Alla fine si tratta esattamente dell’apertura del film Wall-E, capolavoro Pixar datato 2010: c’è una lunga inquadratura, dallo spazio che scivola dentro le rovine di una terra desolata, disabitata, devastata. Tra i resti della civiltà umana c’è un piccolo robottino che si aggira, dedito (per quel capiamo nei primi minuti) alla pulizia dei questo ammasso infinito di resti: una missione sicuramente improbabile che il piccolo robot svolge con assoluta dedizione, come è nell’anima dei robot, che semplicemente svolgono il loro compito.
Undici anni dopo, mentre l’argomento principe della nostra quotidianità è (o dovrebbe essere) quello ambientale, arriva anche a Ferrara un progetto che sta attraversando l’Italia da qualche tempo: “Un mare di idee” un progetto congiunto tra Coop e l’associazione Lifegate per installare in luoghi della nostra penisola dei Seabin, ovvero, in parole semplici dei robot (o forse è più giusto chiamarli cestini intelligenti) che si muovono in acqua e raccolgono autonomamente lo sporco dei nostri mari.
O in questo caso, delle acque del Castello Estense: è infatti arrivato il giorno della presentazione dell’operazione e dell’installazione del Seabin nelle acque del fossato.
Quello del Seabin Project è un progetto ormai diffuso in tutto il mondo e nasce con lo scopo di cercare di rimediare ad una delle più grandi violenze che l’operato umano sta facendo a questo pianeta, ovvero l’inquinamento delle acque con rifiuti di ogni tipo, comprese enormi quantità di microplastiche che, tra l’altro, finiscono per rientrare nel nostro organismo tramite le specie del mare di cui ci nutriamo.
Fino a 1,5 kg di detriti al giorno, con una azione costante ventiquattro ore su ventiquattro: come Wall-E il nostro Seabin (vogliamo dargli un nome?) si occuperà di scandagliare quelle acque a volte normali, più spesso scure, verdi, sporche che occupano il fossato del Castello, naturale conseguenza anche della stagnazione, ma non indifferenti alla quotidianità delle nostre vite. Parliamo di circa 500 Kg di rifiuti all’anno (a seconda del meteo e dei volumi dei detriti), comprese le microplastiche da 5 a 2 mm di diametro e le microfibre da 0,3 mm.
Così ora quando ci affacceremo su quelle acque, quando appoggeremo una birra durante un evento in piedi, quando parcheggeremo la bici e guarderemo distrattamente in giù capiterà di finire dentro una piccola proiezione di quel futuro immaginato dalla Pixar: un mondo da cui l’umanità si è trasferita, un mondo senza più verde (tranne una piccola pianta, motore dell’intera vicenda del film di animazione) e senza più forme di vita, se non questo piccolo robot (più o meno) solitario a compattare, riciclare, sistemare.
Lifegate immagina un Seabin in ogni porto d’Europa, o meglio ancora del mondo e intanto si muove a piccoli passi collaborando con aziende e istituzioni per acquistare e mettere in funzione questi cestini ovunque sia possibile.
E quello di Ferrara è invece il primo Seabin cittadino d’Italia, il primo in acque dolci, gestito in collaborazione con l’associazione Fare Verde che si occuperò di svuotare e monitorare periodicamente il Seabin.
Come raccontano le parole di Lajal Andreoletti, responsabile dei progetti ambientali di LifeGate il progetto cerca di essere anche una ancora da piantare nel progetto educativo della cittadinanza verso l’ambiente: “Siamo felici di constatare che il Seabin, oltre a compiere il suo silenzioso e costante lavoro di pulizia delle acque, diventi anche un simbolo della partecipazione della società civile in iniziative virtuose. È il principale obiettivo del progetto LifeGate PlasticLess che, tramite l’installazione dei dispositivi, promuove la sensibilizzazione delle persone e il cambiamento culturale nei nostri territori“.
Una volta a regime il progetto tutti i 46 Seabin italiani permetteranno di recuperare complessivamente 23 tonnellate di rifiuti in un anno, pari al peso di circa un milione e mezzo di bottiglie di plastica.
Buon lavoro, Wall-E: non puoi cambiare il modo in cui siamo, ma aiutarci e suggerirci qualcosa, forse si.