Qualche giorno fa ho scritto ad alcune persone nel tentativo di documentare insieme un momento storico doloroso e collettivo come è stata questa quarantena per il Coronavirus. Nonostante l'emergenza non sia ancora finita, da lunedì 4 maggio si è chiuso simbolicamente un periodo ben preciso iniziato lo scorso 9 marzo, che ci ha visto tutti in casa forzatamente. È stato un periodo difficile e faticoso a partire da chi a vario titolo era impegnato in prima linea nella lotta contro il virus, ma anche un momento in cui tante persone si sono trovate in casa con tanto tempo libero a disposizione, o a lavorare in modo nuovo, a contatto con i familiari in modo permanente, alcuni lontano da affetti e passioni. Per molti è stato un tempo di apprendimento, di riscoperte, di nuove abitudini così come di nuovi vizi e nuovi rituali da compiere ogni giorno restando confinati tra quattro mura. Momenti irripetibili, positivi o negativi ma unici, in uno scenario inedito per tutti.
Queste sono le foto che ho raccolto, non per forza scatti belli o artistici ma a loro modo significativi: ricordi personali di questa quarantena, per raccontare un momento importante ed unico. Per alcuni qualcosa di divertente che forse non sarà più possibile fare di nuovo, tornando lentamente alla normalità (speriamo!). Per altri un momento di dolore, di sconforto, di amicizia e affetto, qualcosa di nuovo imparato a fatica o la riscoperta di vecchie abitudini, attimi di tempesta o quiete mentre fuori regnava l'incertezza.
La gallery è in continuo divenire: se vi fa piacere aggiungere il vostro ricordo della quarantena inviate le vostre foto a eugenio@filomagazine.it
L'entusiasmo della cucina, passione che ha coinvolto tante persone in questo periodo. Questo entusiasmo ha riempito le mie giornate, a volte con ottimi risultati, poche volte con risultati discutibili. Ma è bello, in questo periodo, avere ancora entusiasmo.
"Cose che accadono qui" cit.
C’è più o meno tutto: casa nuova, il cibo perché in cucina, le prese di coscienza con scritte sul muro, i libri ritrovati e quelli comprati nuovi ancora da leggere, l’insostituibile ciccione peloso, me in un paio di dita, il tempo dilatato, le canzoni dei gruppi del cuore nel titolo
La quarantena ha creato nuove abitudini, nuovi riti. Obbligati a scandire il tempo, per non impazzire, ci siamo inventati scadenze ed appuntamenti. Noi 3, ogni mattina, attorno alle 10, abbiamo la lezione di yoga.
Ho prestato molta attenzione a quello che succedeva in giardino. Le peonie sono esplosive, incontenibili, spettinate e bellissime.
Quaranta metri quadri diviso due.
Ogni sera seguiamo le dirette sul web mentre aspettiamo che la pasta sia cotta.
Certe sere si finisce a litigare, litigare pesante ma anche in quaranta metri quadri ci si possono ricavare i propri spazi per elaborare.
Ho trascorso questi giorni di distanziamento sociale fotografando i miei stati d’animo, per me, per ricordare questo come tempo di cambiamento. Avevo bisogno di aiuto per una composizione allo specchio e ho chiesto a L.
Questa è una fotografia di backstage: è la prima insieme dopo molti anni.
Quel che resta
Questo periodo, complesso, eternamente lungo, che ci ha messo dinnanzi ad un modo di vivere inimmaginabile e che cambierà per un periodo medio-lungo il nostro modo di vivere, lavorare, relazionarci, in presenza di un timore sanitario.
Sono stato, come tutti, molto a casa e nel starci ho fatto per molto più tempo di prima una cosa che ho sempre fatto al meglio, ma sicuramente per meno ore: il papà.
Cos'è stata questa quarantena: per me è stata sopratutto passare tanto tempo con mio figlio Edoardo.
Ho deciso di non dirgli nulla del virus e di dare motivi altri alle sue domande, troppo piccolo per caricarlo di dubbi, fobie, stranezze, che neanche noi adulti riusciamo a spiegare e capire fino in fondo.
Un giorno gli spiegherò questo periodo.
In questo nuovo modus vivendi ci sono alcune cose che, simbolicamente ho fissato, a memoria futura, tra queste c'è il grande compagno di giochi, affetti, dormite e crescita di Edoardo: il peluche Bunny, che in questo periodo è stato affiancato dal peluche che normalmente resta all'asilo nido, come sostituto di quello grande nel momento della nanna.
Per mio figlio, il peluche Bunny è alla stregua di un amico vero ed in questo periodo è stato affiancato da quello piccolo.
