«Quella congiunzione leggiadra tra una casa e un giardino»
gazzetta Ferrarese, 31 luglio 1904
Si torna finalmente a parlare di Villa Melchiori, uno degli scorci più fotografati e noti di Ferrara, gioiello liberty e monumento nazionale che si affaccia sul nostro viale principale, quello dedicato a Cavour che un tempo era il canale Panfilio. E che ancora oggi per chi li sa cogliere cela segnali di un glorioso passato, interrotti dal cemento brutale dei palazzoni cresciuti nel dopoguerra fino a pochi passi dal Castello.
Lo scorso 8 maggio in una gremitissima Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea il critico d’arte Lucio Scardino ha presentato un volumetto che ne ripercorre la storia, dal titolo “Villa Melchiori, il capolavoro del liberty ferrarese”, pubblicato dalla forlivese Modulgrafica con il contributo tecnico dell’architetto Marcello Bosi e dell’ingegnere Marcello Carrà. Nel libro trovano ampio spazio le biografie dell’ingegner Ciro Contini che la progettò, e dello scultore Arrigo Minerbi che ne decorò la facciata. E ancora aneddoti, stralci dai giornali dell’epoca e cenni sul giardino e le dépendances aggiunte in seguito, per finire con un’ampia selezione di fotografie e opere artistiche che negli anni hanno raccontato e celebrato questo luogo.
Non è un caso che questo libro esca ora, perché come forse i più attenti avranno notato passeggiando dalle parti di viale Cavour 184, il villino è stato completamente ristrutturato e i lavori sono quasi al termine. Il 30 luglio prossimo Villa Melchiori compirà esattamente 120 anni dall’inaugurazione e per l’occasione verrà presentato al pubblico il restauro conservativo iniziato nel 2021.
Un’iniziativa organizzata dagli attuali proprietari, l’erede del fondatore Ferdinando Melchiori, cioè la bisnipote Francesca e Magdalena Machedon che l’ha acquistata da Anna Moretti, altra bis nipote di Melchiori. Magdalena è la nuova proprietaria del primo piano del villino insieme al marito e architetto Marcello Bosi, responsabile con il suo studio del restauro in corso.
Il 30 luglio 2024 Villa Melchiori aprirà dunque di nuovo le sue porte ai ferraresi più fortunati: l’evento ad invito consentirà di visitare il giardino e le serre (non ancora ristrutturate) e verrà proposto uno speciale videomapping sulla facciata. Sempre nel mese di luglio vedrà la luce anche un altro volume per raccontare dal punto di vista artistico e architettonico le peculiarità della villa e soprattutto del suo restauro.
Anche grazie alle preziose informazioni raccolte nel volume di Scardino possiamo ripercorrere la storia dei primi 120 anni di questo luogo dalle forme eleganti e affascinanti. Storia che inizia nel lontano 1904 con i coniugi Ferdinando Melchiori e Giuseppina Marchi, floricoltori con una bottega in piazza Mercato 29, proprio davanti al Listone. All’allora trentenne ingegner Ciro Contini i Melchiori commissionarono la sua prima opera a carattere edilizio, con coraggio e grande apertura mentale, coinvolgendo inoltre lo scultore Arrigo Minerbi e il fabbro Augusto De Paoli. L’Art Nouveau arrivò così anche nella nostra città, ispirato dagli echi europei delle grandi città come Torino o Milano.
La villa venne eretta su un terreno che ai tempi degli Estensi ospitava il convento di San Gabriele. Fondato nel XIII secolo, fu fatto ristrutturare dalla duchessa Eleonora d’Aragona, che vi ospitò le monache carmelitane. Il convento venne poi soppresso in seguito alle invasioni napoleoniche, e l’area che occupava acquistata dai Melchiori nell’agosto 1903 già priva di ogni edificio. Era da poco terminato l’interramento del canale Panfilio e viale Cavour divenne importante dal punto di vista logistico, oltre che essere particolarmente di prestigio per la nuova borghesia, che qui farà costruire diverse architetture moderniste dopo il buon esempio di Melchiori, che in questo furono precursori lungimiranti.
Come detto, i due coniugi floricoltori commissionarono l’edificio a Ciro Contini, forse tramite il padre Beniamino che a Ferrara aveva un emporio in piazza della Cattedrale, dove vendeva chincaglierie, giocattoli e soprammobili liberty. L’edificio venne eretto ad inizio 1904 e poi impreziosito in facciata dagli ornati in cemento di Arrigo Minerbi e dai ferri battuti forgiati da Augusto De Paoli. L’autore dei motivi a scacchiera in facciata e di quelli a onda del sottotetto, da poco recuperati nel restauro del 2021, è invece Giuseppe Pedroni, quasi sconosciuto all’epoca.
