Una ONG a Ferrara: IBO è la casa della cooperazione (e non solo) che crede nei giovani

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Sono alcuni anni che aleggia questa sensazione, quella di un mondo che sta cambiando i suoi equilibri, che si sta avviando verso un percorso nervoso, di tensioni internazionali, di venti di guerra. Di parole: atomica, soldati, droni. Morti.

È un triste risveglio perché gli ultimi decenni erano stati, se vogliamo sintetizzare, quelli di un mondo che cerca di globalizzarsi, con tutti i pro e i contro, e di un generale miglioramento delle vite e degli equilibri tra le forze in campo, di interdipendenza, tutti fattori che facevano immaginare (o almeno sperare) in un futuro complesso ma positivo: se ci ricordiamo come è stata la storia delle popolazioni umane nei secoli scorsi, possiamo dire che la seconda metà del secolo scorso è stata una fase di relativa pace, pur con tutti i problemi esistenti.

Ed è lì, dalla fine della seconda guerra mondiale che nasce IBO, una ONG che ha sede nazionale oggi a Ferrara, una sede che è arrivata in città, come racconteremo, già negli anni Novanta, un percorso poco raccontato in città e che valeva la pena di approfondire su queste pagine: perché IBO è una di quelle organizzazioni che partono da qui per provare a rendere il mondo un posto migliore.

E se oggi il mondo, dicevamo, sembra presentarsi con nuvole più scure, con più paura del futuro, acquista ancora più importanza questo angolo di presente: di volontari, di ragazzi che scelgono di dedicare un periodo o un anno della loro vita all’aiuto dell’altro in Africa, in Sud America, di professionisti che cercano di gestire le complessità economiche e burocratiche che oggi una ONG deve imparare a risolvere.

Perché una cosa è certa: quel tipo di esperienza, il servizio civile, il volontariato, il dedicarsi ad altri è una via per diventare persone migliori. Si parte per essere di aiuto, si scopre che ci si porta a casa più di quello che si ha dato, come hanno raccontato vari volontari che hanno raccontato le loro esperienze di ritorno dal loro anno all’estero, in un partecipato evento pubblico a Casa IBO, lo scorso 25 giugno.

I volontari di ritorno dall’anno di servizio civile all’Estero.

Ma prima del resto: la nascita di IBO, grazie alle parole del direttore Dino Montanari, e dell’ufficio stampa Ornella Menculini.

“IBO nasce alla fine della seconda guerra mondiale, ai confini tra Germania, Francia e Olanda, dove un padre presbitero, Werenfried Van Straaten, diede il via alla Chiesa del Silenzio insieme ad altri sacerdoti. Come associazione non abbiamo un collegamento diretto con loro ma è su questa scia che nasce un movimento giovanile, soprattutto legato all’aiuto dei profughi tedeschi dove ragazzi volontari costruivano nuove case, un movimento crescente legato proprio all’aiuto abitativo. Siamo nei primi anni ’50 del secondo scorso, mentre si formano le basi dell’Europa che si andrà man mano costruendo nei decenni successivi.”

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I primi decenni di IBO, con i progetti di costruzione (dall’archivio IBO)

“IBO significa “Internazionale Bouworde” ovvero “compagni (soci, in Italia, nulla a che vedere con il significato politico della parola compagni) costruttori internazionali” e arriva in Italia nel 1957, dove si è dislocata in diverse città, con svariate sedi fino all’arrivo a Ferrara nel 1994, come sede nazionale, in un periodo storico importante per il nostro paese. Siamo nel periodo di Tangentopoli e di cambiamenti epocali a livello politico.”

“In quel periodo avevamo sede a Cassana in quella che oggi è “La Casona”, una cascina che con un gruppo locale di IBO era stata ristrutturata e che per anni è stata usata come base per i campi di lavoro. Con le difficoltà di quella che in quel momento era la sede principale, quella di Milano, la sede nazionale è diventata, un pò per scherzo e incoscienza, la nostra di Ferrara: trent’anni dopo è ancora qui il punto di riferimento della ONG.”

