musica che sia conosciuta da tutti o comunque da molti, oggi tutti sono dentro alle loro bolle sociali e sono ben poche le cose che coinvolgono una grande maggioranza.

L’orizzonte che abbiamo tutti, nell’ascoltare, è molto ampio.
È verissimo: se andiamo più indietro negli anni, penso, non so, a Michael Jackson, tutti lo conoscevano e tutti lo conoscono ancora. Oggi per la maggior parte della musica moderna non è così, ed è quindi molto difficile coinvolgere il pubblico con nuove proposte. Quello che è più importante, in fondo, è poter mettere buona musica: scelgo quello che amo, cercando di trovare una connessione con il pubblico.

A proposito di buona musica: tu sei cresciuto a Bristol e questa sera sei a Ferrara. Non so se lo sai ma questa estate poco lontano da qui hanno suonato i Massive Attack, anche loro di Bristol, qualche anno fa c’è stata una mostra Palazzo Diamanti dedicata a Banksy, che è quasi certo sia della stessa città. Tu stesso sei stato dj e quasi membro aggiunto dei Portishead, sempre from Bristol. Che effetto ti fa, a qualche decennio di distanza da quell’esplosione negli anni novanta, ripensare a quanta influenza abbia avuto e abbia ancora la cultura di quella città?
Quello che so è che sicuramente Bristol è stato un bellissimo posto dove incontrarsi e crescere. Un posto dove sono cresciuto, dove ho frequentato i club, negli anni ottanta e poi novanta, un luogo dove si erano concentrati un sacco di artisti unici: sì, la scena di Bristol era davvero forte e sono molto orgoglioso di averne fatto parte. E per quanto queste band abbiano avuto percorsi differenti, sicuramente hanno tutti superato il test del tempo, suonano ancora incredibilmente bene anche per il pubblico più giovane di oggi. Ed è qualcosa di importante, che percepisco.

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Tu sei cresciuto nell’era dei negozi di dischi e delle riviste specializzate che avevano un ruolo importante. Oggi acquisti ancora dischi in formato fisico? Utilizzi lo streaming? Come scopri nuovi artisti?
Ehi, io lavoro in un negozio di dischi! Questo mi permette di conoscere sempre nuova musica. Trovo molto spesso divertente vedere magari un video su TikTok o Instagram con persone che scrivono “questo è il mio album dell’anno” e subito faccio uno screenshot per andare ad ascoltare. È raro però che io riesca a trovare qualcosa di migliore delle cose vecchie che già conosco, a volte capita, ma è raro. Sperimento comunque molto e ascolto dj che propongono musica su piattaforme come Mixcloud ma sono onesto: trovo molto più facile suonare musica passata, è più facile ottenere una risposta dal pubblico e seguire i miei gusti.

Questo fatto è evidente e penso spesso che ci porterà ad un problema: di questo decennio, o di questa era dello streaming almeno, non avremo un ricordo collettivo, generazionale, ed è la prima volta da molto tempo che accade.
È vero, è difficile oggi crescere, salire in alto: è tutto troppo saturato. Ecco magari a livello pop c’è un caso come quello di Taylor Swift, ma forse è davvero un caso unico e limite, per tutto il resto, pensa ai dischi magari soul o RnB, non possono salire troppo di numeri, è come se stessero dentro ad una camera che impedisce loro di salire e arrivare ai grandi numeri. Ed è sicuramente una conseguenza del ruolo assunto dai social media: hanno creato nicchie, generato quelle camere di eco che portano al fatto che tu non arrivi più a scoprire cose che non ti piacerebbero, perché gli algoritmi ti portano sempre su strade che già conosci. Ed è raro che tu riesca ad ascoltare qualcosa di sconosciuto e pensare “oh, wow, ma è incredibile”. Questo è un peccato, davvero un peccato. E succede perché tutto ciò che è diverso da ciò a cui siamo abituati è difficile da assimilare. E questo non va bene, è terribile.

Ultima domanda, d’obbligo per dove ci troviamo, e cioè un festival della birra. Qual’è per te il suono di un festival della birra, qual’è il suono di quei sapori?
(ride) Questa è davvero una bella domanda. Voglio dire: noi in Inghilterra abbiamo dei festival della birra e pensandoci, beh sicuramente potrei dire che la musica di un festival così è quella british. Nel senso, di vecchia musica inglese, come quella legata alla cultura mods, penso al modern soul per poi arrivare agli anni novanta inglesi, al brit pop, dagli Oasis ai Blur: sono tutti generi perfetti per sorseggiare una birra. Ci sarebbe anche una interessante cultura rave britannica, ma loro erano più dediti ad assumere sostanze che a bere birre! (ride di gusto).

Informazioni
Acido Acida lo trovate su Instagram, su Facebook ma soprattutto al chiosco di Santa Maria della Consolazione.

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