Come spesso è accaduto nel corso della storia della musica, compositori distanti tra loro nel tempo e nello spazio hanno comunicato attraverso le loro opere. Accade, a volte, che le opere stesse si rendano interlocutrici come se assumessero una vita autonoma dal loro compositore, inserendosi in dinamiche di più ampio respiro. Un caso particolare di dialogo tra opere sarà il filo conduttore del concerto di questa sera, mercoledì 6 novembre, che vedrà protagonisti sul palco del Teatro Comunale di Ferrara il duo argentino composto dalla violoncellista Sol Gabetta e dal pianista Nelson Goerner. In programma la Sonatina n. 1 op. 137 D.384 di Franz Schubert (1797-1828), la Sonata n. 1 in sol maggiore op. 78 di Johannes Brahms (1833-1897) e la Sonata in la maggiore per violino e pianoforte (1886) di César Franck (1822-1890). Le tre composizioni appartengono ad uno dei generi strumentali di maggior prestigio e di più elevato impegno compositivo del periodo classico e del primo romanticismo: la sonata per violino e pianoforte. In questo genere la ricerca dei compositori si orientò al rapporto tra il pianoforte e lo strumento solistico, alla ricerca di nuovi equilibri per esaltare tutte le risorse tecniche ed espressive degli strumenti impiegati, superando la distinzione tra accompagnatore e solista, a favore di un dialogo paritario. Il programma del concerto, oltre a proporre una panoramica dello sviluppo di questo genere nel corso dell’Ottocento, porrà in evidenza un legame meno noto tra le tre opere: composte per violino furono trascritte in un secondo momento per violoncello.
Le Sonate op. 137 Franz Schubert videro la luce nel 1816 e, insieme alla Sonata op. 162 (1817), formarono il primo gruppo di sonate per violino scritte dal compositore austriaco. L’incerta fortuna di questa composizione tra i suoi contemporanei non va ricercata nel fatto che questa rientra nelle opere di apprendistato del giovane compositore, quanto piuttosto nella diffusa indifferenza con la quale furono accolte tutte le sue opere nella Vienna di inizio ‘800. Anche questa sonata, come gran parte della sua produzione cameristica, non trovò spazio nei teatri o nelle sale da concerti e fu eseguita solamente di fronte a una ristretta cerchia di amici.
In questi momenti conviviali, chiamati dal 1825 “schubertiadi”, il gruppo si ritrovava per ascoltare musica, leggere classici antichi o nuovi autori romantici, e intrattenersi in giochi di società. Gli incontri trovarono sede in birrerie o osterie dai nomi suggestivi: “Alla corona ungherese”, “La quercia tedesca”, “L’ubriaco fradicio”.
Il gruppo era formato da giovani poeti, pittori e musicisti anticonformisti che condividevano il rifiuto per le convenzioni borghesi e l’opposizione intellettuale al regime politico della Vienna della Restaurazione. In questo contesto il timido Schubert trovò il modo per esprimere liberamente la sua musica. Probabilmente a causa della condotta di vita libera ed emancipata del gruppo di amici, la sua arte fu rifiutata dalla upper class viennese. Come per molti noti artisti, le sue composizioni iniziarono ad essere eseguite solamente dopo la sua prematura scomparsa avvenuta nel 1828. Riscoperte da Robert Schumann e Johannes Brahms, nel Novecento entrarono a far parte del repertorio classico “pop” grazie anche al film Barry Lyndon di Stanley Kubrick.
Sempre nel corso del Novecento la sua Sonatina n. 1 op. 137 D.384 trovò nuova linfa, prima grazie alla trascrizione per violoncello fatta da Janos Starker (1978) poi, in tempi più recenti, da quella di Sol Gabetta, violoncellista protagonista del concerto di Ferrara Musica. Starker ebbe anche il merito di far conoscere la Sonata n. 1 in sol maggiore op. 78 di Johannes Brahms, secondo brano in programma, la cui trascrizione fu commissionata dall’editore Fritz Simrock e pubblicata, forse con la supervisione del compositore, nel 1897. Un ulteriore legame tra queste due sonate va ricercato nella relazione tra i compositori. Sappiamo che Brahms ammirò Schubert: oltre a studiarne lo stile, durante il suo primo soggiorno viennese (1862-63) volle entrare in contatto con chi l’aveva conosciuto e consultarne gli autografi posseduti dall’editore Spina. La centralità del modello schubertiano si rivela evidente proprio nello stile sonatistico.
Come la composizione di Brahms anche la Sonata in la maggiore di César Franck, composta nel 1886, fu soggetta a due trascrizioni per violoncello: la prima realizzata su iniziativa del violoncellista Jules Delsart nel 1887, la seconda, eseguita dal duo Gabetta-Goerner, elaborata da Werner Thomas-Mifune (1941-2016) nel 1985. Questa sonata è di particolare interesse per comprendere il pensiero compositivo di Franck che, seppur alimentato dallo studio del classicismo viennese e di Brahms, si sviluppò in modo originale.
Il “cambio di voce”, dal violino al violoncello, che come abbiamo detto ha interessato queste tre composizioni, testimonia forse qualcosa di più profondo del semplice fatto tecnico della trascrizione: le opere musicali sono organismi viventi che necessitano di essere eseguite, ascoltate e, con le dovute competenze, manipolate, per far vivere gli incanti che compositori lontani da noi possono ancora trasmetterci.