Tornando ai primi decenni di vita, Dino ci racconta come negli anni si sia proseguito e ampliato il lavoro di cooperazione internazionale, in particolare grazie alla crescita in Europa di diverse realtà e del ruolo centrale assunto dalle organizzazioni in questo periodo, con la particolarità di IBO Italia nel concentrarsi, da sempre, nel settore giovanile.

“I campi di lavoro si sono ovviamente trasformati: oggi non è più possibile, anche a livello legislativo, per un volontario costruire una casa, come negli anni Cinquanta e Sessanta, in più manca quel tipo di manualità. Dall’altro lato però si è aggiunto il percorso del Servizio Civile, con cui si può fare esperienza fino ai 35 anni.”

E lo dicevamo nelle prime righe dell’articolo: non dobbiamo sottovalutare il lato umano, oltre al valore sociale delle esperienze che IBO propone a chi accetta di entrare in questo contesto.

“Oggi le persone viaggiano un pò dappertutto ma fanno fatica a incontrarsi, fanno fatica a fare esperienze diverse, il servizio civile è un’ottima porta per entrare nel mondo sociale, per sviluppare capacità umane e relazionali. È importante anche sottolineare che c’è la possibilità di sviluppare competenze utili per l’inserimento in ambito d’impresa, un tema che vorremmo promuovere e che in Italia non è ancora considerata una occasione da cogliere: ragazzi imparano lingue, si trovano in contesti difficili, imparano a dialogare con le istituzioni, sviluppano competenze che non trovi su un libro.”

Qual è il profilo del volontario che entra a IBO?
Noi abbiamo un percorso ideale di volontariato: si parte dall’adolescenza, alcuni ragazzi ci arrivano autonomamente, spesso i genitori stessi ce li propongono. Per giocare, imparare una lingua, stare assieme. È una fascia che ha molto bisogno di socialità, che ha una sensibilità accentuata, che viene bombardata di stimoli e che pure è poco propensa a incontrarsi con gli altri. Per noi è una fascia d’età interessante, con uno sbocco sia ai campi estivi sia nel trattare temi di educazione alla cittadinanza, ad esempio nelle scuole.

Dal bilancio 2024 di IBO

IBO avvicina questi giovani e cerca di coinvolgerli attraverso tematiche di pace, di immigrazione, utilizzando le testimonianze di ragazzi più grandi.

Questo è il volontariato più breve, poi esiste un percorso più lungo per i ragazzi usciti dalle scuole superiori o ancora meglio, dai ragazzi che hanno finito l’università.

Quello dopo l’università è spesso un periodo interessante, un pò vuoto nella vita, di decisioni da prendere e per noi è importante anche perché siamo una buona opportunità da cogliere. Poi c’è un’ultima fascia, le persone over 60, che vanno in pensione, miniere di competenze e capacità, che non sanno bene cosa fare e che per noi diventano importanti a seconda di quello che vogliono fare, da progetti, cucina, mentoring.

Come è strutturata oggi l’associazione?
Casa IBO è la sede nazionale dell’associazione, conta circa quindici dipendenti e può ospitare lungo l’anno diversi volontari, da persone che orbitano nella casa a persone che risiedono qui, per un periodo di tempo.

La struttura, in via Boschetto, ci è stata data a disposizione qualche anno fa: è una struttura aperta, dà valore al quartiere, era una vecchia scuola chiusa da vent’anni, bella dal punto di vista strutturale ma completamente da ristrutturare. Ci siamo trasferiti nel 2017-2018, attraverso un accordo di comodato d’uso gratuito a patto di una ristrutturazione a nostro carico, fatta con impegno dai volontari dell’associazione e oggi abbiamo qui gli uffici, i luoghi di aggregazione e incontro e le stanze di foresteria con i letti a castello che ci consentono di poter ospitare fino ad una quindicina di persone.

Quante persone sono coinvolte nei progetti?
Abbiamo circa 250 persone che ruotano attorno a IBO, con più di mille anagrafiche che raggiungiamo. All’opposto già qualche anno fa potevamo dire che dall’estero erano venute nei nostri campi circa 2mila persone: persone che a distanza di anni poi spesso ritornano in città, sviluppano un legame con Ferrara grazie a queste esperienze. Nella nostra sede, organizziamo anche eventi, degustazione di vino, serate di fundraising, incontri di scambio di abiti e incontri con i volontari. Ci apriamo spesso alla cittadinanza come testimonianza, come quello di quest’anno, il 25 di giugno, in occasione del rientro dei nostri ragazzi dall’anno di Servizio Civile all’estero.