De Paoli e Minerbi lavorarono sui disegni di Contini, dove erano ben evidenti gli stilemi del liberty francese e belga, realizzati qui con fantasia e sensualità plastica. Ne sono esempi la famosissima porta-vetrata rotonda, cesto di fiori raffinato e iconico con una piccola cancellata di rose canine in ferro, il cornicione a serpentina nel sottotetto, le inferriate delle finestre, i fiori in cemento agli angoli della terrazza e sui pilastri d’ingresso o la cancellata in ferro battuto con i girasoli.
La villa dei Melchiori venne inaugurata il 30 luglio di quell’anno con un ricevimento aperto a borghesi, artisti ed intellettuali: un evento culturale e mondano raccontato in alcuni articoli dalla stampa dell’epoca che Lucio Scardino riporta fedelmente nel suo libro.
Pur avendo la villa una planimetria piuttosto tradizionale, l’uso di apparati decorativi di stile liberty venne molto apprezzato dai ferraresi, che lo trovarono particolarmente consono vista la posizione della villa all’interno di un grande parco e considerando naturalmente la professione dei coniugi Melchiori. Quando il decoratore Pedroni si occupò delle decorazioni in facciata riportò con un lettering elegante proprio sopra l’ingresso la dicitura “Melchiorri Floricoltore”, con due erre, tanto è vero che ancora oggi molti fanno riferimento all’edificio erroneamente come Villa Melchiorri. Tale scritta si può ammirare in alcune foto dell’epoca ma è stata poi rimossa negli anni a venire.
Quel primo accenno di liberty in città portò ad una fioritura, si perdoni il gioco di parole, di tutto viale Cavour. Altri committenti apprezzando lo stile e lo slancio artistico dell’ingegner Contini incaricarono alcuni professionisti dell’epoca della costruzione di edifici poco distanti sull’asse principale cittadino. Villa Amalia dell’industriale Paolo Santini è del 1905, il fratello Silvio appena due anni dopo richiese a Contini stesso il progetto di una villa che venne edificata e in seguito distrutta nel 1958. Fu poi la volta di Teresa Masieri, moglie del musicista Tullio Finotti, a commissionare a Contini nel 1908 un palazzo in angolo con via Ariosto e un villino attiguo che ancora oggi esiste.
Contini non partecipò invece alla costruzione delle due dépendances davanti alla villa, che si affacciano direttamente sul viale, progettate dal giovane ingegner Edoardo Roda. Vennero costruite per sistemare nuove serre e laboratori dei Melchiori, insieme ad un piccolo appartamento per i commessi, visto il successo commerciale che il negozio in piazza stava avendo negli anni.
In quell’occasione la cancellata originale venne estesa per raggiungere le due strutture laterali e poi distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale. Attorno al 1950 i Melchiori ripristinarono l’intera recinzione nella sua struttura originaria, affidando l’incarico al laboratorio di Stefano Bottoni, il cui nipote omonimo è oggi noto per il Buskers Festival che organizza ogni estate in città. Bottoni non solo ricostruì la cancellata ma rifece anche alcuni dei girasoli che apparivano consumati ed ossidati.
Cessata l’attività di floricoltori i Melchiori non utilizzarono più il pianterreno come showroom ma come normale appartamento, apportando nel tempo varie migliorie e modifiche tra cui il frazionamento dell’immobile in due unità distinte, che oggi come detto appartengono a due diversi proprietari. Le serre dietro la villa risultano ancora oggi in forte stato di degrado e i piani per il recupero non sono stati resi noti.
Villa Melchiori è senza dubbio il capolavoro simbolo del liberty a Ferrara: a distanza di 120 anni dalla costruzione affascina ancora generazioni di ferraresi che la fotografano ogni giorno sbirciando attraverso l’elegante cancellata, ma anche i visitatori di passaggio in città che la rintracciano e si passano la voce di questo gioiello un po’ fuori dalle solite rotte turistiche. Restituirla alla sua eleganza iniziale è un bel dono alla città seppure rimarrà nelle intenzioni abitazione privata. Ancora più bello sarebbe ricavarne una parte per esposizioni temporanee di arte contemporanea, piccoli concerti, reading ed appuntamenti culturali. Tra interni, giardino di oltre 2000mq e serre da recuperare di certo lo spazio non manca: visto che si parla di floricoltura lascio qui questo seme, chissà che non germogli e qualcuno possa raccogliere l’idea in un futuro prossimo.