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Palazzo Ducale
11 Maggio 2018
Venerdì 11 maggio | GAETANO TUMIATI, il centenario della nascita
Gaetano Tumiati, un punto esclamativo sulla vita
Nel centenario della nascita la città di Ferrara ricorda il suo spessore
Se nel mondo del giornalismo, ma di più, nel panorama intellettuale odierno aumenta la fame di maestri, ricordare personalità come Gaetano Tumiati diventa fondamentale. Un uomo leale e una firma coerente, che rimane un punto di riferimento per chi ancora si confronta con il quotidiano. «Un giornalista onesto e tutt’altro che fazioso», lo definì Pietro Nenni quando lasciò a malincuore i colleghi dell’Avanti! per lavorare con La Stampa. Venerdì 11 maggio, alle 16, nella Sala Arengo di Palazzo Ducale, l’istituto di Storia Contemporanea di Ferrara lo ricorda nel centenario della nascita. Per l’occasione, Anna Quarzi coordinerà una tavola rotonda insieme ai giornalisti Giulio Anselmi, Maria Luisa Agnese, Sandro Liberali, Valentina Strada, Francesca Tumiati e al Consigliere di Stato Daniele Ravenna.
Ferrarese di nascita, Tumiati si laureò alla facoltà di Giurisprudenza. Partito volontario per la Libia durante la seconda guerra mondiale, fu fatto prigioniero dagli americani e trasportato oltreoceano in un campo a Hereford, in Texas. Ritornato in patria nel 1946, cominciò la sua intensa carriera giornalistica come inviato prima dell’Avanti! e poi de La Stampa. Diresse la rivista Illustrazione italiana fino a diventare vicedirettore di Panorama. Scrisse per Il Secolo XIX e nell’85 pubblicò il diario Prigionieri nel Texas (Mursia) che condensa le memorie della reclusione oltreoceano.
«In casa nostra fu un formidabile antidepressivo – esordisce la figlia Francesca Tumiati – Era un uomo pieno di energia e di vitalità, un ottimista roboante. Alto e lungo come un punto esclamativo sulla vita. Mia madre, invece, era un’intellettuale raffinata con addosso un male oscuro che condivideva con Giuseppe Berto. Spesso quando lo scrittore, nonché suo grande amico, veniva a trovarci a Milano, si appartava con mia madre e sussurravano gli effetti dei loro stati d’animo, il buio nei loro sguardi. Mia madre sussurrava, camminava come una trapezista sull’esistenza, mentre mio padre esclamava coi piedi piantati per terra, una quercia che ha resistito sino a 94anni. Da figlia che ha vissuto questa vertiginosa dicotomia è stato prezioso perché mi ha trasmesso la gioia di vivere». Il loro rapporto si è rinsaldato durante la vecchiaia del padre, intima e rivelatoria; perciò ha deciso di mantenere la promessa e di leggere proprio a Ferrara un racconto sul suo ultimo periodo. Tumiati aveva un timbro altisonante, ma simpatico, un approccio ironico alla realtà che metteva gli altri a loro agio. Era garbato. «Mi insegnò quanto fosse poco in vita ciò che appaga davvero e, quindi, da afferrare senza riserve. Mi esortava a godere di ogni giornata di luce, dell’hic et nunc». Se nel 1976 si aggiudicò il Premio Campiello con Il busto di gesso (Mursia), Questione di statura (Mondadori) e I due collegiali (Marsilio) lo inscrivono nella lista dei nostri migliori romanzieri contemporanei. Infine non è da tralasciare Morire per vivere. Vita e lettere di Francesco Tumiati medaglia d’oro della Resistenza (Corbo), la biografia dedicata al fratello partigiano ucciso dai nazifascisti nel ’44.
«Un aneddoto che lo lega a Nenni – prosegue il nipote Daniele Ravenna – risale a quando in Cina, nei primissimi anni ’50, Mao aveva conquistato il potere finita della guerra civile. Tumiati ci voleva andare, benché nessun paese occidentale avesse rapporti diplomatici con il rivoluzionario, poiché tutti li avevano mantenuti con Taiwan. Fu lo stessi Nenni a scrivere in francese la lettera a Mao che, attraverso la Svizzera, gli avrebbe aperto un’opportunità. Una volta arrivato là scrisse una serie di reportage per l’Avanti! che dopo raccolse nel volume Buongiorno Cina. La sua statura imponente faceva paura: allora i cinesi non immaginavano gli occidentali potessero essere tanto alti. Ma vinti i primi timori, si trovava circondato di bambini che cercavano di toccarlo, di giocare con quel suo nasone». Nella parte opposta del mondo Gaetano Tumiati si sentiva immerso nell’atmosfera familiare e nel calore di una strada di Napoli.
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