È veramente incredibile ma ce ne siamo dimenticati anche questa volta. Parliamo del clima, della siccità, delle temperature record, dei fiumi secchi, compreso il Po, di cui si è molto parlato nelle cronache nazionali non più di qualche settimana fa. Solamente che poi, come sempre, svanito il caldo nei suoi picchi record estivi, travolti da una inaspettata crisi di governo e spenti i condizionatori, ci siamo subito dimenticati di tutto questo.
È un fenomeno particolare, come se il paese prendesse consapevolezza in pochi giorni di altri impatti negativi (l’aumento generale dei prezzi, ad esempio) facendoli diventare argomento pubblico e agenda politica, mentre quelli che sono gli eventi legati al clima vengano assorbiti e dimenticati, senza lasciare traccia, isolati momenti che non richiedono altro che una qualche gestione emergenziale (e circa ventiquattro ore di domande su come si poteva prevenire).
Così abbiamo pensato di fare il punto della situazione, per capire se davvero, a Ferrara e sul nostro territorio sia stata una estate particolare, se gli allarmi lanciati sono esagerati, se tutto sommato viviamo in una situazione ordinaria e abbiamo quindi diritto di lasciare costantemente sullo sfondo questi temi. Anche per rispondere a chi “ha sempre fatto caldo, alla fine piove sempre”.
Andando a consultare il quadro delle precipitazioni dell’estate, disponibili in diversi report, di cui scegliamo quello di Arpae (Agenzia prevenzione ambiente energia Emilia Romagna) che nella sintesi di agosto (l’ultima disponibile) fa emergere che:
- Nonostante agosto 2022 risulti il quarto più piovoso della serie 1991-2020, le cumulate da gennaio permangono comunque decisamente al di sotto della media climatica (-25,7% )
- Nonostante quella terribile giornata del 19 agosto, dove è piovuto più in poche ore che in tutti i mesi estivi cumulati “l’indice di SPI a 12 mesi presenta ovunque valori negativi, che raggiungono intensità tipiche di condizioni di siccità idrologica severa o estrema in ampie aree distribuite su tutta la regione. Come suggeriscono i valori dell’indice di SPI a 24 mesi, tali condizioni presentano caratteristiche di eccezionale persistenza in tutte le aree centro orientali della regione.“
- Le portate mensili (del Po) del mese di agosto 2022 sono risultate decisamente inferiori alle medie storiche del lungo periodo e confrontabili con i minimi storici.
Quando e come è piovuto a Ferrara, questa estate
Dati dell’Osservatorio meteorologico Orto Botanico di Ferrara, elaborazione FILO Magazine
I dati ci raccontano che su 94 giorni di stagione estiva, in 70 giorni non ha piovuto. Ma se andiamo nel particolare, solo in 12 giorni (su 94) è piovuto almeno un millimetro d’acqua nelle 24 ore e nella pratica tutte le piogge sommate non raggiungono la quantità d’acqua piovuta nella giornata del 19 agosto, nel giro di pochissime ore.
Eventi meteorologici sempre più intensi, temperature sempre più alte, un cambiamento molto più veloce di quanto pensassimo del clima: questa è la nostra realtà e ci siamo interrogati su come analizzare questi dati e come programmare il futuro, coinvolgendo a margine del Festival di Internazionale a Ferrara il meteorologo e divulgatore scientifico Federico Grazzini.
Sulla base dei dati che abbiamo in mano, possiamo dire che è stata una pessima estate?
Indubbiamente e credo che nessuno possa controbattere, questa è stata la peggiore estate in termini di combinazione di caldo e siccità. Quando diciamo siccità intendiamo significati diversi a seconda degli impatti che stiamo considerando: esiste la siccità meteorologica, la siccità agricola, la siccità idrologica, ognuna con tempi diversi.
Si potrebbe anche dire che nell’estate del 2022 abbia piovuto poco ma che questo sia già accaduto anche in altri anni. Il problema però è a monte, eravamo già in condizioni di siccità idrologica estrema guardando ad un arco di quasi un anno, dall’autunno precedente. Guardando a questo, sicuramente, è stata la peggiore di sempre. Pensando a questo territorio se si osserva un indicatore importante come il livello del Po vediamo come si sia mantenuto sotto la soglia di allarme già da metà giugno fino alla fine di agosto.
Sono stati battuti tutti i record storici precedenti, con valori ridotti della metà rispetto ai minimi mai registrati, parlando di precipitazioni e fenomeni come siccità e piogge intense.
Proprio a Pontelagoscuro abbiamo raggiunto una portata minima circa dieci volte inferiore a quella normale.
Nonostante sia evidente da anni la centralità di questo tema, si tende a discuterne solo in prossimità degli eventi (alluvioni, nubifragi, mancanza d’acqua) per poi dimenticarsene in fretta. Come è possibile?