La nostra attività è sopratutto fuori Ferrara o all’estero ma collaboriamo anche con altre realtà: ad esempio in questo periodo grazie ad un bando stiamo organizzando delle cacce al fantasma nelle frazioni e alcune proiezioni cinematografiche.

Parliamo un attimo ai ragazzi che vorrebbero avvicinarsi a IBO e in generale al volontariato: che tipo di proposta ricevono?
Per quanto riguarda l’offerta dei campi di volontariato +18, IBO fa parte di una rete internazionale che si chiama Alliance, una rete amplissima di proposte: cerchiamo di proporre l’esperienza di volontariato a seconda dell’ambito: sociale, educativo, ambientale, culturale… si può scegliere di fare volontariato in ambiti diversi e vicini alla propria sensibilità.

Dal bilancio 2024 di IBO

Coinvolgiamo in media 700 volontari all’anno, siamo tra le dieci più grandi realtà in Italia in questo senso.

All’estero oggi ci concentriamo soprattutto sul garantire la possibilità di educazione e formazione professionale. Ci sono ancora interventi a livello di costruzione (abitazioni così come pozzi per l’acqua, ad esempio) ma i nostri interventi si rivolgono soprattutto all’ambito educativo. Ad esempio un progetto molto bello che abbiamo fatto è stato in Perù, nelle Ande, dove la scuola era presente ma i villaggi lontani l’uno con l’altro e i bambini dovevano fare a piedi anche tre o quattro ore di cammino: abbiamo costruito un internato perché i bambini potessero dormire e stare a scuola dal lunedì al venerdì e tornare poi a casa nel fine settimana, potendo mangiare e dormire nella struttura. Questo tipo di interventi consente la partecipazione scolastica.

Per concludere, in questo lungo percorso, come sono cambiati i ragazzi che si avvicinano al volontariato e fanno queste esperienze?
Quello che ho visto io si può dividere in due grandi cambiamenti: nella voglia di mettersi in gioco a livello personale, qualcosa che negli anni Novanta i giovani avevano, forse ancora di più quelli delle generazioni precedenti e forse perché la vita aveva un orizzonte molto piccolo. Tutto si svolgeva nel proprio quartiere, nel proprio paese, in parrocchia, era tutto molto legato alla realtà che avevi e c’era questa curiosità di andare oltre. Negli anni Novanta i ragazzi iniziavano a spostarsi e il campo di lavoro poteva essere l’occasione per andare in un altro paese, le persone erano molto curiose e i numeri erano alti, i ragazzi erano propensi a incontrare.
Questo è completamente sparito: i ragazzi oggi hanno meno bisogno di incontrare fisicamente qualcun altro, il mondo ce l’hai nello strumento che hai in mano, il telefono. I problemi li sentono e anche tanto, i temi ambientali, le questioni legate alla giustizia, sono però ambiti molto filtrati dagli strumenti che utilizzano, c’è meno la voglia di mettersi in gioco. La tendenza è arrendersi di fronte a questa cosa che vedi quotidianamente e c’è un distacco, c’è un crollo della cittadinanza attiva, della ricerca di avere un ruolo, c’è un grande aumento di disagio psichico, della voglia di non vedere nessuno. Per noi IBO e le possibilità di volontariato sono anche fare politica: portare persone a interessarsi di pace, legalità, giustizia e temi come il conflitto internazionale, le migrazioni, facendo esperienze di questo tipo soprattutto in paesi del sud del mondo. Quando tu ritorni a casa magari non farai mai nulla nell’ambiente della cooperazione, ma sono esperienze che ti fanno crescere, come persona.

MORE INFO:
Il sito ufficiale di IBO Italia – la sede è in via Boschetto 1, Ferrara.

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  1. Ottimo articolo per una Società che necessita messaggi e linguaggi alternativi a quanto va per la maggiore. Grazie Alessio

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