Quel che resta è avvolto da cellophane, come fosse un ricordo da custodire, e, simbolicamente i due peluche, grande e piccolo, abbracciati in una coccola fermata nel tempo a memoria di un periodo, siamo io e mio figlio, in questo nostro, nuovo, rapporto.
Abbiamo fatto fatica a trovare tre poltrone libere. Topolino, Minnie, Paperino e Paperina avevano occupato quasi tutto il divano. Un’uscita in doppia coppia, probabilmente.
In sala davano Cars ma qualcosa ha spaventato Adele, così abbiamo cambiato sala e, fortunatamente, davano una retrospettiva su Frozen. Let it go!
Tra le foto che ho scattato (non molte, per la verità) forse la più significativa è questa: un treno fermo sui binari accanto a casa che vedevo da varie angolazioni quando andavo in cortile a sgranchirmi le gambe.
Si era perso sul nostro pianeta e non riusciva più a trovare la strada di casa. Così, visto che di danni ne aveva già fatti abbastanza, verso fine aprile abbiamo deciso di rispedire Corona da dove era venuto. Il razzo che gli abbiamo costruito è sparito qualche ora dopo, lasciando al suo posto solo un piccolo post-it giallo, rubato senz'altro dalla credenza in cucina. Poche parole di ringraziamento, scritte con incerta scrittura aliena.
Durante questo periodo ci sono state tante difficoltà, ma anche diversi risvolti positivi. L’affiatamento familiare uno di questi. Le "lotte" sono diventate all’ordine del giorno e ho instaurato un vero legame genuino con i miei figli.
Defcon
In condizione di prontezza difensiva, in tempi non sospetti.
Per esigenze di lavoro ho lasciato lo studio a mia moglie e mi sono portato alcune chitarre in salotto per sceglierle al momento opportuno; ogni chitarra stimola nuovi orizzonti e scenari con i suoi suoni e quando hai delle idee musicali da buttare giù, devono essere a portata di mano.
Adolescenti in quarantena
Adolescenti in giardino
La mia quarantena è trascorsa interamente alla scrivania, davanti agli schermi di computer e tablet per seguire le lezioni online e montare video arretrati.
Questo è il picnic di Pasquetta a casa (!) con i miei amici in foto e in collegamento Whatsapp. Ascoltavamo tutti Webradio Giardino con Flavio come Dj. Abbiamo fatto di tutto per non ascoltare l'angoscia di certi momenti e spesso ci siamo riusciti.
L'urgenza creativa che va avanti con una webcam e una reflex che fotografa uno schermo piatto, ma pieno di significati.
Tutto il mio fuori
Per cinquantadue giorni tutto il mio fuori sono stati pochi metri oltre la rete di casa sempre in compagnia del mio cane e a volte, a qualche ordinanza piacendo, di mio figlio.
Reinventarsi una realtà circoscritta entro quattro mura sarebbe stato impossibile senza i miei libri, la mia musica, e infinite tazze di caffè. Come diceva Calvino, bisogna saper distinguere “ciò che inferno non è, e farlo durare, e dargli spazio”. È una modalità di sopravvivenza.
Angoli di finestre
Tempo che passa uguale ogni giorno, che sembra passare senza forma ed invece è lì pronto a farsi prendere.
Tempo per pensare, ragionare, discutere, informarsi, dialogare, per non essere d'accordo.
Un balcone per rimuginare sul futuro, anzi no, sul presente, per una volta.
Perchè da qui si comincia.
Quotidianità ribaltata
L’ultima volta che avevo i capelli così è stato quando mi sono trasferito a Ferrara. Correva l’anno 2002.
Voglia di fuga
Da quando veniamo al mondo siamo messi a confronto con obiettivi e traguardi. La nostra società di basa sul conseguimento di scopi prefissati. Per molti aiuta e rende felici, per altri questo è fonte di grande turbamento e frustrazione. La frustrazione non esiste nelle società tribali, dove la delusione viene gestita e si trasforma in altro. Il progresso è legato anche a questa malattia, uno stato di perenne delusione, di senso di colpa e di inadeguatezza. Siamo una società migliore ora o 5000 anni fa? A volte, quando medito, sento di sprofondare. Dolcemente inghiottito da un torpore denso, blandito da un caldo manto impercettibile. E quando raramente raggiungo questo stato provo un piacere immenso. Ma anche paura per quanto poi, riaffiorando, mi accorgo sia una condizione lontanissima dal mio vivere quotidiano. Anch'io ho la mia fottuta lavagnetta su cui appunto la lista di cose da fare, di piccoli obbiettivi. Come mi disse Cinetica essi devono essere "motori per l'incedere, energia per crescere e scoprire... non metri di valutazione sul tragitto percorso" Infatti quando li raggiungo non sto meglio. Cioè posso provare qualcosa che mi dà un moto di compiacimento e soddisfazione, ma è passeggero. Dopodiché mi sento esattamente come prima. Come prima sì. E dunque, per me è il "come prima" a dover regolare la vita. Noi siamo già felici, già realizzati, perché siamo vivi. Dobbiamo imparare a vederlo.