Bisognerebbe andare po’ oltre quel tipo di notizia, oltre lo scoop. Qualcosa che vada oltre il fatto singolo: ad esempio il giorno dopo il record di siccità di un fiume non c’è un’altra notizia equivalente. Però il problema rimane: nonostante magari risalgano i valori un po’, siamo tutt’ora in condizione di siccità, bisognerebbe continuare a seguire l’evoluzione di fenomeni che si sviluppano su molti mesi in maniera continua, aggiornando sempre il pubblico.
Pensandoci, di fronte ad una emergenza come quella pandemica, non si è mai smesso in questi anni di riportare quotidianamente i dati sul Covid. Avrebbe senso un trattamento analogo dell’informazione sul clima?
Si, avrebbe senso. Anche se non quotidiano, almeno una rubrica settimanale, un aggiornamento costante sul tema. Vorrei fare un passo indietro, a quando c’era la rubrica “Che tempo fa” sulla Rai, prima del telegiornale, con tutti i famosi colonnelli che sono poi diventati noti al pubblico. Ecco, finché non è stata spostata di orario quella è stata la rubrica più seguita della televisione italiana: era un appuntamento fisso e ovviamente non sempre c’erano notizie rilevanti, però veniva sempre dato il quadro della situazione. Una informazione costante dal punto di vista climatico secondo me sarebbe necessaria.
Se guardiamo al futuro, che tipo di eventi ci troveremo ad affrontare? Che trend possiamo immaginare di avere, visto che in sostanza sappiamo che gli scenari ipotizzati negli anni Novanta sul riscaldamento climatico erano tutti corretti? Anche nell’ottica di non rincorrere le emergenze, ma di provare a prevenirle, con risposte anche di natura politica e urbanistica.
La scienza deve essere utilizzata nella sua capacità di produrre scenari sul futuro. Spesso però le informazioni che noi diamo vengono prese quasi come se fossero curiosità, come se non si parlasse di eventi realistici su cui prendere azioni conseguenti.
Se stiamo dicendo da tempo che stiamo andando verso una estremizzazione dei fenomeni, che vuol dire contemporaneamente eventi di siccità più lunghi e intensi e specialmente in autunno piogge di natura molto intensa, allora dobbiamo aggiornare la progettazione delle nostre città, che sono state costruite su un modello climatico diverso da quello che sarà il nostro futuro.
Se progetti una tubatura oggi la immagini pensando al fatto che debba reggere il peggior fenomeno che si è verificato in passato. Si leggono i dati degli ultimi trent’anni e si prende magari il peggiore evento o il secondo peggiore, pensando che, ugualmente si ripresenterà al massimo una volta su trent’anni. Ma questo era il passato: stiamo dicendo che sarà molto peggio rispetto al passato. Se il dato peggiore erano 50mm d’acqua in un giorno, ora dobbiamo pensare che potrebbe capitare spesso che ne cadano ottanta.
E questo ci porta a dover ripensare la struttura delle città, all’urbanistica e uscendo dalla città anche a come fare agricoltura…
Assolutamente. In agricoltura il problema della siccità è quasi più importante, il tema dell’approvvigionamento dell’acqua è enorme. Dovremo pensare a colture che richiedono meno acqua, perché ne avremo meno.
Lo stesso uso del suolo è importante per la questione climatica: il suolo può essere sia fonte di assorbimento di co2 che per la distribuzione. Nel suolo di queste aree, terreni che sono stati bonificati, con processi di sfruttamento come la continua aratura profonda, non si ottiene altro che la liberazione di carbonio nell’atmosfera. Ci vorrebbe un ripensamento generale dell’uso del suolo, delle colture, dell’acqua.
Per concludere: c’è chi nega l’importanza di fenomeni come la siccità estiva, magari per un banale conteggio numerico delle precipitazioni. Prendiamo l’estate di Ferrara: magari in una estate cadono 130/150 mm d’acqua, un valore basso ma non drammatico, ma se di questi millimetri 80 cadono tutti assieme in poche ore è un pessimo dato, giusto? C’é da fare una analisi anche della distribuzione.
Certo, bisogna valutare i dati, come quello sulle precipitazioni su tante scale, non solo su valori annuali o semestrali ma vedere anche come sono distribuite. Ad esempio: se guardiamo alle precipitazioni annuali, come quantità di millimetri di pioggia, Londra non è molto diversa da Ferrara, in termini di somma annuale. È però distribuita in maniera totalmente diversa: al nord è in sostanza leggera e costante, a Ferrara quei 700mm d’acqua magari cadono concentrati due mesi, o ancora ottanta in un solo giorno, come quest’anno. Quell’acqua non è sfruttabile, andrà subito in mare.
Anche nella comunicazione bisogna addentrarsi un po’ su questi elementi. Ogni volta sembra che sia successo qualcosa di estremamente raro, invece fa tutto parte di un quadro preciso. È una nuova normalità.
INFO:
Federico Grazzini è un meteorologo e divulgatore, il suo ultimo libro è “Fà un po’ caldo (Fabbri Editore, 2020”. I dati di questo articolo, localizzati su Ferrara e il suo territorio provengono da Arpae, Osservatorio Orto Botanico di Ferrara, Autorità di bacino distrettuale del fiume Po.