Il tempo senza (un) fine
Quanto può essere importante assecondarsi in azioni inutili, concedersi tempo per curare un dettaglio, appoggiare lo sguardo in luoghi circoscritti e sospesi? Il tempo di oziare e annoiarmi per me non c'è stato, non più del solito, ma ugualmente mi sono concessa di fermare il mio moto e osservarmi, sentendomi più in diritto e più legittimata a dare spazio e senso alle azioni improduttive.
Due mesi a casa con i miei genitori e il mio adorato cane al Lido di Spina, dove ho ancora la residenza. Questo scatto li immortala nel giorno del loro quarantaseiesimo anniversario di matrimonio (il sei aprile scorso) a cui si aggiungono cinque di fidanzamento. Non sono nella foto perché l'ho scattata io. In questo tempo sospeso ho (ri)scoperto il nostro "lessico famigliare" vedendoli belli come non mai, con tutti i pregi e i difetti che li rendono unici e che finalmente ho imparato ad accettare incondizionatamente anche grazie a questa quarantena.
“La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”
Mahatma Gandhi
Ferrara, 22 marzo 2020.
Mia figlia Bianca, otto mesi al momento dello scatto, ascolta i nonni durante una videochiamata.
Attraversare il Vuoto è necessario al Ricordo
Ragazza di città
Questa foto esprime tutto il mio desiderio di avere un piccolo spazio verde all'aperto, cosa che ho molto invidiato a chi ha terrazzi e giardini in questo momento di reclusione. Ho quindi cercato di ricreare un piccolo "giardino" su una grata che serve per la manutenzione del condizionatore, fuori dalla finestra della mia cucina direttamente sui tetti… si fa con quello che si ha!
Questo sarà il ricordo ed incubo di questa quarantena: i compiti e lezioni da casa.
Senza spiagge, senza parchi, sotto chiave, il sole sul parquet e il pensiero al “dopo”.
Standby
Era la terza settimana di quarantena, mi trovavo in salone a sentire il discorso di Conte, quando ho visto mio papà che stava giocando al pc. Mi sembrava una scena di "normale quotidianità", così ho preso la macchina fotografica ed ho scattato.
s-comporsi///s-comparsi///s-coprirsi
Realtà capovolta
La quarantena è stata lontananza, solitudine, sconforto, disperazione, paura.
Ma perché non provare a vederla da un punto di vista diverso? Allora, si può dire sia stata anche introspezione, scoperta di risorse interne che non si credeva di avere, amore per se stessi, fiducia in se stessi, e.. piccole conquiste. Come quella in foto, dopo anni di pratica yoga e di “le inversioni non fanno per me”, che mi ricorda quanto possa essere sorprendente, cambiare prospettiva.
La casa che si estende nel garage e i mestieri improvvisati
Questa foto è stata scattata poco prima che ci fosse l'inizio del lockdown che già comunque era nell'aria. Non ricordo esattamente la data. Definisce bene però quello che mi è mancato durante questa quarantena e la sensazione del periodo appena prima che decidessero di chiuder tutto. Correvo a casa in bici infatti, tra pochi passanti desolati e soli. Più di tutto mi è mancata la strada in questa quarantena, la possibilità e la libertà di scorrazzare per le strade in bicicletta come ho sempre fatto. La libertà dell'aria e dello spazio esterno è quello che più mi è mancato. E questa foto me lo urla ancora. Ancora, ancora adesso che fatico a ritrovarmi in quell'esterno senza libertà.
Ufficio del tramonto
In memoria della mia quarantena
Il rispetto e la cura per la natura restano sempre la protezione migliore.
Il libraio pensoso
La foto è emblematica per me, perché rappresenta il riavvio di una tra le tante attività economiche che hanno sofferto questo lungo periodo di isolamento, ma anche perché mi pare comunicare quel senso di incertezza, malinconico sconforto, preoccupazione eppure accompagnato da un'inarrestabile caparbietà a ripartire e a risollevarsi.